Bollette raddoppiate per ristoranti e forni: «Si rischia la chiusura»

I rincari di elettricità e gas stanno mettendo in seria difficoltà anche il terziario. Tra le categorie più colpite ristoratori e panificatori.

L’energia elettrica, assieme al gas, è diventata la vera bestia nera per i pubblici esercizi. Nel migliore dei casi gli imprenditori hanno subito aumenti nell’ordine dell’80 per cento, ma c’è anche chi è arrivato a vedersi recapitare una bolletta triplicata da un mese all’altro.

Se un bar deve oggi fare i conti con un importo di circa 2.500 euro, contro i mille pagati nei mesi scorsi, un ristorante passa da 4 mila a 8.500 euro. Poi è chiaro che dipende dai contratti stipulati da ogni singola attività, ma in molti casi, anche coloro che avevano sottoscritto forniture a prezzo fisso, hanno dovuto fare i conti con clausole contrattuali e passaggio automatico ad altri fornitori.

«Stiamo assistendo a rincari enormi, che arrivano in una situazione non certo ottimale – fa presente Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo –. Ci sono settori che necessitano di molta energia per conservare gli alimenti, scaldare i locali o illuminare gli edifici. Sicuramente i pubblici esercizi, così come i negozi e gli alberghi, sono attività particolarmente energivore. Il risultato è una diffusa difficoltà a far quadrare i conti. E alcuni negozi preferiscono persino chiudere nel tardo pomeriggio per evitare di consumare».

Al rincaro dei costi energetici si somma anche l’aumento dell’inflazione «che sta letteralmente mangiando i consumi – prosegue Fusini –. In questo periodo è in atto una vera e propria aggressione alla sostenibilità d’impresa. Un elemento molto preoccupante è rappresentato dal fatto che le famiglie stanno rinunciando all’acquisto dei beni di prima necessità e si registrano importanti contrazioni addirittura nei generi alimentari, un fenomeno che non si era mai registrato prima».

Le preoccupazioni per il momento negativo che sta attraversando il mondo del commercio sono condivise da Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo. «Non c’è proprio pace per i nostri pubblici esercizi – esordisce Rossi –. Dopo un complicato slalom tra dpcm, norme e prescrizioni, che ne hanno limitato l’attività per quasi 2 anni, ora il caro bollette va a incidere pesantemente sui costi aziendali con costi spesso raddoppiati a fronte di pari consumi». Il piatto piange anche per la contrazione del lavoro e la mancanza di turisti. «Non è un momento particolarmente denso di lavoro per la ristorazione, anche per la costante mancanza della fetta di ricavi dovuti al turismo – prosegue Rossi –. Il Governo, tramite il decreto «Ristori Ter» ha destinato poco più di 30 miliardi per il caro materie prime, ma purtroppo penso servirà a poco visto il numero di imprese e lavoratori coinvolti. Il problema è sicuramente strutturale, congiunturale e di portata almeno europea, se non mondiale, quindi di non facile soluzione. Come associazione nel 2021 avevamo stretto una «fortunata» convenzione collaborazione con A2A che ha garantito ai nostri associati un prezzo fisso per energia e gas fino a giugno 2023».

Gli imprenditori della ristorazione cercano ogni giorno di trovare la quadra, anche se è inevitabile «fare i conti con bollette raddoppiate, se non triplicate – commenta Fabrizio Camer, presidente dell’Associazione Cuochi Bergamaschi –. Rischiamo di perdere un patrimonio che è conosciuto in tutto il mondo, fatto di persone, qualità gastronomica e materia prima unica. In questo momento paghiamo migliaia di euro per mantenere accese le celle frigorifere, che consumano praticamente come i forni. Se continuiamo così, per andare alla pari, dovremo vendere un caffè a 2 euro. La tempesta perfetta è causata dall’aumento generalizzato di tutti i costi. Spero che a livello centrale il Governo si muova in fretta per prendere in mano il problema, anche valutando di abbassare l’iva o il costo del lavoro». «Ogni mattina ci alziamo aspettando un problema nuovo da risolvere – conclude Fabrizio Camer – come uno slalom tra rincari, burocrazie e tante preoccupazioni».

Un altro dei settori che sta subendo in maniera importante il rincaro dell’energia è rappresentato dai panifici. «Se non si metterà mano urgentemente ai costi energetici, molte aziende non riterranno più conveniente produrre pane – commenta Massimo Ferrandi, presidente di Aspan, l’associazione che raggruppa i panificatori della provincia di Bergamo –. Siamo arrivati a costi non più sostenibili. Possiamo cercare di ridurre e comprimere le spese, ma le bollette non si discutono: o le paghi o ti tagliano la corrente. In cuor mio penso che il fenomeno è destinato a sgonfiarsi, anche se non mancano le preoccupazioni legate alle tensioni internazionali. Dobbiamo tener duro e nel frattempo, con la nostra associazione, abbiamo portato avanti convenzioni e check-up energetici».

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