Il cancro non si ferma davanti ai controlli
«Ma dalla mia famiglia tanto coraggio»

Tatiana Sorokina, l’esperienza di una mamma che deve fare i conti con la malattia nella vita di tutti i giorni.

C’è il movimento nell’origine della parola «tradurre», che viene dal latino e significa «spostare da un posto a un altro». Ed è davvero un continuo viaggio - in senso simbolico e non solo fisico - la vita di Tatiana Sorokina, che fa l’interprete dal russo, bielorusso, inglese e italiano al mattino e il tecnico informatico nel pomeriggio. I tratti del viso, i capelli biondissimi, gli occhi azzurri e la carnagione chiara rivelano le sue origini bielorusse, anche se ormai è italiana a tutti gli effetti e ha messo radici a Casazza con la sua famiglia: è sposata con un bergamasco, Stefano, e ha due figlie Daria e Arianna, di 17 e 12 anni.

Tatiana ha imparato presto che, come dice Albert Einstein: «La vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l’equilibrio devi muoverti», soprattutto da quando, nel 2012, sua madre è morta a causa di un cancro al seno e poi, nel 2015, ha scoperto di esserne stata colpita anche lei.

L’ereditarietà

«L’esperienza di mia madre - racconta - mi ha spinto a essere molto scrupolosa nei controlli: mi sottoponevo a un’ecografia ogni sei mesi, e risultavano sempre negative. A un certo punto, però, mi è sembrato di sentire qualcosa nel seno, e dal controllo risultava un piccolo nodulo. Il radiologo mi ha rassicurato, spiegandomi che probabilmente era una ciste, spingendomi però ad approfondire. Dalla mammografia non è emerso niente di preoccupante, ma mi hanno comunque consigliato di eseguire l’ago aspirato. Il risultato, purtroppo, è stato che si trattava davvero di cancro, anche se piccolo: per asportarlo, secondo i medici, bastava una quadrantectomia. Già allora io mi sentivo a favore di un intervento più radicale, pensando alla malattia di mia madre». L’oncologo però aveva risposto con un sorriso: «Non vorrà mica imitare Angelina Jolie». Sono state le circostanze, alla fine, a decidere, perché sotto il primo nodulo se n’era nascosto un altro, molto più grande, che per la posizione non si vedeva dagli esami. «Quando mi sono svegliata - spiega Tatiana - ho scoperto quindi di aver subito una mastectomia, con l’asportazione completa di un seno. Ho reagito bene - scherza -, perché sono una di quelle russe toste, e per me l’importante era eliminare la malattia e ridurre il rischio di recidiva. Ho iniziato la chemio e la terapia ormonale, che viene prescritta in questi casi». Dopo due anni, purtroppo, è arrivata una brutta sorpresa: «Nei risultati degli esami del sangue - ricorda Tatiana - tutti i marcatori tumorali sono risultati fuori range, ho fatto la pet (la tomografia a emissione di positroni) e hanno scoperto che la malattia era progredita a livello sternale, intaccando l’osso. Gli oncologi hanno quindi riscontrato che la terapia ormonale non aveva fatto effetto». È stato un momento molto difficile: «Sono passata dalla condizione di chi si aspettava dopo cinque anni di essere dichiarata guarita, a dover fare i conti con una malattia metastatica. A Milano mi hanno sottoposto al Cyber Knife, coltello cibernetico, una radioterapia mirata che colpisce solo la parte malata senza intaccare i tessuti sani. Poi ho iniziato una terapia diversa, una pastiglia al giorno per tre settimane, seguita da una di pausa, associata a punture di ormoni. Sono due anni che vado avanti così, vado ogni mese in ospedale, prendo le terapie e torno a casa. Ogni tre-quattro mesi ripeto le analisi sperando che non ci siano peggioramenti. I medici non mi dicono più che posso guarire, ma la malattia si può cronicizzare e va bene così. Non ho perso la voglia di vivere, di sperare, di stare accanto alla mia famiglia e alle mie figlie. Loro mi hanno dato una bella iniezione di coraggio».

Il rapporto con le figlie

Fare i conti con la malattia non è stato facile, soprattutto all’inizio: «Ho dovuto trovare un modo per comunicare la notizia in famiglia, mia madre era morta da poco e questo mi condizionava psicologicamente, e di sicuro ha reso più faticoso accettare la situazione anche a mio marito e alle mie figlie. Alle bambine non l’ho detto subito, se l’intervento fosse andato come previsto probabilmente non l’avrei fatto. Quando ho saputo che avrei dovuto iniziare le chemio, invece, sono andata a comprare la parrucca e l’ho mostrata spiegando cosa stava accadendo. Sono state davvero fantastiche, non si perdevano una puntata della fiction sui “Braccialetti rossi” hanno capito che dovevo curarmi e avrei perso i capelli ma poi sarei guarita. Hanno voluto provarsi la parrucca. Hanno reagito anche loro con forza e questo mi ha sostenuto molto nel percorso. Quando hai due figlie ancora piccole, e all’inizio una aveva tredici anni e l’altra otto, non puoi arrenderti. Ho pensato a loro, che avevano bisogno di me».

L’associazione «Cuore di donna»

Tatiana si è avvicinata per caso all’associazione «Cuore di donna» prima di ammalarsi: «Conoscevo da sempre Myriam Pesenti, la presidente, e mi teneva aggiornata sui progressi di questo gruppo. All’epoca non ero coinvolta personalmente, ma mi ero comunque offerta di darle una mano nella gestione del sito internet. Così quando ho saputo del tumore dopo aver telefonato a mio marito ho chiamato subito Myriam, che mi ha rassicurata e tranquillizzata, invitandomi ad affrontare le cose con calma, consapevole che un passo alla volta se ne può venire fuori. È stato importantissimo il sostegno di altre persone che stanno affrontando la malattia come me, non mi hanno mai lasciata sola, non mi hanno permesso di abbandonarmi alla depressione. La forza e l’energia delle altre donne mi ha contagiato. Il confronto mi ha spinto a cambiare, a superare i miei limiti. Mi chiedevo, per esempio: perché devo starmene qui sdraiata sul divano se posso andare a pagaiare con le amiche di Dragon Boat?.

La squadra «Cuore di drago - Val Cavallina» è composta da una ventina di persone che si allenano sul lago: «Anche se siamo autodidatte e molte di noi sono malate vinciamo un sacco di tornei, ed è la dimostrazione che davvero l’unione fa la forza. Ci sono persone che stanno peggio di me e in queste occasioni danno un apporto fondamentale, mettendoci tantissimo impegno, e sono un esempio per tutti. Vivo in riva al lago ma non amo gli sport acquatici, era un’esperienza che mi mancava e non avrei mai pensato di farla. La prima volta non volevo andarci, mi ero già preparata a trovare una scusa per non tornare. Quando mi sono trovata lì, sulla barca, in mezzo al lago, invece, ho scoperto che era bellissimo, che i pensieri si svuotavano e nasceva in me nuova energia. Questo sport ti fa vedere il mondo da un’altra angolazione. Ognuno deve offrire il proprio contributo, e ci aiutiamo a vicenda, perché basta che qualcuno remi al contrario e l’imbarcazione sbanda. Ci sosteniamo e ci incoraggiamo a vicenda, è un bel momento di condivisione. Se faccio fatica c’è sempre qualcuno pronto a dire una parola gentile per risollevarmi lo spirito».

Seguire le attività dell’associazione ha aiutato Tatiana a ridare senso e ritmo alle giornate: «L’associazione ha aperto uno sportello nella Breast unit all’ospedale di Seriate ed è una bellissima esperienza: noi volontarie possiamo stare davvero accanto alle donne ricoverate nel reparto. Le incontriamo al punto d’ascolto e all’inizio, come è capitato a me, sono spaesate, distrutte e terrorizzate, e così anche le loro famiglie. Poi magari capita di rivederle nel reparto e si capisce che dopo il primo impatto negativo desiderano avere accanto qualcuno con cui condividere la loro situazione e le difficoltà che ne derivano. A volte bastano piccole cose per aiutarle, come un incoraggiamento a prendersi cura di sé: al punto benessere dell’associazione e con l’estetica oncologica le donne con tumore al seno possono imparare per esempio a truccarsi e a disegnarsi le ciglia e le sopracciglia quando le perdono per colpa della chemio, a mascherare gli effetti della malattia. E in modo inaspettato possono scoprirsi più belle, nonostante tutto».

Il futuro? Vivere il presente

Quando pensa al futuro, Tatiana è prudente: «Quello che posso dire è che per il momento la malattia è stabile, e mi auguro che la terapia funzioni. Cerco di vivere al meglio il presente e di avere fiducia. Posso portare avanti le mie attività normalmente: ho il mio lavoro, gli amici, la famiglia. Sento un po’ di stanchezza, qualche dolore articolare e osseo, ma li combatto con l’esercizio fisico. Ho scoperto lo yoga, anche questa è un’esperienza nuova e positiva, mi aiuta a mantenere in equilibrio la mente e il corpo. Se al mattino impiego un po’ più tempo ad alzarmi dal letto mio marito mi prende in giro, dice che è l’età».

Convivere con la malattia è come camminare nel buio, immaginando di poter inciampare e cadere a ogni passo. Anche nel cielo più scuro, però, prima o poi compare la luce di una stella, e anche per Tatiana è così: «Ci sono giorni buoni e altri più difficili, qualche volta vedo tutto nero, in altri momenti sono più speranzosa e felice. Ho scoperto che davvero essere coraggiosi non significa cancellare la paura, ma affrontarla. È questa la mia sfida quotidiana. Non faccio programmi a lungo termine, ma sono serena. Ogni mese cerco anche di ritagliarmi qualche giorno per andare a trovare mio padre in Bielorussia».

Cambiata la dieta in famiglia

La famiglia, le amiche e l’associazione sono una bella rete di sostegno: «Le mie figlie mi aiutano a truccarmi e a decidere quali vestiti indossare, così sono sempre vicine e coinvolte. Dopo il tumore ho cambiato la dieta di tutta la famiglia, ho compreso il valore della prevenzione. Ho spiegato alle ragazze che in questa malattia la familiarità è un rischio, perciò è meglio che si sottopongano regolarmente a controlli, anche da giovani». Non c’è un successo definitivo a confortare Tatiana, ma nel suo cielo c’è sempre una luce, perché con tante esperienze e conquiste quotidiane riesce a dare concretezza alle parole di Winston Churchill: «È il coraggio di continuare che conta».

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