Il racconto dell’amico: «L’ho afferrato ma invano. Mi ha guardato, poi il volo»

La tragedia. La drammatica testimonianza, i due amici vedevano la vetta: volo di 500 metri. Nel cellulare trovate le ultime foto.

«L’ho visto cadere accanto a me e istintivamente ho cercato di afferrarlo: l’ho preso, ma in un attimo è scivolato. Ha cercato di salvarsi con la piccozza, che ha puntato nella neve ghiacciata, ma è stato inutile. Mi ha guardato un’ultima volta e poi è caduto giù nel canalone». È il drammatico racconto degli ultimi istanti di vita di Mauro Soregaroli, la guida alpina bergamasca morta sabato pomeriggio a 64 anni, facendo un volo di oltre cinquecento metri mentre scalava con un amico e suo storico cliente la vetta del Grand Golliat, al confine tra il Cantone Vallese svizzero e la Valle d’Aosta.

«Da quanto ci è stato detto – racconta il figlio Jacopo – probabilmente papà è stato tradito da un capogiro o un lieve malore. Non da una disattenzione o una negligenza. Lì la pendenza della parete è di oltre 50 gradi. Non ha comunque perso i sensi, come ci ha riferito lo stesso Jerry, tanto che ha cercato di aggrapparsi alla parete con la piccozza negli attimi subito successivi alla caduta. Dev’essersi accorto di tutto quello che stava accadendo»

A raccontare quei drammatici istanti a Jacopo e Miriam, il figlio e la moglie di Mauro, è stato proprio il cliente che Soregaroli stava accompagnando sulla vetta: Jerry McGraph, avvocato statunitense cinquantenne residente a Berna.Domenica i familiari di Soregaroli lo hanno incontrato a Verbier, il paese svizzero dove la guida – che era nato a Valtesse, cresciuto a Colognola e che abitava da due anni a Carobbio degli Angeli – soggiornava durante il suo lavoro in Svizzera.

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L’incontro ha fatto seguito al momento toccante del riconoscimento del corpo di Soregaroli, che moglie e figlio hanno formalizzato di fronte alla polizia elvetica all’obitorio di Sion. Alla guida alpina non sarà effettuata l’autopsia: è stato svolto un esame esterno del corpo, i cui risultati si avranno lunedì 20 febbraioi. «Da quanto ci è stato detto – racconta il figlio Jacopo – probabilmente papà è stato tradito da un capogiro o un lieve malore. Non da una disattenzione o una negligenza. Lì la pendenza della parete è di oltre 50 gradi. Non ha comunque perso i sensi, come ci ha riferito lo stesso Jerry, tanto che ha cercato di aggrapparsi alla parete con la piccozza negli attimi subito successivi alla caduta. Dev’essersi accorto di tutto quello che stava accadendo».

È purtroppo morto sul colpo dopo un volo di pochi istanti ma di oltre 500 metri lungo quel canalone che, lui davanti e il cliente e amico dietro di pochi metri, aveva appena percorso in salita. Fino ad arrivare nel punto più duro e scorgere i 3.238 metri dalla vetta. Qualche metro più su rispetto a Mauro e Jerry c’erano altri due alpinisti: gli stessi che avrebbero poi dato l’allarme e chiamato i soccorsi. Proprio loro si vedono in una delle ultime fotografie che Soregaroli ha scattato con il suo cellulare pochi istanti prima di cadere e m orire. In un’altra foto, scattata verso il basso, si vede Jerry qualche metro più giù di Mauro e, sullo sfondo, il profondo canalone dove poco dopo la guida alpina avrebbe perso la vita. Foto che ieri Jacopo e Miriam hanno ritrovato nel cellulare di Mauro, rimasto intatto nella caduta e restituito, assieme allo zaino, ai ramponi (anch’essi rimasti attaccati alla guida nonostante la caduta) e ai suoi sci: effetti che la polizia svizzera ha consegnato ai familiari dopo il riconoscimento del corpo di Soregaroli. Le foto sono servite anche alla polizia per ricostruire, assieme alla testimonianza di McGraph, la dinamica dell’incidente. È emerso che i due alpinisti non erano in cordata: su quel tipo di pareti, infatti, la pratica è sconsigliata proprio per evitare che, cadendo uno, trascini giù anche l’altro o gli altri compagni di scalata. I due non si trovavano nemmeno in verticale: altra saggia decisione per evitare di cadere entrambi. La poca distanza ha comunque permesso all’amico Jerry di afferrare per un interminabile istante Mauro, che gli è di fatto passato accanto cadendo. Ma la forza di gravità ha purtroppo avuto la meglio.

Nei prossimi giorni la salma verrà riportata a Bergamo: i funerali non sono ancora stati fissati

La parete era inoltre ghiacciata e compatta: il punto da cui Soregaroli è scivolato era ombreggiato e dunque non soggetto a un’eventuale e anomalo aumento delle temperature di questo periodo. Nei prossimi giorni la salma verrà riportata a Bergamo: i funerali non sono ancora stati fissati. «Ringrazio chi ci è stato vicino in queste ore – conclude Jacopo –: la guida Gilbert Cretaz, che ci ha ospitato a Verbier, l’altro storico cliente di papà Chris Kohler, che ci ha subito raggiunto, e il poliziotto Benoit Mettier, della squadra speciale Edelweiss, che ci ha assistito nonostante fosse il suo giorno libero».

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