Alberghi e locali, sos per l’estate: «Mancano 600 lavoratori stagionali»

Nella Bergamasca Ascom: «Ne servono duemila, 30% ancora da reperire. Con estivi e dehors soffre anche la città». Confesercenti: «Un’impresa su tre ha problemi».

Sos stagionali. Secondo la stima di Ascom Bergamo ne mancano all’appello circa 600. Con l’arrivo della stagione estiva si fa più pressante anche la richiesta di personale per alberghi e pubblici esercizi. Negli anni scorsi il problema riguardava principalmente le località lacustri e montane, mentre in queste settimane, con la ripresa del settore turistico, soffrono anche i locali del capoluogo.

«Stimiamo la necessità di circa duemila stagionali e la difficoltà di reperimento si attesta sul 30% – afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo –. Sul nostro territorio il ciclo degli stagionali è storicamente una necessità per la montagna e i laghi. Solo negli ultimi anni, con lo sviluppo del turismo in città, l’esigenza si è estesa anche al centro di Bergamo e a Città Alta sia per la parte delle strutture ricettive che della ristorazione – prosegue Fusini –. Il bisogno ultimamente è cresciuto per l’ampliarsi del numero di dehors, che in città sono circa 280, e per gli estivi dati in concessione dal Comune. Infine constatiamo che sono sempre meno gli studenti disposti a svolgere questo ruolo, soprattutto nel fine settimana».

«In questo periodo post Covid, contraddistinto da una lenta ma costante ripresa, non sarebbe il caso di fare una nuova riflessione per una contrattazione territoriale di secondo livello per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro?»

Anche Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo, lancia l’allarme relativo alla ricerca di personale. «Almeno un’impresa su tre ha piccoli o grandi problemi di reperimento di forza lavoro – conferma Rossi –. E appena sono stati assegnati gli estivi in città, ecco che sono partiti i tam tam sui social per cercare personale da inserire in fretta e furia. Servirebbe una nuova flessibilità nel matching tra domanda e offerta. In questo periodo post Covid, contraddistinto da una lenta ma costante ripresa, non sarebbe il caso di fare una nuova riflessione per una contrattazione territoriale di secondo livello per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro?».

Rossi lancia anche una provocazione. «Dopo i voucher più nulla? Guardo con interesse al neo costituito tavolo provinciale sul lavoro e politiche attive di inserimento – conclude –. Penso che da lì debbano e possano arrivare proposte nuove e utili per le imprese ma anche per i lavoratori. Così come è necessaria una formazione da garantire e offrire alle nostre imprese».

«Servono azioni in grado di supportare i lavoratori nel momento in cui il lavoro viene meno e quando finisce la stagione, con un’adeguata riforma degli ammortizzatori sociali dedicati»

I sindacati puntano il dito contro l’aspetto contrattuale, giudicato estremamente penalizzante per i lavoratori. «Ritengo che il problema della mancanza di personale stagionale non sia più legato all’emergenza e vada affrontato con la logica della prospettiva – fa presente Claudia Belotti, segretaria generale Fisascat Cisl –. Nel settore del turismo va risolto anche attraverso azioni in grado di supportare i lavoratori nel momento in cui il lavoro viene meno e quando finisce la stagione, con un’adeguata riforma degli ammortizzatori sociali dedicati. Chi lavora nel turismo non ha più la copertura reddituale e contributiva – conclude Belotti –. Sono tutti elementi che portano ad allontanarsi dal settore, quando invece è necessario mettere i lavoratori nella condizione migliore possibile. Non bisogna orientarsi verso l’assistenzialismo nei momenti di fermo, ma puntare sulla formazione per riqualificare le persone».

«Pesano molti fattori, a partire spesso dalla scarsa qualità del lavoro, dagli stipendi inadeguati e dal mancato rispetto di quanto previsto dai contratti nazionali»

Mario Colleoni, segretario generale della Filcams Cgil, ribadisce come «la difficoltà nel reperire personale nel settore del turismo stagionale è conseguenza di molti fattori, a partire spesso dalla scarsa qualità del lavoro, dagli stipendi inadeguati e dal mancato rispetto di quanto previsto dai contratti nazionali. A fronte di molte aziende che operano con assunzioni regolari, rispettando i lavoratori e seguendo quanto previsto dal contratto nazionale – prosegue Colleoni –, ci sono anche molte società che assumono i lavoratori con contratti part-time per ridurre il costo del lavoro, facendo oltretutto concorrenza sleale alle altre attività. In alcuni casi lavorano anche 10 e 12 ore al giorno, magari anche senza riposi, sette giorni su sette, in condizioni quasi disumane, con retribuzioni ridicole per le ore che fanno e spesso non comprensive di maturazione di ferie, permessi e tfr.

«Una delle cause della carenza di manodopera è anche data dall’assenza di un sistema di indennità di disoccupazione stagionale per il turismo, legata a politiche attive del lavoro, che garantiscano una continuità di reddito»

«Per quanto riguarda poi il sostegno del reddito – conclude Colleoni –, nel caso di un lavoratore stagionale con un contratto di soli 3 mesi, la copertura della Naspi sarà di un mese e mezzo. Inoltre la possibilità, un giorno, di avere una pensione, diventa sempre più un miraggio, non solo per i giovani. Una delle cause della carenza di manodopera è quindi anche data dall’assenza di un sistema di indennità di disoccupazione stagionale per il turismo, legata a politiche attive del lavoro, che garantiscano una continuità di reddito. Serve poi un meccanismo che incentivi l’emersione del lavoro irregolare».

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