Il primario sotto ossigeno
«Sostenuto dai colleghi»

Ospedale Papa Giovanni. Luigi Frigerio in ripresa: «Prego per tanti come me. La fede mi ha dato il coraggio».

È finito anche lui, come dice, dall’altra parte della barricata, in questa guerra contro il coronavirus: la stava combattendo da soldato in camice bianco, l’ha provata sulla sua pelle come ferito sul campo. Ma dopo giorni difficilissimi, lunghissimi giorni anche sotto il casco Cpap nel tentativo di ridare un po’ di respiro ai polmoni quasi annientati dal coronavirus, ora sta recuperando, ricoverato nel reparto di Malattie infettive del «suo» ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Luigi Frigerio, 69 anni, direttore del Dipartimento Materno-infantile e pediatrico e dell'Unità di Ostetricia e Ginecologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è ancora sotto ossigeno, parla a stento e riesce a rispondere ai messaggi whatsapp, ma è ancora debolissimo: il suo pensiero da medico, ora che è uscito dalla fase più critica dell’infezione va subito al suo amatissimo reparto. «Non ci sono parole davanti a questo flagello inatteso. Sono stato anch’io colpito dalla polmonite che mi ha portato dall’altra parte della barricata. Ma in questo periodo davvero drammatico per tutti, voglio dare subito un messaggio rassicurante: il Dipartimento Materno-infantile del Papa Giovanni sta reggendo l’onda d’urto e abbiamo stabilito in tempo un percorso Covid-19 che tutela mamma e bambino».

E immediatamente dopo il pensiero e la sua gratitudine vanno a chi si è preso cura di lui, ai colleghi che lo hanno seguito con affetto e competenza, un grazie particolare va a Marco Rizzi, il direttore del reparto dove adesso è ricoverato, ai tanti infermieri che non lo hanno mai perso di vista un momento. E alla sua guida spirituale: Luigi Frigerio parla non solo come medico ma anche come uomo di fede, quella fede che lo ha sempre sostenuto in tutta la vita. «La vicinanza di tanti amici, la bravura di quelli che mi curano e la fiducia in Maria, la Madre di Dio, colei che chiamiamo Salus infirmorum, mi hanno impedito di cadere nello spavento. In questo letto di ospedale prego per tanti medici e amici che in Rianimazione stanno lottando per la vita. Questo è il nostro compito sempre».

Luigi Frigerio è stato colpito dal virus come molti altri colleghi, anche del suo stesso ospedale, le sue condizioni sono andate via via peggiorando, tanto da aver avuto bisogno di ossigenazione intensa, con il casco Cpap: dice che ha lottato ogni istante, grazie al sostegno encomiabile di tanti infermieri e tantissimi medici che lo hanno seguito nelle fasi più critiche della sua infezione; isolato da tutti, come ogni malato Covid, non si è mai sentito abbandonato, ma ha combattuto con coraggio.

«La fede è come il coraggio, una persona mica può darselo da sé. Eppure la fede infonde coraggio perché non ti senti solo. Quando siamo soli siamo timorosi e spaventati – rimarca il direttore del Dipartimento Materno-infantile e pediatrico dell’Asst Papa Giovanni di Bergamo – . La vicinanza degli altri e specialmente quella di un Altro, nostro Signore, non toglie il dolore fisico ma toglie la solitudine che genera angoscia». E Luigi Frigerio dice che gli è stato anche di grandissimo incoraggiamento, nella giornata di venerdì, poter assistere alla preghiera del Papa e alla benedizione Urbi et Orbi: «Non ci sono parole per descrivere l’emozione data da Papa Francesco che arrancava portando Gesù davanti alla solitudine del mondo. Mi hanno colpito in questi giorni le parole del nostro vescovo Francesco Beschi e la supplica a Sotto il Monte»

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