«Guardia medica, ora l’emergenza
si riflette sui pronto soccorso»

MUTUO SOCCORSO. La Cgil e la Funzione pubblica hanno avviato una serie di assemblee pubbliche sul tema della continuità assistenziale.

«Secondo gli accordi nazionali, sarebbe previsto un medico di continuità assistenziale ogni 5mila persone: in Bergamasca dovrebbero così essercene circa 200, invece il numero è drasticamente più basso. Si è ridotto sempre più, sino a scendere attorno a 65 unità: qui l’equilibrio si è rotto, e così sono emerse le criticità delle ultime settimane». Giorgio Barberi, coordinatore regionale dei medici di medicina generale della Fp-Cgil, parte da questo dato per inquadrare un tema diventato caldissimo. La Cgil e la Funzione pubblica hanno avviato da ieri un giro di assemblee pubbliche su questo tema che toccherà tutta la Bergamasca, a partire dal primo appuntamento al Mutuo soccorso in città. «In Lombardia la crisi della medicina generale si è acuita dopo il 2007 – rimarca Barbieri -: prima si è partiti dai medici di base, ora gli effetti si ripercuotono sulla guardia medica».

Quello della continuità assistenziale, ha sottolineato in premessa Marco Toscano, segretario generale della Cgil di Bergamo, «è un servizio basilare: nella nostra provincia si è aggravata una situazione già grave, che ora si ripercuote anche sul pronto soccorso. La nostra attenzione sarà sempre molto alta, porteremo in tutte le sedi le nostre richieste». «I problemi della continuità assistenziale sono la manifestazione di un sintomo in un sistema malato – è l’affondo di Giorgio Locatelli, segretario generale della Fp-Cgil Bergamo -. Stiamo vivendo il parallelo di quanto accaduto nel periodo pandemico: in un contesto emergenziale nazionale, la Lombardia e la Bergamasca si distinguono negativamente per l’acutezza dei sintomi che manifestano. I cittadini faticano a trovare il medico di base: la zona di Bergamo Ovest – l’Isola e Treviglio in particolare – è la più critica. La richiesta di accesso alla continuità assistenziale aumenta se non ci sono i medici di base. Ma se la guardia medica non c’è si va al pronto soccorso, intasando un servizio già a livelli emergenziali: e il pronto soccorso deve ormai adottare misure emergenziali per gestire l’afflusso ordinario».

La situazione dei medici

Locatelli ha ribadito il punto di vista del sindacato sulle recenti criticità della continuità assistenziale: «Storicamente, i contratti dei medici di continuità assistenziale si declinavano su differenti monti ore, per esempio 12 o 24 ore settimanali: è difficile che un medico faccia esclusivamente guardia medica, dunque ha bisogno di avere un contratto flessibile. Invece nei mesi scorsi Ats ha deciso di spostare i contratti sulle 36 ore, togliendo di fatto la possibilità a un numero importante di medici di coprire turni di guardia medica: così, già a febbraio, si è scesi da 211 medici a una novantina. Poi nei mesi successivi altri 30 medici hanno deciso di non rinnovare il contratto, lasciando l’organico della continuità assistenziale a circa 30 persone. Se non ci sarà da parte di Ats una presa di coscienza della centralità della medicina di base, dubito riusciremo a invertire la direzione». Per Orazio Amboni, responsabile del Dipartimento Welfare della Cgil di Bergamo, «questa è la situazione più critica mai affrontata, al di là del periodo pandemico».

Come ricorda Paola Nardis, coordinatrice provinciale dei medici di medicina generale della Fp-Cgil, la fragilità negli organici della medicina di territorio ha radici profonde: «Negli anni Ottanta è stato inserito il numero chiuso a Medicina, con l’errore di non calcolare l’andamento dei pensionamenti. La professione diventa sempre meno appetibile: il carico lavorativo è aumentato, c’è un minor beneficio economico e una maggior burocratizzazione. Secondo alcune proiezioni, tra il 2022 e il 2028 la Lombardia avrà perso altri 2.924 medici di base». Intanto sul tema è intervenuto con un comunicato anche il vicesindaco di San Pellegrino Vittorio Milesi che critica la gestione di Ats: «Organizzare l’assistenza sanitaria di base non è un compito del Comune - scrive -, ma un dovere e una responsabilità precise in capo ad Ats».

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