Cambiare menù per salvare il pianeta: il dibattito è aperto

eco.bergamo. Taralli di grillo, carne coltivata in laboratorio, cactus e alghe. Non è il menu di un ristorante esotico. È il cibo che potremmo trovare presto sulle nostre tavole. Quelli appena citati sono tutti «novel food», alimenti «nuovi» per il mercato europeo ma consumati da miliardi di persone in tutto il mondo. La normativa comunitaria sui cibi del futuro definisce «novel food» quelli che, prima del 15 maggio 1997, non sono mai stati consumati in un quantitativo significativo all’interno dell’Unione europea.

Taralli di grillo, carne coltivata in laboratorio, cactus e alghe. Non è il menu di un ristorante esotico. È il cibo che potremmo trovare presto sulle nostre tavole. Quelli appena citati sono tutti «novel food», alimenti «nuovi» per il mercato europeo ma consumati da miliardi di persone in tutto il mondo. La normativa comunitaria sui cibi del futuro definisce «novel food» quelli che, prima del 15 maggio 1997, non sono mai stati consumati in un quantitativo significativo all’interno dell’Unione europea.

Una duplice sfida

Oggi queste pietanze si trovano di fronte a una duplice sfida: da una parte, quella di superare le reticenze di un ampio strato della popolazione; dall’altra, quella di dimostrare di essere più sostenibili di quanto mettiamo in tavola tutti i giorni. A partire dalle proteine animali: le stime della Fao, infatti, dicono che il settore agroalimentare produce il 29,7% delle emissioni di anidride carbonica, con più di 7,8 miliardi di tonnellate annue di anidride carbonica equivalente che arrivano solo dagli allevamenti. Ai «novel food» è dedicato l’inserto del nuovo numero di eco.bergamo, la rivista di ambiente, ecologia, green economy in edicola domenica 3 agosto gratis con L’Eco di Bergamo (il supplemento resta poi disponibile in questo sito nella sezione delle edizioni digitali). Il tema è introdotto da Gaia Cottino, docente di antropologia culturale all’Università di Genova: «Quando ne parlo – racconta l’esperta – mi piace seguire il criterio della prossimità. Tra le centinaia di “novel food” censiti dall’Ue, diversi sono di uso comune. Nel bacino del Mediterraneo i cactus sono un cibo straordinario, sia dal punto di vista nutrizionale che da quello ambientale: garantiscono un elevato apporto di nutrienti anche in condizioni estreme, quando le temperature sono troppo alte o l’acqua è assente».

Meduse e alghe già diffuse

Cottino spiega che anche meduse e alghe sono già presenti nella nostra cucina grazie alle ricette giapponesi. La difficoltà connessa a questi cibi, semmai, è quella di cucinarli adeguatamente. Permane, invece, molto più scetticismo nei confronti degli insetti, sia interi che in farina, anche se si tratta spesso di un disgusto che nasce da motivi culturali e non sensoriali: «Non è vero che non consumiamo “novel food” perché non ci piace: semmai, pensiamo che non ci piaccia proprio perché non lo consumiamo». L’esperta propone la normalizzazione di questi cibi come strumento fondamentale per introdurli nella nostra dieta. Gli insetti edibili – oggi solo quattro specie sono autorizzate per la vendita in Europa – sono proteici, efficienti da allevare e sostenibili. «Per produrre un chilo di proteine di grillo serve solo lo 0,05% dell’acqua usata per il manzo e lo 0,5% rispetto alla soia», spiega Marcello Bugini, ad di Cricking. Nel 2026 la startup bergamasca lancerà i «Crick-flakes», i primi fiocchi di cereale con farina di grillo per la colazione. L’obiettivo? «Migliorare il profilo nutrizionale di un alimento quotidiano e sdoganare l’utilizzo di una materia prima efficiente dal punto di vista nutrizionale, senza compromettere le esigenze del palato».

L’alternativa della carne coltivata

L’alternativa può essere la carne coltivata in laboratorio, che presenta gli stessi vantaggi delle proteine derivate dagli insetti: «La produzione sintetica ha degli indubbi vantaggi ambientali rispetto alle carni tradizionali. Le emissioni di gas serra sono ridotte, lo stesso vale per l’inquinamento dei suoli e delle falde». Ne parlano Andrea Scaloni, direttore dell’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del Cnr, e Cesare Gargioli, professore di biologia applicata all’Università degli studi di Roma Tor Vergata. Secondo loro, il passaggio dagli allevamenti alla produzione di carne in laboratorio è quasi obbligato: le coltivazioni possono azzerare gli allevamenti intensivi e ridurre l’impatto ambientale della dieta occidentale. Il percorso verso l’accettazione dei «novel food», però, non è privo di ostacoli: la loro introduzione nell’Ue è regolata da una valutazione dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ne analizza tossicità e allergenicità. «Solo se il prodotto non presenta rischi, può essere approvato», conclude Ermolaos Ververis, esperto dell’Efsa.

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