Frane, «rischio elevato» per il 12,6% del territorio con oltre 4 mila famiglie

Il rapporto Ispra Bergamo è seconda in Lombardia, i primissimi comuni sono localizzati in Valle Imagna. Il 4,3% di superficie con 80mila nuclei è invece «a pericolosità idraulica alta» soprattutto nella Bassa.

La fragilità del territorio scorre attraverso i numeri, e le cifre lambiscono vite, edifici, luoghi. I pezzi d’Italia – e di Bergamasca – a rischio idrogeologico sono censiti nella nuova «mappa» dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, la branca del ministero della Transizione ecologica che dedica particolare attenzione al monitoraggio di quelle aree dove la terra può creare pericoli concreti. Che non mancano, in Bergamasca: il 12,6% del territorio orobico – cioè 345 chilometri quadrati – è considerato «a pericolosità da frana elevata o molto elevata», e un 4,3% di superficie – 117,2 chilometri quadrati – è invece «a pericolosità idraulica elevata», cioè soggetto a sconquassi legati ad alluvioni e allagamenti. Sono due flash che riassumono un lavoro più articolato, condensato nelle quasi 300 pagine del nuovo report annuale dell’Ispra.

Il rischio frana

Col 12,6% di territorio a rischio frana elevato o molto elevato, Bergamo è al secondo posto in Lombardia: solo Sondrio, col 14,5%, ha una quota di superficie più in pericolo; la vicina Brescia è invece all’8,3%, Lecco al 10,3%. I numeri si traducono in vite: sono 9.813, secondo l’Ispra, i residenti che vivono nelle aree della Bergamasca a rischio frana elevato o molto elevato (il 14,1% di queste persone ha meno di 15 anni, il 64,2% tra i 15 e i 64 anni, il 21,7% ne ha più di 64); ma in caso di frana, stima l’Ispra sulla base di movimenti e stili di vita, in queste aree sono effettivamente presenti 10.592 persone; altri 31.944 bergamaschi abitano invece in una zona a pericolosità media.

In altri termini, sono 4.208 le famiglie che vivono in aree a rischio elevato o molto elevato, con un totale di 4.383 edifici ubicati in quei luoghi e 851 imprese che lì hanno unità operative. Ma c’è anche un altro aspetto, certo non secondario, e cioè quello della tutela del patrimonio artistico: l’Ispra conta in Bergamasca 305 beni culturali posizionati in area a rischio frana, di cui 92 in aree a pericolosità elevata o molto elevata. Le valli, giocoforza, sono lo spicchio di Bergamo più esposto al pericolo frane: in particolare, i primissimi comuni sono localizzati in valle Imagna.

Il rischio alluvione

La terra, ma anche l’acqua. Gli elementi del rischio idrogeologico sommano più fattori. Sul fronte delle alluvioni il 4,3% della Bergamasca (117,2 chilometri quadrati) è a «pericolosità idraulica» elevata, il 5,6% (154,6 chilometri quadrati) è a pericolosità media, il 7,7% (211,4 chilometri quadrati) è a pericolosità bassa; in totale, ci sono oltre 483 chilometri quadrati – il 17,6% del nostro orobico – che presentano una qualche pericolosità idraulica, cioè «allagabili».

Così, 196.547 bergamaschi (distribuiti in 80.818 nuclei familiari) vivono su un pezzo di terra «allagabile»: nel dettaglio 27.520 abitano in zone a rischio elevato, 51.428 in zone a rischio medio, 117.599 in zone a rischio basso. Sono 39.881 gli edifici in pericolo di fronte a una potenziale alluvione, di cui 5.324 a rischio elevato, 10.299 a rischio medio e 24.258 a rischio basso. E ancora: sono 17.790 le unità produttive delle aziende che sorgono in aree allagabili, di cui 2.694 a rischio elevato, 4.740 a rischio medio e 10,356 a rischio basso. Sono infine 763 i beni culturali messi in pericolo da una potenziale alluvione: 138 hanno un profilo di rischio elevato, 202 medio, 423 basso. È soprattutto nella Bassa che si concentrano i comuni a maggior rischio alluvione.

L’ottica del Pnrr

Tema atavico, quello della fragilità del territorio in Italia. Per Stefano Laporta, presidente Ispra, serve una «pianificazione territoriale integrata ed efficace»: «I dati del rapporto – aggiunge nella prefazione – rappresentano un elemento utile a supporto delle decisioni nell’ambito delle politiche di contrasto al dissesto idrogeologico, comprese quelle previste nel Pnrr. In questo ambito, gli indicatori si prestano a essere utilizzati anche per il monitoraggio dell’impatto delle misure della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, Componente 4 “Tutela del Territorio e della risorsa idrica”».

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