Energia idroelettrica, la siccità fa crollare la produzione del 38%

ALLARME. È il calo a livello nazionale nel 2022 e il 2023 non promette bene. Anche Bergamo giù. Federbim: i soldi del Pnrr non prevedono nuovi invasi.

Sono 4.789 gli impianti idroelettrici in Italia: nonostante la scarsità di pioggia e neve registrata nell’ultimo biennio, il loro numero è in lento e continuo aumento (a gennaio di quest’anno ne sono stati allacciati alla rete sei; a fine 2022, erano infatti 4.783).

La regione che ne ha di più è il Piemonte (1.068); in Lombardia ce ne sono 748. Completa il podio il Trentino Alto Adige, che di centrali idroelettriche ne ha 877. I numeri di Terna (riassunti nel grafico qui a fianco) rivelano che nonostante la carenza d’acqua, gli incentivi (certificati verdi o tariffa onnicomprensiva) continuano a trainare il settore in cui investono privati e pubblici, multinazionali e piccoli comuni di montagna.

300 nuove centrali

Tra il 2021 e il 2022, sono state censite complessivamente quasi 300 nuove centrali che sfruttano l’acqua. Se siano l’onda lunga di concessioni ottenute diversi anni fa, oppure il risultato di decisioni prese più recentemente, lo diranno le prossime statistiche, le quali rifletteranno il peso dell’andamento meteorologico degli ultimi tempi.

Intanto, però, i numeri indicati nel grafico grande rivelano che la carenza d’acqua si fa sentire, eccome: il trend della produzione netta è in calo da ormai una dozzina d’anni e lo scorso anno ha avuto un tracollo di quasi il 40% rispetto al 2021.

E per quest’anno, l’associazione di categoria Assoidroelettrica ha calcolato che i primi dati del 2023 non sono affatto confortanti: dal 1° gennaio al 13 marzo, la generazione indotta dall’acqua è già più bassa del 6% di quella del pari periodo 2022 e del 47% rispetto allo stesso arco temporale del 2021.

La situazione in provincia

La provincia di Bergamo è in linea con tale andamento: Terna non ha ancora pubblicato i dati su base provinciale, ma gli operatori del settore dicono che il dato orobico sarà nettamente inferiore rispetto alla produzione idroelettrica bergamasca del 2017 e del 2019, gli unici anni finora in cui si era scesi sotto i mille GWh.

«Il tema della siccità non può essere trattato come un problema sporadico», riconosce Gianfranco Pederzolli, presidente nazionale di Federbim, la federazione dei consorzi che riuniscono i comuni beneficiari dei sovracanoni (gli indennizzi imposti ai grandi concessionari di derivazioni d’acqua per produzione idroelettrica, destinati a ristorare le popolazioni locali per il depauperamento idrico del territorio). Per affrontare l’emergenza ormai strutturale occorre un piano straordinario per creare nuovi bacini di accumulo idrico: «C’è però un problema di investimenti: i 4,38 miliardi stanziati dal Pnrr non prevedono la creazione di nuovi invasi ma solo il miglioramento di quelli già esistenti». E tuttavia, «senza invasi siamo abbandonati al nostro destino», hanno detto Coldiretti e Anbi, l’associazione che riunisce i consorzi di bonifica, quelli che distribuiscono l’acqua nelle pianure: le due realtà invocano l’attuazione di un «piano laghetti» per incrementare di oltre il 60% l’attuale capacità di pioggia trattenuta, ad oggi raccolta nei 114 serbatoi esistenti, per un totale di poco più di un miliardo di metri cubi.

Lo stato dei bacini montani

Pochi giorni fa in Senato, Federbim ha presentato il primo rapporto sullo stato dei Bacini imbriferi montani (istituiti da una legge del 1953, settant’anni fa) in cui si legge: «La produzione idroelettrica varia significativamente al variare delle condizioni meteorologiche e climatiche. Mentre la potenza degli impianti è cresciuta progressivamente, tra il 2006 e il 2020 la produzione ha registrato un andamento altalenante». Prosegue: «Le condizioni climatiche del 2022, ovvero un anno caratterizzato da siccità ed elevate temperature, hanno inciso fortemente sulla produzione di energia elettrica da fonte idraulica. Secondo i dati pubblicati da Terna la potenza idroelettrica in Italia ammontava a fine dicembre 2022 a 21.816 MW per un totale di 4.783 impianti. Queste centrali hanno generato quasi 28 TWh, con un calo del 37,7% sul 2021 (quasi 17 TWh in meno). Nel 2022 ha così coperto l’8,3% della richiesta elettrica nazionale (includendo l’apporto dei pompaggi, ovvero l’energia usata per rimandare l’acqua verso l’alto, ndr) contro il 13,4% del 2021».

Fatica a pagare canoni e mutui

«Per l’idroelettrico – secondo una nota di Assoidroelettrica, associazione di categoria – il 2022 è stato indubbiamente l’anno con l’idrologia peggiore di sempre. Per i produttori la siccità significa non produrre energia, quindi faticare a pagare canoni e mutui. La maggior parte degli operatori è stata costretta, lo scorso anno, a ricorrere a risparmi o chiedere nuovi affidamenti per fronteggiare i mancati ricavi. Se mai nel passato si erano riscontrati anni così siccitosi, mai periodi di indisponibilità della risorsa si erano protratti così a lungo. Se il ciclo delle precipitazioni fa alternare momenti più favorevoli ad altri più svantaggiosi, un produttore è nelle condizioni di poter compensare momenti meno fortunati e garantire il proseguo della nobile attività di produzione di energia rinnovabile; purtroppo l’attuale situazione è negativamente al di sopra di ogni aspettativa e non è più sostenibile nemmeno dalle più solide e storiche aziende di settore».

Tanto pessimismo induce Assoidroelettrica a chiedere una moratoria sul rincaro delle concessioni: «Alcune Regioni e Province – evidenzia ancora l’associazione di categoria – con grande ostilità intendono elevare i canoni a livelli esponenziali ed in alcun modo sostenibili».

L’aiuto all’agricoltura

Paolo Picco, presidente di Federidroelettrica, altra associazione di categoria, ricorda invece il contributo che il settore l’estate scorsa ha dato per ridurre l’impatto della siccità: «L’idroelettrico di media e piccola dimensione aveva perso, dall’inizio dell’anno ad agosto, quasi il 75% della sua produzione e, nonostante ciò, si era aperto, dove possibile, all’uso delle acque per l’agricoltura: una situazione insostenibile per chi produce il 40% dell’energia rinnovabile italiana. Oltre a non esistere un vero e proprio “piano acque” che affronti nel suo complesso, una volta per tutte, la gestione idrica in Italia: il “piano laghetti” proposto da Coldiretti sarebbe un vero e proprio passo in avanti per risolvere, o quantomeno contenere, lo stato sempre più grave di siccità che stiamo vivendo nelle ultime stagioni».

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