Natale 1951, sul Sentierone arriva la Capanna de L’Eco «per i bambini più soli»: ricordi, foto e ritagli

Amarcord. Da oltre 70 anni nel centro di Bergamo l’iniziativa di solidarietà voluta da monsignor Andrea Spada, storico direttore del nostro giornale. Fotografie e articoli d’epoca per ricordare questo lungo viaggio.

«La nostra Capanna natalizia per i bambini più soli». Il 23 dicembre 1951 con questo titolo L’Eco di Bergamo annunciava ai lettori una novità destinata a diventare uno dei simboli del Natale nel cuore della città: la Capanna sul Sentierone. Voluta dallo storico direttore de L’Eco monsignor Andrea Spada, l’iniziativa quest’anno compie ben 71 anni: un lungo cammino, sostenuto sempre dal desiderio dei bergamaschi di dare un aiuto concreto ai bisognosi. In questo articolo vi raccontiamo la storia della Capanna, accompagnando le parole con una selezione di fotografie e articoli tratti dall’archivio storico de L’Eco di Bergamo e dal portale Storylab.

L’antefatto: il dramma del Polesine

L’antefatto di questa storia risale al mese di novembre del ’51: Bergamo in quel periodo era stata protagonista della straordinaria catena di solidarietà per le popolazioni del Polesine devastato dall’alluvione. In molte case erano ospiti famiglie, bambini, coppie di anziani fuggiti dai paesi dove avevano perso tutto. Con l’avvicinarsi delle feste don Spada pensò ai bambini che non avevano niente, agli orfani, ai tanti piccoli in difficoltà di quel tempo e agli istituti che li aiutavano.

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Lanciò così un appello: aiutiamo i bambini poveri, quelli per i quali una famiglia e una casa sono un sogno lontano. Per dare più consistenza al suo appello don Spada ideò la capanna. All’epoca il sindaco di Bergamo era Ferruccio Galmozzi, medico, che proprio per il suo lavoro quotidiano a contatto con la gente conosceva quanta miseria si celava nelle case bergamasche e diede subito il suo assenso.

Tra le cause del disastro del Polesine era stato individuato il rovinoso disboscamento, così era maturata la consapevolezza dell’importanza della salvaguardia degli alberi: «Quest’anno abbiamo abbandonato l’idea dell’albero, per rispettare l’invito a non toccarli», scrisse ancora il giornale presentando l’iniziativa. L’occasione fu propizia per recuperare la tradizione del presepio. L’Eco, tra l’altro, proprio in quell’anno aveva lanciato un concorso per il presepio, che raccolse numerose adesioni.

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«Allora c’erano tanti orfani, tanti bambini soli, tanti istituti che li ospitavano... non riuscivamo ad aiutarli con le nostre forze»

Si scelse di costruire una capanna natalizia perché, si legge ancora sul giornale dell’epoca, «dato il viavai del Sentierone non ci è sembrato adatto il presepio e ne è venuta, così, una bellissima capanna simbolica. Una gran stella cometa si posa sulla Capanna – prosegue nella descrizione l’articolo – mentre dal camino scendono nenie pastorali. Un salvadanaio raccoglie le offerte per i bambini più soli».

Un lavoro di squadra

Don Spada, nell’occasione del cinquantesimo dell’idea, spiegò: «Volevamo dare un segno del Natale, un presepio raccolto, intimo, ma allo stesso tempo grande. E volevamo aiutare i bambini bisognosi. Oggi sembra strano, ma allora c’erano tanti orfani, tanti bambini soli, tanti istituti che li ospitavano... non riuscivamo ad aiutarli con le nostre forze. La Capanna era un’occasione. Abbiamo sempre raccolto le offerte per i bambini soli».

Fin dall’inizio la Capanna di Natale è stata il frutto degli sforzi condivisi di un’intera comunità: dal pittore Arturo Bonfanti, che la disegnò, alla Guardia forestale, che procurò il legname poi lavorato dalla falegnameria del Patronato San Vincenzo, fino alle diverse ditte che contribuirono al montaggio e agli impianti. E il successo fu immediato.

«Conosciamo ormai troppo il gran cuore di Bergamo per dubitare che anche questo Natale non lo trovi aperto»

«Non avevamo ancora terminato la Capanna – scrisse ancora L’Eco commentando i primi passi di quell’avventura – e già le mamme conducevano innanzi al salvadanaio i loro piccini. Conosciamo ormai troppo il gran cuore di Bergamo per dubitare che anche questo Natale non lo trovi aperto».

Solo nel primo anno di installazione, riporta il giornale del tempo, venne raccolta una somma consistente: 330 mila lire. La Capanna, scrisse ancora l’Eco, «specialmente di sera ha preso un aspetto di particolare suggestione, ma anche di giorno è tanto piaciuta. E siamo rimasti commossi a vedere i genitori alzare i loro piccini verso il salvadanaio. Oltre che un gesto di bontà verso i fratellini che non hanno nessuno, è un gesto profondamente educativo di cui i genitori hanno dimostrato di afferrare tutto il valore».

«Un gesto profondamente educativo di cui i genitori hanno dimostrato di afferrare tutto il valore»

I fondi raccolti sono sempre stati destinati a progetti e realtà impegnate per i bisognosi – soprattutto bambini e, più in generale, persone in condizioni di fragilità – a Bergamo e non solo, per esempio i piccoli della Bolivia dove dal 1962 è presente la missione diocesana.

Qui sopra vediamo una foto d’epoca proprio con il salvadanaio che raccoglieva le offerte per i bimbi della Bolivia.

Ieri, oggi... e domani

La Capanna benefica in oltre settant’anni ha vissuto anche vicissitudini, tra le quali un incendio nei turbolenti anni Settanta, per la precisione nella notte tra il 20 e il 21 dicembre 1974: «Ricostruiremo la Capanna, dovessimo rifarla ogni anno», scrisse don Spada commentando l’atto vandalico. E anno dopo anno la tradizione è continuata fino ai giorni nostri. Una struttura semplice, una presenza discreta tra le luci del centro, il traffico e le vetrine, a pochi passi dalla chiesa dello Spasimo dove i bambini ogni anno portano le letterine a Santa Lucia.

L’allestimento della Capanna è tradizionalmente dedicato a Santa Lucia fino al 13 dicembre, per poi lasciare il posto al tema della Natività con i cantori che annunciano il Natale e infine Maria, Giuseppe e Gesù Bambino, raggiunti dai Magi che arrivano per l’Epifania.

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Occorrono circa tre giorni per dare forma e colore a questo simbolo del Natale bergamasco, dal montaggio della struttura, al posizionamento delle luci, alla collocazione delle statue all’interno. Ed è immancabile, accanto alla Capanna, il salvadanaio che raccoglie le offerte: uno sguardo sempre rivolto alle necessità dei più bisognosi, settant’anni fa come oggi. E, ci auguriamo, per tanti anni ancora. Qui trovate la capanna del 2022.

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