Crescono le case «vuote»: quasi 193mila in Bergamasca e 12mila solo in città

I dati . Secondo il report Istat aggiornato al 2019 è questo il numero delle abitazioni sfitte o affittate a scopi turistici Nel 2010 erano 10mila. Marchesi: «Problema di incrocio tra domanda e offerta». Mercoledì un incontro sul tema.

È un tesoro immobiliare in ombra e nascosto, per tanti motivi. Ma è anche e soprattutto un patrimonio da valorizzare. In Bergamasca ci sono 192.812 abitazioni «non occupate», secondo quella che è la definizione dell’Istat: si tratta in parte di case abitate da persone non residenti oppure di seconde case, e poi di un elevatissimo numero di appartamenti sfitti o affittati solo per brevi periodi, principalmente per scopi turistici. Solo in città, le abitazioni in questa situazione sono 12.162. La fotografia l’ha tracciata nei mesi scorsi l’Istat, consegnando i risultati del nuovo «censimento permanente della popolazione e abitazioni», con dati in questo caso aggiornati al 2019, ma che sono comunque gli ultimi disponibili.

L’incidenza del fenomeno appare piuttosto alta, considerando che – sempre secondo i numeri dell’Istat – in Bergamasca sono invece 459.878 le abitazioni dove vivono stabilmente persone residenti (366mila abitazioni sono di proprietà, 68mila in affitto, 25mila in uso ad altro titolo): in altri termini significa che le case «vuote» sono attorno al 29,5% del totale delle abitazioni; in città le abitazioni dove vivono persone residenti sono 56.168 (circa 38mila di proprietà, 14mila in affitto e 3mila ad altro titolo), perciò l’incidenza delle «case vuote» è del 17,8%.

In Bergamasca ci sono 192.812 abitazioni «non occupate», in città 12.162. L’incidenza delle case vuote è del 17,8%

La quasi totalità di questi appartamenti è di proprietà dei privati: c’è dunque una «governance» da costruire, non senza complessità. «È un tema di assoluto rilievo – premette Marzia Marchesi, assessore all’Edilizia residenziale pubblica del Comune di Bergamo –. Nelle città medio-grandi c’è un problema di incrocio tra domanda e offerta, per tante ragioni. Una situazione diffusa è la preoccupazione crescente dei piccoli proprietari nel momento in cui hanno problemi con un inquilino, e che dunque possono preferire di tenere sfitto l’appartamento piuttosto che correre alcuni rischi.

I problemi sono: l’incrocio tra la domanda e l’offerta, costi troppo elevati o edifici troppo vecchi e poco appetibili

In altri casi, è questione di mercato: non si riescono ad affittare appartamenti che hanno dei costi elevati, fuori target, oppure quegli appartamenti che sono vecchi e perciò non attrattivi». Un precedente censimento dell’Istat realizzato nel 2011 (ma con una metodologia leggermente diversa che abbassava i numeri finali rispetto al censimento successivo) quantificava in 127.768 le abitazioni non occupate da persone residenti in tutta la provincia di Bergamo: il trend è appunto quello di un deciso aumento nel giro di meno di dieci anni; nel 2016, secondo un’altra stima, erano circa 10mila le case sfitte nel capoluogo bergamasco. «Un altro aspetto che incide, soprattutto negli ultimi tempi – aggiunge Marchesi –, è che si tende sempre più ad affittare le case per motivi turistici, privilegiando gli affitti brevi anziché le locazioni stabili». È il boom di Airbnb e di offerte analoghe, una proliferazione che interessa le località a crescente vocazione turistica.

La «governance»

La questione abitativa vede alcune fasce più in sofferenza. «Emerge una “fatica” ad affittare a persone straniere, peraltro quelle più propense alla locazione perché invece gli italiani hanno una maggiore attitudine all’acquisto – rileva Marzia Marchesi –. L’altro tema è quello dei giovani, sia per quanto riguarda le giovani coppie sia sul fronte degli studenti universitari. Non siamo ai livelli di grandi città come Milano o Bologna, ma occorre evitare di arrivare a quei livelli».

«A livello pubblico non si può fare molto, ma mercoledì parteciperemo a un incontro tra vari amministratori del Nord Italia per condividere le buone pratiche»

Che fare, dunque? I poteri del «pubblico» sono limitati, ma qualcosa si sta muovendo. Mercoledì, ad esempio, è in programma un incontro tra diversi assessori alla Casa – promosso dal Comune di Padova – per provare a rafforzare un coordinamento tra le città medio-grandi del Nord Italia, cui parteciperà anche Marzia Marchesi: «Vogliamo condividere idee e buone pratiche, è una problematica che interessa gran parte del Paese. Il tema è sia sociale sia ambientale, perché ha a che fare anche con la sostenibilità dei nuovi insediamenti». Su scala locale, aggiunge Marchesi, «come Comune abbiamo attivato un tavolo di confronto con gli operatori del settore, per provare a facilitare l’incontro tra domanda e offerta. Si tratta peraltro di confrontarsi con tante domande diverse, con tanti target diversi, accomunati da un’esigenza di fondo: la casa è un bisogno primario».

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