Dipendenti pubblici sempre più «anziani»
Quota 103, rischio mini-esodo nella sanità

I dati Inps. In Bergamasca gli addetti del pubblico impiego aumentati dell’1,47%, ma in 6 anni raddoppiati gli over 60. La Cgil: «Emergenza infermieri e Oss nelle piccole strutture». Cresce l’università, cala il comparto forze dell’ordine.

La traiettoria è quella di crescita degli organici, di rinforzo per alcuni settori storicamente in difficoltà. Sul futuro, invece, inciderà la riforma delle pensioni. Qual è, oggi, l’identikit della pubblica amministrazione? Il punto di partenza è nei numeri: sono 45.370 i lavoratori pubblici in Bergamasca (più precisamente, si tratta di coloro che ci hanno lavorato nel corso dell’anno), secondo gli ultimi dati dell’Inps che fotografano il 2021, con un incremento dell’1,47% rispetto ai 44.714 lavoratori pubblici del 2020. In valore assoluto, nel giro di dodici mesi gli organici della pubblica amministrazione – nei suoi molteplici comparti – si sono ampliati di 656 unità. È diminuita però la retribuzione media, scesa a 29.124 euro annui (lordi), in contrazione dello 0,61% rispetto all’anno precedente; tradotto in concreto, la retribuzione annua s’è limata al ribasso di circa 180 euro.

Chi cresce e chi scende

È una costellazione decisamente variegata, quella della pubblica amministrazione. Il 2021, per esempio, ha visto assottigliarsi gli organici degli enti locali: in Bergamasca si sono «persi» 47 lavoratori del settore, ed è tra l’altro la conferma numerica di quell’allarme che i sindaci da tempo rilanciano – anche negli ultimissimi giorni – rispetto alle carenze di personale. Tema, quest’ultimo, tra l’altro decisivo per far camminare i tantissimi progetti legati al Pnrr, con scadenze serrate e burocrazia montante. È calato – coincidenza, sempre di 47 unità – anche il personale delle forze dell’ordine, che comprendono circa 3mila effettivi in Bergamasca.

Il punto di partenza è nei numeri: sono 45.370 i lavoratori pubblici in Bergamasca

Tutte le altre categorie vedono invece un incremento: in proporzione quello più deciso riguarda il comparto dell’università e della ricerca, salito a 704 addetti con un incremento del 6,83% (negli ultimi tempi è stato avviato un atteso potenziamento degli organici), mentre nelle diverse ramificazioni del servizio sanitario in Bergamasca si è superata quota 10mila lavoratori, con un +2,08% di lavoratori. Ma il comparto del servizio sanitario è anche quello che ha visto calare maggiormente la retribuzione media (-2,23%) rispetto al 2020 (l’anno della pandemia, con un impegno straordinario).

Sanità, i riflessi delle pensioni

Ma che ne sarà, in futuro, della sanità e dei suoi lavoratori? È su quest’area in particolare che si concentrano alcuni calcoli legati alla prossima riforma delle pensioni, tema su cui già nella giornata di oggi sono attesi passi in avanti da parte del governo. La precedente ipotesi di Quota 41 (pensione con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica) avrebbe creato un esodo massiccio, l’attuale strada di Quota 103 (in pensione sempre con 41 anni di contribuzione, ma con almeno 62 anni d’età) dovrebbe sì aumentare le uscite ma in maniera meno ampia. Al lavoro sulle stime c’è la Fp-Cgil, il sindacato della funzione pubblica: «L’ipotesi di Quota 41 avrebbe comportato un’accelerazione molto forte delle uscite nella sanità – spiega Roberto Rossi, segretario generale della Fp-Cgil Bergamo -: in sostanza, secondo le nostre stime, nel giro di un anno sarebbe andato in pensione l’equivalente delle uscite previste nei successivi due o tre anni. Sarebbero cioè uscite alcune centinaia di lavoratori e lavoratrici, senza un’adeguata sostituzione, con un impatto molto forte sull’organizzazione degli ospedali».

Se con Quota 41 un calcolo indicativo poteva indicare attorno alle 500 uscite, la strada di Quota 103 abbasserebbe la platea probabilmente attorno alla metà di quella cifra, o forse leggermente meno

Se con Quota 41 un calcolo indicativo poteva indicare attorno alle 500 uscite, la strada di Quota 103 abbasserebbe la platea probabilmente attorno alla metà di quella cifra, o forse leggermente meno (ma calcoli precisi non sono al momento possibili). All’orizzonte restano comunque alcune possibili difficoltà negli organici, considerando che in questi anni di pandemia gli ospedali hanno ampliato già le assunzioni, ma alcuni profili – gli infermieri in particolare – restano comunque introvabili. «Infermieri e Oss sono le figure più difficili da trovare. Con Quota 103 potrebbero andare maggiormente in difficoltà le strutture più piccole, per una questione di attrattività, considerato che già oggi è in quelle realtà che si fatica maggiormente – rileva Rossi -. Le strutture più grandi, invece, potrebbero avere un impatto più contenuto». Oltre il comparto della sanità, la riforma delle pensioni potrebbe avere in generale delle conseguenze significative sulla pubblica amministrazione, soggetta a un deciso «invecchiamento».

Lo indicano sempre i dati dell’Inps: nel 2014, ad esempio, in provincia di Bergamo i lavoratori pubblici con più di 60 anni erano 3.106 su 41.191, cioè il 7,5%; nel 2021 i lavoratori pubblici over 60 sono saliti a 5.715 su 45.370, il 12,6% della forza lavoro «pubblica». In pratica, in poco più di un lustro è quasi raddoppiato il peso degli ultrasessantenni.

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