Il sorriso e le «Amiche per mano» rendono piccolo anche un tumore

La storia di Mara Viti, una vita complicata dalle recidive al seno affrontata con la prevenzione, le amicizie e l’impegno. L’incontro con Grassi, responsabile della senologia in Humanitas Gavazzeni. Domenica 3 ottobre a Paderno la camminata per comunicare alle donne l’importanza dei controlli.

«Un sorriso - diceva l’attrice americana Phyllis Diller - è una curva che raddrizza ogni cosa». Ed è questa la strategia che ha scelto Mara Viti, da 18 anni alle prese con un tumore al seno: «Non voglio perdere tempo a compiangermi, la vita è bella». «Quando avevo 16 anni - racconta - la mia nonna materna morì proprio a causa di questa stessa malattia. L’ho vista soffrire in modo terribile, le metastasi si erano diffuse alle ossa e le causavano dolori fortissimi. Li ha sopportati con coraggio fino alla fine. Mia madre è morta poco dopo la nascita di mia sorella per un’infezione seguita al parto. Avevo dieci anni, ero disperata e mia nonna si è presa cura di noi, aiutandoci a superare il dolore. Anche lei in quel momento ha attraversato una profonda depressione, si è fatta forza per sostenerci. Abitava in Toscana, a Chiusi, in campagna e passavamo l’estate con lei. Quando andavamo a trovarla riuscivamo a colmare il vuoto lasciato da nostra madre, a ritrovare serenità e calore. Anche mia zia, la sorella minore di mia madre, è morta di tumore al seno due anni prima che io scoprissi di essere affetta dalla stessa malattia. Nella mia scuola superiore i medici dell’Istituto dei Tumori tenevano incontri di sensibilizzazione sulla prevenzione. In quell’occasione ho sentito parlare per la prima volta di familiarità nel tumore al seno. Ho iniziato a sottopormi a controlli quando avevo 17 anni. Forse ne ho fatti fin troppi, ma questo mi ha salvato la vita».

Curata a Bergamo

Lungo il percorso ha incontrato Massimo Grassi, responsabile della senologia dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo: «Gli esami nel mio caso, a causa della conformazione del seno, non erano facili da leggere, ma lui ha saputo individuare il cancro e intervenire in tempo. In quel momento sono andata in frantumi, si è realizzato il mio peggiore incubo. Grazie alla sua diagnosi tempestiva, però, ho potuto vivere bene per tutti questi anni».

Mara aveva un nodulo di circa un centimetro e mezzo: «In quel momento avevo quasi cinquant’anni e due figli già grandi che ora hanno 46 e 44 anni. La diagnosi è stata devastante per tutti. Ho provato un brivido di terrore. Poi però mi sono resa conto di essere curata e seguita con attenzione e questo mi ha aiutato a superare l’ansia e la paura. In seguito ho dovuto affrontare altre due recidive, l’ultima volta quest’estate per un altro carcinoma al seno, però sono tranquilla, cerco di affrontare la vita un passo alla volta».

Nel suo cuore ha diviso, simbolicamente, la vita in due parti: «Ho trascorso tanti anni in preda all’angoscia prima della diagnosi di tumore, perché sapevo di correre un rischio più alto rispetto ad altre donne. Poi, però, quando è successo, mi sono accorta di avere più forza, più coraggio di quanto immaginassi, e di essere in grado di reagire in modo positivo. Dopo l’operazione ho provato un indescrivibile senso di liberazione e benessere. Era come se il mio fisico fosse contento, sapevo di dover seguire controlli e terapie, ma mi sentivo in via di guarigione. Abito a Paderno Dugnano e ho subito il primo intervento a Milano, ma subito dopo, indirizzata dal mio medico, ho proseguito le sedute di chemioterapia a Bergamo».

Il lavoro lasciato e ripartito

Mara ha lavorato al Corriere della Sera come impiegata nel settore pubblicitario: «La sede di via Solferino in quegli anni era un ambiente molto vivace, giovane e stimolante. Ho conosciuto personaggi che i miei figli hanno studiato sui testi universitari. Ho rinunciato con dispiacere a quel lavoro per seguire la mia famiglia e i miei figli». Dopo l’intervento, invece, ha sentito di nuovo il desiderio di mettersi alla prova, di esprimersi anche in ambito professionale: «Ho deciso di ricominciare a lavorare, questa volta affiancando mio marito, che aveva un’attività in proprio nel commercio di materiali edili. Non sapevo neanche usare il computer ma nel giro di un mese avevo imparato. Questa esperienza mi ha dato una grandissima energia e se potessi continuerei a lavorare anche adesso».

Secondo lo scrittore e poeta greco Nikos Kazantzakis, «è cosa buona e giusta prendersi cura del corpo. È il cammello su cui monta l’anima per attraversare il deserto». Cimentandosi in questo impegno - prendersi cura di sé - Mara ha imparato la pazienza, l’attenzione, la fiducia: «Ho considerato le terapie come un metodo per sconfiggere il mostro. Ho sofferto per gli effetti collaterali, ma sono riuscita a rialzarmi». Adesso può raccontare con un pizzico di orgoglio di non essersi mai lasciata andare.

L’associazione

«Volevo che per tutti la vita proseguisse come sempre. Nei primi giorni dopo la diagnosi mi rendevo conto che in casa l’ansia era tale che si poteva tagliare con un coltello. Non potevo rassegnarmi a questo, dovevo mettere in atto contromisure efficaci. Così ho continuato a fare la pasta fresca in casa, un’attività che mi occupa le mani e la mente e mi rilassa molto, e la domenica riuscivo perfino a invitare a pranzo mia suocera. Cucinavo i ravioli senza neanche sentire gli odori, ma andavo avanti comunque. Nonostante in quel momento fosse faticoso, ho preferito condurre una vita normale, in modo che la malattia non pesasse su nessuno, me compresa. Questo atteggiamento mi ha aiutato molto».

Mara ha instaurato uno speciale rapporto di fiducia con il dottor Grassi: «Nel 2016 ci ha proposto di creare l’associazione “Amiche per mano” e abbiamo accettato di buon grado. Da quel momento sono nate tante attività e iniziative. A dare lo slancio è stato sicuramente l’atteggiamento del dottor Grassi nei confronti dei pazienti, fatto di cura, attenzione, sollecitudine, non soltanto sotto l’aspetto clinico ma anche psicologico. Lui stesso nel tempo libero svolge attività di volontariato e di prevenzione nelle scuole superiori, parlando di tumori giovanili ma anche di tumore al seno».

Voleva ritagliarsi all’interno dell’associazione un ruolo che fosse adatto a lei: «Ho pensato di sfruttare l’esperienza vissuta al Corriere nel settore pubblicitario per propormi come organizzatrice di eventi, importanti per la raccolta fondi ma anche per la prevenzione». Da allora, ogni anno, le «Amiche per mano» con la guida di Mara promuovono una camminata non competitiva: «Il Covid l’anno scorso ci ha costretto a trasformarla in un appuntamento virtuale, in cui ogni partecipante camminava per conto suo, condividendo una foto sui social network. Quest’anno fortunatamente siamo riuscite a tornare alla forma tradizionale. Ci sono tante associazioni che ci aiutano, dagli alpini ai carabinieri in congedo, fino ad alcune società sportive locali». La camminata, promossa quest’anno in collaborazione con Europa Donna e con il sostegno di numerosi sponsor, si svolge proprio oggi a Paderno, con la speranza di riuscire a proporla l’anno prossimo anche a Bergamo: «In queste occasioni - osserva Mara - riusciamo a raggiungere oltre duemila donne e possiamo essere certe che molte di loro si sottoporranno ai controlli senologici. Non è sempre facile parlare di prevenzione e spingere le persone dalla teoria alla pratica. Molte hanno paura di farsi visitare, non si rendono conto di quanto le possibilità di sopravvivenza siano legate proprio alla diagnosi precoce». Dopo la camminata ci saranno altre occasioni: «Stiamo riprendendo ora dopo la pausa forzata della pandemia e abbiamo tanti progetti in cantiere: un concerto, spettacoli teatrali».

Sorrisi in fiore

L’associazione «Amiche per mano» trasmette un’idea positiva di aiuto reciproco: «Fra noi c’è un forte legame d’affetto. Ci unisce la malattia ma soprattutto il desiderio di reagire e di vivere. Sono nate tra noi amicizie profonde e autentiche. Ci impegniamo in tante attività diverse, ci sentiamo utili e questo ci dà nuovi stimoli e tanta allegria. Per me l’associazione è come una seconda casa, un impegno a cui mi dedico completamente, con la massima responsabilità. Ogni iniziativa è un lavoro di squadra, da soli non si fa nulla».

Il lungo periodo della pandemia ha complicato la possibilità di sottoporsi a controlli ed esami: «Non ho potuto eseguire ecografia e mammografia nei miei soliti posti. C’è stato qualche ritardo e alla fine una brutta sorpresa: un nuovo nodulo. Fortunatamente non è troppo aggressivo, non dovrò ripetere la chemioterapia, basteranno radioterapia e terapia ormonale». Quest’anno Mara è anche una delle protagoniste dell’iniziativa «Sorrisi in rosa», un progetto di Humanitas curato dalla fotografa Luisa Morniroli con l’amica scrittrice Cristina Barberis Negra, per affrontare in modo creativo e positivo il tema della prevenzione, malattia e ritorno alla vita. Il 6 ottobre alle 11,30 è in programma un incontro on line in streaming sulla pagina Facebook di Humanitas Milano con Gerry Scotti per la presentazione del libro «Sorrisi in fiore», per celebrare i cinque anni del progetto.

Niente pianti e lamenti

«Ho avuto una vita normale e molto tranquilla in questi anni - aggiunge Mara -. Ovviamente non mi fa piacere essermi ammalata ma non voglio sprecare la mia vita in pianti e lamenti. Cerco di essere serena tra un controllo e l’altro. Anzi, lo sono più di prima. Non voglio sprecare tempo e ho imparato una nuova attenzione anche per i piccoli dettagli che prima mi sfuggivano. Lasciarsi andare alla depressione sarebbe come darla vinta al tumore. Due giorni dopo l’ultimo intervento ho voluto riprendere la mia routine normale con i miei nipoti di 2 e 5 anni, che mi danno moltissima gioia. Bisogna imparare a vedere la parte bella della vita, e a goderne pienamente».

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