Alitalia, addio ai cieli. Con Orio al Serio una storia tutta a bassa quota

Diciamola tutta, tra Orio al Serio e Alitalia non c’è mai stata la scintilla. Paradossalmente i momenti migliori della loro (non) storia sono stati gli ultimi, quelli prima che scoppiasse la pandemia, quando la fu compagnia di bandiera aveva scelto lo scalo come supplente di Linate nei tre mesi di chiusura nell’estate 2019, riconfermando poi la presenza dei voli per Roma nell’orario invernale.

Una precisa volontà di Fabio Lazzerini, ultimo chief business officer e ora amministratore delegato di Ita o come si chiamerà la versione (molto) light della compagnia che ieri ha chiuso una storia non sempre gloriosa ma comunque lunga 75 anni con un volo da Cagliari a Fiumicino.

Lazzerini credeva a un tripolio tra Malpensa, Linate e Orio, tutti gli altri hanno invece sempre considerato lo scalo bergamasco periferia dell’impero o, nella migliore delle ipotesi, una scocciatura. Nemmeno tanto grande finchè è rimasto nel suo, ma quando poi a Orio hanno iniziato a volare i low cost e soprattutto quella Ryanair vista da sempre come fumo negli occhi la tensione è esplosa. Del resto le intenzioni di Michael O’Leary, arrivato in una delle sue prime puntate a Orio a bordo di un Boeing con scritto sulle fiancate «Arrivederci Alitalia», sono state chiare da subito, e non hanno sicuramente aiutato.

La supplenza ad Itavia

Ma queste sono le puntate più recenti di un rapporto complicato da sempre, fin dal primo volo da Orio griffato Itavia, il 21 marzo 1972 per Roma Ciampino. Non che ad Alitalia interessasse la tratta in sè e per sè, semplicemente non ha mai tollerato concorrenti, anche di cabotaggio inferiore, forte del suo rango di compagnia di bandiera, con annessi e connessi privilegi. Costati una paccata di soldi pubblici, va ricordato. Orio è sempre stato semmai considerato come scalo per fare fronte ai numerosi dirottamenti dei voli su Linate, quando ancora la nebbia era un problema per la Lombardia. Nulla di più.

Quando Itavia resta a terra a fine 1980, sei mesi dopo il disastro di Ustica, Orio si ritrova senza voli. Quello per Roma viene ripristinato da novembre 1981 da Airmediterranea, società al 55% di Alitalia medesima e al 45% di Ati, a sua volta controllata al 90% di Alitalia che, obtorto collo, deve occuparsi del problema. Nel 1984 arriva il primo scossone, con il collegamento che sparisce perché l’aereo serve fisicamente alla compagnia per raggiungere le isole nel periodo estivo. Richiesta avanzata proprio da Alitalia e giustificata con lo scarso traffico da e per Bergamo.

Finisce l’estate e in effetti il volo per tornare torna, ma con una soluzione all’italiana, di quelle che, rilette ora, rasentano l’assurdo: da Orio a Fiumicino con tappa ad Ancona. Il mondo politico ed economico bergamasco insorge ma non succede nulla di nulla.

Ad un passo da entrare in Sacbo

Anzi, la soluzione regge fino all’ottobre 1987, quando Alitalia cede il passo ad Alinord che ripristina il volo diretto su Fiumicino. Nel frattempo il clima comunque migliora, al punto tale che si dà per probabile l’ingresso di Alitalia nel capitale azionario di Sacbo. Chiaramente non se ne fa nulla, ma in compenso la pista di Orio viene usata più e più volte per la scuola di pilotaggio della compagnia, con discrete proteste del circondario.

Alinord dura tre anni, poi a fine 1990 vengono revocate le autorizzazioni e ad Alitalia intimato di riprendere il servizio su Roma, con tanto d’interpellanza di Mirko Tremaglia, storico parlamentare missino, uno che del volo Orio-Roma ne ha fatto una mezza ragione di vita politica. Fino a marzo 1995 le cose vanno così così, tra alti e bassi, poi il servizio s’interrompe ben prima della scadenza della convenzione fissata per fine anno.

A luglio, dopo un infinito tira e molla, strali e carte bollate, il volo per la Capitale ritorna, perché alla fine è sempre e solo di quello che stiamo parlando. Certo, la scelta di utilizzare i piccoli Atr42 non pare proprio fatta per attirare clienti, viene sottolineato. Del resto non è un mistero che Alitalia abbia sempre e solo preferito Linate, appena tollerato Malpensa (abbandonata tra il lusco e il brusco nel celebre dehubbing del 2008) e mai considerato manco di striscio Orio.

Il salvataggio e la fine

Nel 1998 Alitalia sigla l’intesa con Azzurra per voli in comune, compresi quelli da e per Orio. La griffe della compagnia di bandiera torna sullo scalo bergamasco in solitaria solo nel 2005, ma le cose non vanno benissimo nemmeno questa volta: cancellazioni in serie e operativi che vanno (soprattutto) e vengono. La situazione pare stabilizzarsi negli anni a venire, ma poi nel 2008 si abbatte la prima grande crisi che culmina con la nascita di Cai, un’operazione di salvataggio (i cosiddetti «capitani coraggiosi») alla quale partecipa anche Antonio Percassi.

Da lì in avanti è tutto un volare a vista con turbolenze continue fino al 2012, quando Alitalia in rapida sequenza prima sopprime il volo da Orio per Fiumicino, poi ripristina la vendita on line dei biglietti e infine lo cancella senza appello. Nel 2014 torna con 19 voli dirottati ma solo per 20 giorni di supplenza di Linate ad agosto causa lavori di manutenzione: fa il bis nel 2019 con quelli su Roma ma con l’idea di restare anche dopo il termine dei lavori. Poi arriva il Covid e a fine febbraio 2020 Alitalia prende il volo da Orio e non torna più. La verità, dopo quasi mezzo secolo di alti (pochi) e bassi (la regola), è che non si erano mai

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