Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 13 Novembre 2025
Due polmoni nuovi, Anna finalmente respira. L’intervento a Bergamo
IL TRAPIANTO. La bimba di 9 anni era affetta da una rara forma di fibrosi, l’intervento eccezionale al «Papa Giovanni». Il padre: «All’ospedale competenza e umanità straordinarie». I medici: «Caso complesso, ma lei super».
Tutto è iniziato quasi per caso, un giorno al ritorno dal mare: «Papà, non respiro bene», disse Anna. Difficile, allora, immaginare cosa ci sarebbe stato dopo: un calvario lungo e straziante, una paura immensa e un raggio di luce che però è penetrato sempre di più, fino a regalare una nuova vita. Anna oggi ha nove anni e due polmoni nuovi: li ha ricevuti a fine settembre al «Papa Giovanni», dove è arrivata dopo aver girato diversi ospedali d’Italia, e qui è stata sottoposta a un trapianto con pochissimi precedenti in Europa per complessità clinica. Prima dell’intervento, per oltre un mese è rimasta collegata all’Ecmo, la macchina che sostituisce le funzioni di cuore e polmoni, mentre in sala operatoria – dove i chirurghi hanno operato per undici ore – è stato necessario risolvere anche un problema legato alla conformazione dello sterno e della cassa toracica.
«Ho trovato un’umanità straordinaria. Sarò sempre grato a Bergamo e vorrei mantenere un rapporto con queste realtà solidali», racconta il papà
La prima diagnosi
La bimba era affetta da una rara forma di fibrosi polmonare, dovuta all’alterazione di una proteina che portava progressivamente a sostituire le parti funzionanti dell’organo con delle cicatrici: «Alla prima visita (in un ospedale del centro Italia, ndr) – racconta il padre Antonello –, dopo aver auscultato i polmoni il dottore è sbiancato: venne fatta una Tac d’urgenza, aveva i polmoni devastati ma non si capiva il perché. Allora è cominciata una peregrinazione: è stato decisivo un consulto all’ospedale Salesi di Ancona con lo pneumologo Salvatore Cazzato, il primo che arrivò alla diagnosi giusta. Ci disse che c’erano solo due strade: una cura sperimentale tedesca, che difficilmente avrebbe funzionato, oppure un trapianto, possibile solo al “Papa Giovanni” di Bergamo». A Bergamo, racconta il padre, «ho scoperto un luogo di solidarietà umana e capacità professionale enorme». È questa la luce che ha illuminato i momenti più bui: «Il 21 maggio – ricorda ancora il padre – la capacità polmonare era ridottissima, non riuscivamo più a essere stabili. Allora è iniziato il ricovero in Pediatria, e poi in Terapia intensiva pediatrica quando la situazione è ulteriormente peggiorata, fino alla respirazione artificiale».
Il mese più duro
«Era una situazione al limite, senza cura medica», ricorda Ezio Bonanomi, direttore della Terapia intensiva pediatrica. Prima la piccola è stata intubata con la ventilazione meccanica, quindi è stato deciso il supporto extracorporeo: è l’Ecmo, appunto, «un macchinario – spiega Bonanomi – che permette di far uscire il sangue, ossigenarlo tramite un polmone artificiale esterno e reimmetterlo nel corpo ossigenato e depurato dall’anidride carbonica. Il problema, soprattutto per i bambini, è che questo approccio richiede una lunga anestesia generale». Dopo la primissima fase, «abbiamo fatto una scelta abbastanza coraggiosa per l’età pediatrica – continua Bonanomi –, alleggerendo la sedazione in modo tale da consentirle di parlare, muoversi da seduta, fare delle piccole attività. Ciò è stato estremamente utile anche per il decorso post-operatorio, più rapido». Anna era in lista per il trapianto da aprile; a fine settembre, dopo poco meno di sei mesi, è maturata la compatibilità con l’organo adeguato. «Il caso è stato piuttosto unico – racconta Domenico Pinelli, direttore della Chirurgia 3-Trapianti addominali, tra i pochissimi in Europa in grado di condurre interventi su tutti gli organi sia su adulti sia su bambini –: la paziente presentava una patologia genetica molto rara, la conformazione convessa della cassa toracica ha reso necessario rimodellarla per poter fare spazio al polmone, e il tutto è stato preceduto da un lungo periodo di Ecmo. Ma la bambina ha dimostrato una personalità eccezionale: non ho mai visto una tale maturità rispetto all’età anagrafica, sia per la capacità di fare domande sia per l’empatia verso medici e infermieri».
«Mi è sembrato un sogno»
In stretta sinergia con la Chirurgia pediatrica, guidata da Domenico Cheli, l’intervento ha visto alternarsi tre équipe chirurgiche in undici lunghissime ore; tre giorni dopo il trapianto è stato possibile togliere l’Ecmo, a cinque giorni la piccola è stata estubata e respirava autonomamente. Ha proseguito il ricovero nella Pediatria, dove è seguita dall’équipe di Lorenzo D’Antiga, e in settimana sarà dimessa e tornerà a casa. «Quando l’ho vista serena – sorride Pinelli –, mi è sembrato un sogno. Questo trapianto ha messo a dura prova le nostre capacità, le probabilità di riuscita erano davvero basse».
Ritorno alla vita
«Questa grande gioia – continua il padre della piccola – si lega alla grande competenza e all’incredibile generosità di questo territorio. Penso all’aiuto che ho ricevuto dall’associazione Amici della pediatria, alla vicinanza mostrata da tutti, al lavoro preziosissimo sul territorio che ho potuto conoscere. Chi viene da un’altra regione (come in questo caso, ndr) s’immagina la Lombardia come una terra votata solo al fare, con i ritmi frenetici. Invece ho trovato un’umanità straordinaria. Sarò sempre grato a Bergamo e vorrei mantenere un rapporto con queste realtà solidali». Ogni trapianto è un ponte tra due vite: una che tragicamente si spegne, quella del donatore, e l’altra che può proseguire, per il ricevente. È in questi delicatissimi momenti che si coglie l’importanza di una scelta di generosità: «Quando si parla di donazione pediatrica, inevitabilmente in partenza c’è la tragedia di un bambino che si spegne – riflette Pinelli –. È un gesto preziosissimo quello dei genitori che pur in momenti così drammatici danno il consenso alla donazione: vuol dire offrire nuova vita a chi ne ha bisogno».
© RIPRODUZIONE RISERVATA