Consumatori, il conto salato del 2022: uno stipendio bruciato dai rincari

I conti. La famiglia media bergamasca ha dovuto sostenere 1.793 euro in più per la spesa extra causata dall’inflazione galoppante: il picco tra novembre e dicembre quando ha raggiunto il 10%.

Euro più o euro meno, il conto potrebbe essere questo. Salatissimo, ovviamente: 1.793 euro. È il rincaro, cioè la spesa «extra», che la famiglia media bergamasca ha dovuto sostenere nel corso del 2022 a causa della pazza corsa dell’inflazione. È l’ulteriore conferma di come – in sostanza – un mese di stipendio sia stato «bruciato» per far fronte all’aumento dei prezzi. La stima l’ha calcolata nei giorni scorsi l’Unione nazionale consumatori, mettendo in colonna quel che è accaduto nel corso degli scorsi dodici mesi. Il dato medio annuo per la Bergamasca è di un’inflazione del 6,8%, che è la risultante di un inizio 2022 in cui i prezzi hanno avuto un’estrema volatilità: a gennaio 2022, secondo l’Istat, il tasso d’inflazione annua in provincia di Bergamo era infatti al 4,1%, poi a dicembre s’è chiuso al 9,7% (con un picco del 10% esatto per il mese di novembre).

Quello dell’Unione nazionale consumatori, spiegano dall’associazione, è «uno studio basato sull’inflazione media del 2022, non su quella tendenziale, che consente di ricavare quindi la spesa che una famiglia nel 2022 ha pagato effettivamente in più rispetto al 2021». Nonostante i numeri assumano valori oggettivamente pesanti, la terra orobica ha retto meglio di altri spicchi del Paese. Se si guarda il valore assoluto del rincaro, Bergamo è la 42ª provincia italiana: in testa c’è Bolzano con un rincaro pari a 2.578 euro, poi Trento (+2.434 euro), Bologna (+2-245 euro), Forlì-Cesena (+2.223 euro) e Milano (+2.199 euro). Se si guarda invece all’inflazione annua media, Bergamo (appunto al 6,8%) è la città con l’inflazione più bassa: ci sono poi Vercelli, Cuneo, Aosta e Lodi al 7%, il dato medio italiano è dell’8,1%, sul podio dell’aumento dei prezzi ci sono invece Catania (+10,3%), Palermo (+10,1%) e Imperia (+9,9%). Come rilevato anche dall’Istat, nel 2022 l’inflazione in Italia «ha segnato l’aumento più ampio dal 1985 (quando fu +9,2%), principalmente a causa dall’andamento dei prezzi dei beni energetici».

Italia a due velocità

Emerge un particolare mix nell’Italia «a due velocità»: le aree del Sud hanno il tasso d’inflazione maggiore (cioè hanno una variazione percentuale più marcatamente al rialzo), mentre le aree del Nord (dove la vita costa mediamente di più) sono quelle che in valore assoluto presentano il conto più pesante. Quest’ultimo aspetto emerge chiaramente anche dalla classifica delle regioni «più costose», redatta sempre dall’Unione nazionale consumatori per il 2022: «Il Trentino-Alto Adige registra un aggravio medio rispetto al 2021 pari a 2.443 euro a famiglia, medaglia d’argento per la Lombardia dove la crescita dei prezzi implica un’impennata del costo della vita pari a 2.027 euro a famiglia, al terzo posto l’Emilia-Romagna con un rincaro di 1.998 euro. La regione più «conveniente» è il Molise, con un rincaro pari a 1.373 euro, poi la Basilicata con 1.375 euro e la Puglia con 1.408 euro». La classifica delle città lombarde consegna appunto lo scettro dei rincari a Milano, con un aumento dei costi nel 2022 pari a 2.199 euro in più del 2021; seguono le città di Brescia (+2.162 euro), Varese (+2.136 euro), Mantova (+2.031 euro), Lecco (+2.031 euro), Pavia (+1.978 euro), Cremona (+1.899 euro), Como (+1.872 euro), appunto Bergamo (+1.793 euro) e Lodi (+1.777 euro).

© RIPRODUZIONE RISERVATA