
Cronaca / Bergamo Città
Domenica 28 Settembre 2025
Il ricordo del clochard morto a Bergamo: «Le reti sociali antidoto alla solitudine»
LA MESSA. Tantissime persone nella chiesa di Santa Rita per ricordare il clochard morto sotto i portici martedì scorso. Don Pietro Biaggi: «È nostro dovere prestare ascolto a queste situazioni». Intanto prosegue la ricerca dei parenti.
In un sabato di freddo e di pioggia, quelli che tante volte Dadrah aveva sfidato vivendo in strada, un abbraccio commosso gli è stato tributato dalla comunità che aveva imparato a conoscerlo e che, sabato pomeriggio, si è raccolta per ricordarlo con una Messa. Tante le persone, infatti, unite nella chiesa di San Marco e Santa Rita, in via Locatelli, per ricordare Dadrah Manjinder, il quarantaseienne di origini indiane, senza fissa dimora, trovato privo di vita nella mattinata di martedì scorso proprio sotto i portici della chiesa dove spesso si rifugiava. Un pensiero per lui, ma anche per le tante persone che vivono la solitudine, una condizione che attraversa la città in tante forme e che non riguarda solo i senza fissa dimora, come ha ricordato il parroco don Pietro Biaggi, invitando a mettersi in ascolto.
Le solitudini e il nostro sguardo
Grande la partecipazione alla Messa, a testimoniare come la tragedia abbia toccato i cuori di tanti. «È nostro dovere prestare ascolto – è l’esortazione rivolta dal parroco don Pietro Biaggi ai fedeli nell’omelia –, perché ognuno di noi è popolato da infinite solitudini impossibili da mettere a confronto». L’invito del sacerdote, scaturito dalla riflessione sull’accaduto, è stato anche di non limitarsi a ringraziare Dio per la salute, ma di ricordarci anche del dono che è l’unicità di ognuno di noi. «Preghiamo per Dadrah – ha proseguito – e per le persone che come lui vivono ai margini, di fronte alle quali spesso ci sentiamo impotenti, ma lavoriamo anche per lo sviluppo delle reti sociali, che sono l’antidoto migliore a queste situazioni».
Angeloni:« La solitudine è il male del nostro tempo»
Al termine della celebrazione, don Pietro ha invitato sull’altare l’assessore alla Sicurezza Giacomo Angeloni, che ha voluto ringraziare la comunità per l’attenzione, non scontata, riservata a questa tragedia. «Per chi si occupa di queste persone – ha esordito l’assessore – casi come questo sono sentiti come un fallimento per non essere riusciti ad agganciare una persona fragile al sistema dei servizi sociali».
La solitudine però non è un dramma che colpisce solo fra le fasce più fragili: «Due terzi dei bergamaschi vive solo, ma si può essere soli anche in mezzo alla gente. La solitudine è il male del nostro tempo». Un pensiero di gratitudine da parte del parroco e di Angeloni è andato anche alle numerose strutture di supporto che avevano preso in carico l’uomo nel corso della sua storia decennale a Bergamo. L’uomo, infatti, era conosciuto ai servizi della Caritas, del Patronato San Vincenzo, del dormitorio di via Galgario e della Casa Amadei, che più volte negli anni l’avevano aiutato, offrendo pasti, docce e un letto per dormire.
La ricerca dei parenti
A margine della Messa, l’assessore ha spiegato che prosegue la ricerca dei parenti dell’uomo. Per il funerale e la ricerca dei parenti, oltre alla comunità della zona in cui Manjinder ha passato la maggior parte dei suoi dodici anni a Bergamo, si è attivata anche la comunità indiana. «Al momento – ha spiegato Angeloni – stiamo lavorando con l’ufficio dell’anagrafe e la Polizia locale di Roma per rintracciare la sorella di Dadrah, che dai suoi racconti agli operatori del Patronato sembrerebbe residente nella capitale. Nel caso non riuscissimo a trovarla o lei fosse impossibilitata a farsi carico dei funerali, al nostro fianco c’è anche l’ambasciata indiana, alla ricerca di parenti nel suo Paese d’origine che potrebbero volere il rimpatrio della salma».

(Foto di Beppe Bedolis)
Qualora tutti questi sforzi non dovessero dare esito, il Comune si occuperà della sepoltura nel cimitero di Bergamo, mentre la comunità indiana di Bergamo si è già resa disponibile per l’organizzazione di una cerimonia secondo il rituale indù. Per stabilire il da farsi, però, bisogna aspettare il via libera alla sepoltura da parte della magistratura, che non arriverà prima del primo ottobre, data in cui è stata disposta l’autopsia per accertare le cause della morte.
La dinamica dell’incidente mortale
Cadendo rovinosamente dalla balaustra della chiesa, nella serata di lunedì scorso il quarantaseienne si è procurato una profonda ferita alla testa, che ha preoccupato i passanti spingendoli a chiamare i soccorsi. Il personale sanitario intervenuto non ha potuto far altro che limitarsi alle cure sul posto, dal momento che Manjinder ha rifiutato il ricovero, passando la notte sotto i portici come faceva abitualmente. Dopo la tragica scoperta, avvenuta la mattina seguente, la ferita è apparsa come causa più probabile del decesso. Il pm Emanuele Marchisio ha però disposto ulteriori accertamenti.

(Foto di Beppe Bedolis)
Gli operatori delle associazioni che avevano avuto modo di conoscerlo ricordano Dadrah come una persona tranquilla e cordiale, che conviveva però con la dipendenza dall’alcol. Proprio questa sarebbe stata, secondo le prime ricostruzioni, la causa dell’incidente di lunedì 22.
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