
(Foto di Studio Da Re)
IL RICORDO 5 ANNI DOPO. Alla Centrale del 118 la riunione d’urgenza. «Iniziò la caccia ai dpi e arrivarono subito più ambulanze».
Esattamente come oggi, il 23 febbraio di cinque anni fa cadeva di domenica. Una data ancora impressa nella memoria di tutti, soprattutto a Bergamo: attorno all’ora di pranzo, dopo l’esito positivo di due tamponi, l’ospedale di Alzano fu chiuso per qualche ora, prima di riaprire gradualmente. Il primo caso di Covid si era registrato qualche giorno prima, il 20 febbraio, all’ospedale di Codogno, ma ancora non era chiara la gravità della situazione.
Proprio quella domenica, però, qualcosa cominciò a muoversi, per lo meno sul fronte emergenza sanitaria sul territorio. Lo racconta il presidente regionale della Croce rossa, Maurizio Bonomi, allora presidente del Comitato di Bergamo. «Ero a casa con la mia famiglia, quando ricevetti una telefonata dalla Aat (Articolazione aziendale territoriale di Areu, ndr) di Bergamo, nella persona della coordinatrice Elena Rottoli – ricorda Bonomi –. Mi annunciava la convocazione di una riunione straordinaria, alle 17 di quel giorno, alla Centrale operativa del 118 di Bergamo, al “Papa Giovanni”. Un fulmine a ciel sereno».
A quella riunione – oltre a Bonomi, il suo vice Gianmaria Domenghini e a Piercarlo Gamba, delegato area Salute del Comitato di Bergamo – parteciparono anche Angelo Giupponi, responsabile Aat di Areu, i rappresentanti di Anpas Battista Santus e Valerio Zucchelli (Croce Blu di Gromo), Marco Astori (Federazione volontari del soccorso) e Omar Presti (Croce Blu Basso Sebino).
«Nel corso della riunione – spiega Bonomi –, ci chiesero di alzare il livello di guardia in vista della possibile pandemia, che in quel momento era vista solo come qualcosa di localizzato. Vero è che avevamo già riscontrato un aumento del numero di pazienti con problemi respiratori, ma il tutto rientrava nella situazione invernale. La situazione non sembrava così grave».
Fu il primo campanello d’allarme, in seguito al quale le associazioni di soccorso cominciarono ad attrezzarsi e a prepararsi a quello che stava per accadere. Era l’inizio della pandemia, almeno dal punto di vista organizzativo, per l’emergenza sul territorio: vennero stabiliti innanzitutto dei protocolli di protezione per i soccorritori, che prevedevano l’utilizzo di mascherine e camici, ma anche la sanificazione dei mezzi utilizzati per il trasporto di pazienti con problemi respiratori. «È stata una scelta di gruppo che insieme abbiamo definito e applicato sin dal 23 notte, ma non c’erano indicazioni che venivano da Areu, Regione o dal ministero. A distanza di cinque anni, posso dire che è stata una scelta vincente, che si è anche dovuta scontrare con tutto l’apparato: eravamo visti come quelli troppo puntigliosi e preoccupati». Una delle difficoltà maggiori riguardò le mascherine, anche perché si trattava di un dispositivo che veniva usato raramente: basti pensare che nel 2019 il Comitato Cri di Bergamo aveva utilizzato circa cento mascherine di autoprotezione e che nel 2020 il numero arrivò a toccare quota 35mila. «Il lunedì mattina – afferma Bonomi – ho dato incarico al personale che seguiva il magazzino di recuperare tutte le mascherine e camici che avevamo».
«Ci siamo scontrati con una situazione del tutto inaspettata: fondamentale fu il sacrificio di volontari e del personale sanitario»
Un’altra decisione presa fu quella di aumentare il numero di ambulanze a disposizione del servizio di emergenza. «La sera stessa, a mezzanotte, veniva attivata la prima ambulanza supplementare, altre due arrivarono il giorno dopo. Già la prima notte l’ambulanza messa a disposizione ha viaggiato per tutta la provincia per soccorrere i pazienti con problemi respiratori». E, a distanza di due settimane, a pandemia ormai scoppiata, sulla provincia di Bergamo erano stati attivati circa 60 mezzi di soccorso in più, anche grazie all’impegno congiunto di Regione e Areu.
«Già la prima notte l’ambulanza messa a disposizione ha viaggiato per tutta la provincia per soccorrere i pazienti con problemi respiratori»
È proprio il suono delle sirene, a ogni ora del giorno, che rimane ancora oggi il ricordo più nitido della pandemia. «A riunione finita, da una parte eravamo un po’ spaventati, dall’altra anche sorpresi: appena guardavamo all’esterno, nessuno era preoccupato. Eravamo forse noi troppo preoccupati? Questa è la domanda che mi sono fatto uscendo dalla riunione».
Furono due – ricorda Valerio Zucchelli, referente della Croce Blu di Gromo – le indicazioni date quel 23 febbraio: «Prestare massima attenzione, ma soprattutto, per chi aveva i dpi corretti, utilizzare guanti, mascherine e camici». «Da quel giorno – dice Omar Presti, Croce Blu Basso Sebino – cominciammo a rivedere tutti i protocolli. Ci siamo scontrati con una situazione del tutto inaspettata: fondamentale fu il sacrificio di volontari e del personale sanitario».
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