Carburanti, sparisce il taglio delle accise: per le famiglie stangata da 366 euro l’anno

Il caro-vita. È la stima di Assoutenti considerando due pieni al mese per nucleo. Prezzi su di 18 centesimi al litro. I benzinai: «Temiamo un calo dei consumi». Gli utenti: «Che batosta, così addio alla riduzione del cuneo fiscale».

Il primo pieno del 2023 è davvero salato per gli automobilisti. Il governo Meloni ha infatti deciso di non rinnovare il taglio delle accise e, di conseguenza, dalla mezzanotte del primo gennaio un litro di benzina o diesel costa 18 centesimi di euro in più. Ma il rincaro è ancora più evidente se si somma alla prima (comunque recente) riduzione dello «sconto» sulle accise (per altri 12 centesimi al litro) scattata poco più di un mese fa, dal primo dicembre.

Le misure introdotte nel 2022 dal governo per far fronte al caro carburante avevano comportato complessivamente una riduzione dei prezzi di 30,5 centesimi al litro e, ora che non ci sono più, Assoutenti stima per una famiglia media, che fa almeno due «pieni» al mese, un rincaro della spesa di 366 euro all’anno nel 2023. Del resto, calcolatrice alla mano, l’ultimo taglio allo «sconto» sulle accise (quello da 18 centesimi) comporta un aumento di 9 euro su un rifornimento di 50 litri. Ma se si considera che lo sconto originario era di 30,5 centesimi al litro, l’aumento del «pieno» tocca addirittura i 15 euro.

Il provvedimento del governo (che prevedeva in origine uno «sconto» di 30,5 centesimi al litro per benzina e gasolio e di 10,5 cent per il gpl) era entrato in vigore lo scorso marzo, quando il prezzo di verde e diesel aveva superato i 2,2 euro al litro, portando una boccata d’ossigeno dopo settimane di rincari. Via via che si avvicinavano le scadenze naturali, il governo aveva sempre rinnovato la misura (anche se poi ridotta) fino al 31 dicembre scorso.

I più avveduti si sono ricordati di fare il pieno l’ultimo giorno dell’anno, portando a casa l’ultimo sconto, mentre dalla mezzanotte i nuovi prezzi sono stati caricati sulle pompe. Ora i gestori prevedono un calo fisiologico dei consumi, mentre le associazioni dei consumatori sono preoccupate per le ripercussioni su famiglie e trasporto merci.

«A marzo 2022 prezzi più alti»

«Lo “sconto” di 30,5 centesimi era già stato quasi dimezzato con un primo intervento il primo dicembre scorso, con una riduzione di 12,3 centesimi – ricorda Renato Mora, presidente del gruppo distributori di carburante di Ascom Confcommercio Bergamo -. I restanti 18,2 centesimi sono stati tolti il primo gennaio e ad oggi non ci sono più agevolazioni. Il 31 dicembre c’è stato un via vai importante di automobilisti che hanno fatto l’ultimo pieno con lo sconto. La gente poi è andata a far festa e dopo il veglione si è ritrovata, di fatto, con 30,5 centesimi in più al litro rispetto al primo dicembre. La nostra categoria è sempre penalizzata e anche in questa occasione non siamo riusciti nemmeno a stappare lo spumante, dovendo correre letteralmente agli impianti a fare il “cambio prezzi”. Ora siamo preoccupati perché ci aspettiamo un calo dei consumi. C’è però da sottolineare il fatto che a marzo 2022, quando è stato introdotto lo sconto, la benzina era arrivata a 2,2 euro, mentre oggi ci ritroviamo in una situazione di prezzo più basso grazie al calo delle quotazioni registrato in estate, quasi ai livelli di inizio 2021 – conclude Mora -. Ora il ritorno dell’accisa ci riporta sopra l’1,80 euro per ogni litro, mentre al momento è rimasta l’iva agevolata al 5% sul metano da autotrasporto».

«Promesse disattese»

Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo, sottolinea come «il rifornimento di carburante tornerà a incidere di più sulle tasche delle famiglie, già provate dagli altri aumenti: una bella batosta che assorbe gran parte della riduzione del cuneo fiscale. Con due pieni, sempre che bastino in un mese, con l’ultimo aumento si spenderanno circa 20 euro in più, cifra destinata a raddoppiarsi per coloro che usano la macchina per lavoro. Le solite promesse elettorali che vengono puntualmente dimenticate nei primi 100 giorni di governo – conclude Busi -. Le 16 accise (0,72 euro al litro per il 48% del totale sulla benzina e 0,62 euro per il 43,5% sul gasolio), che da tempo gravano sui carburanti (a partire dalla guerra di Etiopia del 1935) sono aggravate dall’Iva secondo un meccanismo assurdo ed inspiegabile – conclude la presidente dell’associazione – che denunciamo da tempo e che oggi appare ancor più inaccettabile».

«Su anche i costi delle merci»

Christian Perria, presidente di Federconsumatori Bergamo, sottolinea: «Il governo aveva fatto dell’abolizione delle accise sui carburanti uno slogan elettorale, mentre ora ha deciso di non prorogare gli sconti. Il 2023 non inizia nel migliore dei modi chi utilizza l’auto. Per i consumatori si traduce direttamente in un aumento del costo di un pieno di carburante che può arrivare ai 10 euro in più. Indirettamente, invece, la mancata proroga del taglio delle accise si tradurrà quasi sicuramente in un aumento del prezzo delle merci che vengono trasportate su gomma».

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