Il primo smartphone? Già a otto anni
«Sono i genitori a dare il cattivo esempio»

L’indagine svolta dall’Università evidenzia il rapporto tra i bambini bergamaschi e i social. Tra i giovanissimi Instagram ha soppiantato Facebook. Lazzari: «Bisogna recuperare l’etica nei rapporti».

Bambini sempre più piccoli alle prese con il cellulare e adolescenti che utilizzano le piazze virtuali anche per lo studio. Facebook sostituito sempre di più da Instagram e WhatsApp, che consentono maggiore facilità nella comunicazione con il linguaggio iconico, e comportamenti a rischio meno frequenti. Ma anche un disimpegno morale che non fa venir meno tuttavia l’autostima dei ragazzi.

Sono molteplici gli spunti emersi dalla quarta campagna di indagine «Piazze reali, piazze virtuali» di Oscarv Bg, l’Osservatorio sulla comunicazione degli adolescenti tra reale e virtuale, nato dalla collaborazione dell’Università di Bergamo con Ufficio Scolastico Territoriale, Comune, Provincia e Ats di Bergamo, Fondazione Bergamo nella storia, MEDAS (Movimento Educativo Diritto Allo Studio), COOR. CO. GE (Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati Genitori delle scuole Superiori della provincia di Bergamo), Ufficio per la Pastorale dell’Età Evolutiva della Diocesi di Bergamo. Bambini, giovani e adolescenti alle prese con internet e i social network. I questionari hanno interessato 3.649 bambini delle scuole primarie, 856 ragazzi delle scuole secondarie di primo grado e 1577 di secondo grado. Circa 90 focus aperti a studenti e genitori che hanno coinvolto numerosi istituti di Bergamo e provincia e altre province lombarde. L’incontro rientra tra gli eventi del Centro per la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento dell’Università nell’ambito delle iniziative di Ateneo di public engagement del 2019 per aggiornare metodologie d’insegnamento, programmi e approcci ai nuovi mezzi di comunicazione.

Primo spunto interessante: si è abbassata drasticamente l’età in cui il bambino ha avuto il primo telefono. I nati nel 2000 hanno utilizzato il cellulare per la prima volta a 12 anni; quelli nati nel 2008 invece lo hanno avuto e utilizzato già a 8 anni. «Una parabola significativa – spiega Marco Lazzari, direttore del dipartimento di Scienze umane e sociali di UniBg -. In otto anni è cambiata la società e noi adulti spesso siamo responsabili, perché diamo esempi fuorvianti come l’uso del cellulare a tavola. Bisogna recuperare l’etica nei rapporti, anche con i bambini». Un altro spunto interessante è l’utilizzo variegato dei social network. Facebook sembra essere considerato dagli adolescenti uno strumento vetusto. «L’account Instagram è diventato il mezzo principale attraverso il quale si condividono gli interessi, si intrecciano le relazioni amicali e sentimentali – spiega Roberto Lusardi, dell’Università di Bergamo -. Costituisce uno dei principali strumenti di espressione della propria identità e mediante il quale ci si confronta con i pari e si cercano conferme». Un elemento di riflessione particolare: le femmine tengono il telefono acceso di notte con una frequenza maggiore rispetto ai maschi.

Tra i maschi prevalgono le attività ricreative, mentre tra le femmine prevale l’aspetto comunicativo e relazionale. «Per esempio – aggiunge Lusardi - alla primaria i maschi si dedicano di più a giocare con la console, con i videogiochi in rete e a guardare YouTube; le femmine privilegiano invece le chat e WhatsApp. Per quanto riguarda la frequenza degli eventi, i ragazzi pensano che un certo evento non possa capitare proprio a loro, perché non ci si considera soggetti interessanti per criminali informatici e ci si reputa impropriamente in grado di smascherare un’eventuale minaccia, immaginando che le proprie informazioni verranno viste soltanto da una ristretta cerchia di persone». Disimpegno morale e uso della tecnologia: il livello maggiore di disimpegno si registra tra i ragazzi delle scuole secondarie di primo grado: tenere acceso il cellulare di notte, rispondere a tavola, usare i social network a scuola per chi ha risposto ai questionari è quasi normale. «Maggiore è la frequenza di questi comportamenti, maggiore è il disimpegno morale» - spiega Andrea Greco, dell’Università di Bergamo. Un altro dato che emerge dalle risposte: le femmine che pubblicano immagini o video hanno livelli più alti di disimpegno morale, al pari dei maschi che inventano notizie e le fanno circolar. Se si riceve una notifica a tavola con la famiglia, il 54,8% degli studenti delle scuole secondarie di primo grado dichiara di non rispondere «mai», «qualche volta» il 32,5%, «spesso» l’8,4% e «sempre» il 4,3%. Maggiore è la frequenza con cui i genitori rispondono alle notifiche sul cellulare a tavola e maggiore è la frequenza con cui i figli tendono a rispondere nella stessa situazione.

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