Il coraggio di Federica: 21 anni e venti interventi

Secondo Emily Dickinson «la gioia è come il volo»: le sue ali sono fragili, come quelle di una farfalla, ma hanno permesso comunque a Giovanna Malinverni e a sua figlia Federica di affrontare e superare insieme mille battaglie conservando sempre il sorriso.

«Federica è una guerriera» dice Giovanna: a 21 anni ha già dovuto affrontare venti interventi chirurgici a causa di una rara malattia genetica, un mosaicismo del cromosoma 13. «Nonostante questo - continua la mamma - è una ragazza solare, piena di energia, che ama la vita». A volte, durante i frequenti ricoveri in ospedale, qualcuno chiede loro come facciano, quale sia il segreto, e guardandole risulta subito evidente come l’ingrediente più importante sia sicuramente l’amore, affiancato da un incrollabile coraggio, per affrontare i piccoli e grandi ostacoli quotidiani con pazienza, senza mai arrendersi.

Il «Mamoli» la seconda famiglia
All’Istituto Mamoli di Bergamo, dove ora frequenta l’ultimo anno di scuola secondaria, Federica ha trovato una seconda famiglia, un ambiente in cui l’inclusione è al primo posto. «L’ultimo anno - spiega Giovanna - è stato molto difficile a causa della pandemia, nonostante questo mia figlia si sta preparando con entusiasmo, affiancata dall’insegnante di sostegno, ad affrontare l’esame di maturità. Vorremmo organizzare una grande festa, speriamo di poterlo fare».

Il percorso di Federica e Giovanna è sempre in salita, e incarna in pieno ciò che scrive Luis Sepulveda: «Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori».

La loro storia è iniziata con una gravidanza difficile: «La ginecologa - ricorda Giovanna - si è accorta che il peso della bimba non cresceva. Ho dovuto sottopormi a una serie di esami anche invasivi, come la funnicolocentesi. Mi avevano prescritto riposo assoluto, ma avevo già una bambina che richiedeva la sua parte di attenzioni, perciò per me era difficile restare sempre a letto. Così a un certo punto, purtroppo, hanno dovuto ricoverarmi in ostetricia patologica, dove sono rimasta per quasi due mesi. Federica dimostrava già allora la sua vivacità e la sua voglia di vivere muovendosi moltissimo, perciò quando mi sono accorta di non sentirla bene come prima, intorno alla trentasettesima settimana, è risultato subito evidente che qualcosa non andava. I medici si sono accorti che era in sofferenza e l’hanno fatta nascere con un taglio cesareo d’urgenza». Alla nascita pesava 1,8 chili: «È rimasta in ospedale per un mese - ricorda Giovanna -, perché non cresceva di peso. Poi sono emersi diversi problemi: a sei mesi, dopo una risonanza magnetica le è stata diagnosticata un’agenesia del setto pellucido, che separa i due emisferi del cervello, un problema, che può portare alla cecità, condizione che fortunatamente in lei non si è verificata. Non sorreggeva bene la testa, perciò abbiamo iniziato anche le sedute di fisioterapia in Borgo Palazzo».

Il sostegno dei parenti
Giovanna ha potuto contare costantemente sul sostegno della sua famiglia: «Mio fratello è pneumologo, mia madre farmacista, mia sorella fisioterapista e le loro competenze sono state preziose per aiutarmi a capire come procedere. Abbiamo scoperto che Federica aveva anche una gravissima scoliosi e dopo nuovi controlli ci siamo rivolti all’Ospedale Bosisio Parini, centro specializzato nella neuroriabilitazione. La fisiatra che l’aveva in cura ci ha indicato un altro specialista, che ha eseguito esami più approfonditi». Hanno dovuto imparare a orientarsi: «Ci è voluto tempo per trovare le terapie giuste per lei, poi abbiamo incontrato il dottor Marco Brayda-Bruno, specialista della colonna vertebrale, e da quando lo conosciamo nel 2001 Federica è stata sottoposta a venti interventi chirurgici. Nel 2002 l’abbiamo portata anche a Parigi, andata e ritorno in giornata, per un consulto prima di un intervento invasivo e rischioso, che è poi durato dodici ore. Non si sapeva come ne sarebbe uscita, invece ce l’ha fatta, ha mostrato già allora il temperamento della guerriera».

Nel 2002 il suo primo gesso
Nel 2002 ha portato il primo gesso, che ha indossato per sei mesi, da giugno a dicembre: «Federica ha tanti problemi alla colonna vertebrale, perciò nel tempo ha dovuto alternare busti e gessi che facevano su misura a Torino. I busti spesso dovevano avvolgere anche la testa. Grazie alle terapie e agli interventi a due anni ha iniziato a fare i primi passi spingendo i carrellini per bambini».

Giovanna è sempre stata vicina a Federica, in ogni difficoltà e in ogni conquista: «Andavamo all’Istituto Bosisio Parini per la fisioterapia per tre volte alla settimana, per quattro anni, 45 km all’andata e altrettanti al ritorno. Poi però è riuscita a camminare, e non appena è stato possibile abbiamo proseguito la fisioterapia a Bergamo».

Quando gli infermieri le osservano in sala d’aspetto vedono una madre e una figlia che ridono e scherzano tra loro, superando il dolore e la fatica: «Federica - osserva Giovanna - è una ragazza solare, gioiosa e allegra anche se per tutta la vita ha continuato a passare da un ricovero all’altro. Nonostante questo cerchiamo di prendere il meglio da ogni momento e da qualsiasi situazioni, senza lasciarci andare alla tristezza. Nonostante tutto Federica è sempre felice, la chiamo «cuor contento». Certo le difficoltà non sono mancate, anche in ambito sociale: alla scuola materna e alle elementari faticava a stringere amicizie, non si sentiva bene accolta. Abbiamo provato a cambiare ambiente e l’ho inserita a Curno dove si è trovata fin dall’inizio molto bene, frequentando anche le attività dell’oratorio. Studiava spesso a casa delle sue compagne, che ricambiavano le visite e la invitavano alle feste. Una vera rivoluzione, che ci ha aiutato molto. Alle superiori si è iscritta all’istituto Mamoli di cui avevo sentito parlare bene: è davvero una scuola inclusiva e la nostra esperienza è positiva».

La pandemia ha scombinato i piani: «L’anno scorso Federica avrebbe dovuto iniziare l’alternanza fra la scuola e il Cse (Centro socio educativo) ma purtroppo a causa del Covid-19 si è bloccato tutto. Intanto nell’ottobre scorso ha subito un nuovo intervento alla colonna vertebrale, in piena pandemia, purtroppo seguito da alcune complicazioni e da un’infezione, che periodicamente ritorna e la costringe ad assumere frequentemente antibiotici. Da tempo soffre anche di crisi epilettiche, che sicuramente complicano la situazione». Giovanna è riuscita a dare un nome alle patologie della figlia solo sette anni fa: «Grazie alle analisi eseguite da Angelo Selicorni, genetista, abbiamo potuto dare un nome alla malattia di Federica: è un mosaicismo del cromosoma 13, associato a una sindrome polimalformativa ossea. Purtroppo questo non è servito a trovare terapie più efficaci. Non è facile affrontare una condizione come questa e le difficoltà sono aumentate in modo esponenziale da quando è iniziata la pandemia: anche per questo sono entrata in un gruppo Facebook con mamme di tutta Italia che hanno problemi simili ai nostri; ci aiutiamo a vicenda scambiandoci informazioni e aggiornamenti utili per aiutare i nostri figli». Giovanna lavora da oltre vent’anni come operatrice sanitaria a domicilio: «Fortunatamente sono sempre vicino a casa in modo da poter rientrare tempestivamente in caso di crisi».

L’isolamento per Covid
Nei mesi scorsi Giovanna ha dovuto affrontare anche il Covid-19: «Ho avuto contatti con una persona positiva per lavoro, ma ho sempre adottato le consuete misure di igiene e sicurezza, e per fortuna l’ho saputo in tempo, così sono riuscita a isolarmi e ho evitato di estendere il contagio ai miei familiari. Ho avuto bisogno di ossigeno per aiutare la respirazione per tre settimane, e sono rimasta per 50 giorni senza poter vedere mia figlia, ci sentivamo solo attraverso WhatsApp. Nel 2011 mi sono sposata con Armando: ha subito creato un legame forte con Federica, che lo considera suo papà, e in questo periodo ci è stato vicino; la sua presenza è stata fondamentale per superare un periodo così difficile».

Giovanna soprattutto durante la pandemia ha sentito la mancanza di provvedimenti mirati a sostegno delle famiglie con figli fragili oppure con disabilità: «Abbiamo avuto dodici giorni di permesso in più, che su tutto il periodo di pandemia trascorso senza poter contare su aiuti oppure su strutture di sollievo sono davvero pochi. Nel nostro caso, per poter continuare a lavorare ho dovuto cercare un’assistente, aumentando considerevolmente le spese».

Le amicizia a scuola
La possibilità di frequentare di nuovo i laboratori a scuola in presenza ha dato speranza a Federica: «Segue un laboratorio di cartotecnica, mentre le lezioni ordinarie si svolgono online, attraverso classroom. Sta svolgendo attività di educazione civica con l’insegnante di sostegno e appende i disegni in classe: può essere un modo semplice per essere vicini ai compagni anche a distanza». Federica tiene molto ai suoi amici: «Per i suoi diciotto anni abbiamo organizzato una grande festa a cui ha partecipato tutta la sua classe, che le ha sempre dimostrato affetto e gentilezza». Nei lunghi pomeriggi della «zona rossa» i contatti con l’esterno sono affidati alle videochiamate. Federica chiacchiera volentieri e le piace ascoltare musica su YouTube: «Crea da sola la sua playlist con i suoi video e brani preferiti». Prima della pandemia c’erano i pomeriggi in piscina e in centro città per mangiare un gelato con gli amici. Ora la speranza arriva dalla possibilità di ottenere finalmente il vaccino e di poter ritornare presto a una vita sociale senza restrizioni, per ritrovare quella gioia che, come scrive Goethe, insieme all’amore «offre le ali per le più grandi imprese».

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