
La salute / Bergamo Città
Sabato 04 Ottobre 2025
Medicina d’urgenza, ai corsi in Lombardia coperti solo 82 posti su 117
I NUMERI. Scelte specializzazioni più remunerative o meno stressanti. Allarme per i pronto soccorso. Magnone e Marinoni: «Servono incentivi».

I medici di pronto soccorso mancano già ora e continueranno a mancare anche nei prossimi anni. All’orizzonte non s’intravedono svolte: lo conferma quanto accade nelle scuole di specializzazione, cioè i percorsi post-laurea che formano i futuri medici ospedalieri, e in particolare i dati su quanti (pochi, molto pochi) hanno optato per l’ambito della Medicina di emergenza-urgenza. Dopo il test d’ingresso di luglio e la compilazione di una intricata graduatoria, nei giorni scorsi è stata definita la fase delle «assegnazioni», cioè le scelte dei candidati tra le varie branche: negli atenei lombardi, per questa specialità sono stati coperti solo 82 posti sui 172 disponibili. Ci si è fermati cioè al 48%, meno di uno su due. Magrissima considerazione, un anno fa andò peggio: si arrivò ad appena 47 posti su 181, il 26%.
«Se non si hanno incentivi economici e se i carichi di lavoro sono enormi e pesanti, è difficile che un giovane medico scelga questi percorsi»
«La coperta è corta»
Perché? Perché tendenzialmente chi può – il tutto è legato ai punteggi maturati nella prova d’ammissione – opta per altri rami della medicina, più remunerativi o meno stressanti, e così le specialità più gravose risultano sempre con pochi immatricolati. Ma se oggi restano posti vuoti nelle università, vorrà dire che in futuro ci saranno ancora meno camici bianchi formati per lavorare nei pronto soccorso, con un impatto ovvio e negativo sul sistema sanitario. La nuova fotografia si ricava dai dati messi a sistema dall’Anaao-Assomed (sindacato dei dirigenti medici) e Als (l’Associazione liberi specializzandi), e quelli regionali sono addirittura al di sotto della tendenza nazionale, visto che in media in Italia è stato assegnato il 55% dei posti per Medicina d’emergenza-urgenza. «Con un po’ di amarezza, i colleghi giovani hanno le idee molto chiare – riflette Stefano Magnone, segretario regionale dell’Anaao-Assomed -. C’è sicuramente bisogno di remunerare maggiormente alcune discipline: non penso ci siano altre discussioni da fare, uno quando fa i conti deve considerare anche la libera professione. C’è però un problema normativo nel differenziare le retribuzioni, e alla base ci sono sempre le risorse, con una coperta corta».
«Servono incentivi»
Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, traccia un parallelo con un altro recente responso, il flop al test d’ingresso per il corso per Medicina generale, l’iter che abilita a medico di base «titolare»: «Se non si hanno incentivi economici e se i carichi di lavoro sono enormi e pesanti, è difficile che un giovane medico scelga questi percorsi, a meno che non abbia una vocazione fortissima». Guardando alle singole sedi lombarde, il tasso di copertura per Medicina di emergenza-urgenza spazia dal 13% dell’Università dell’Insubria (2 contratti su 16) al 63% di Milano-Bicocca (17 contratti su 27). Bergamo non ha scuole di specializzazione medica, ma la ricaduta potenziale sarà anche locale: gli ospedali possono infatti assumere gli specializzandi già a partire dal secondo anno, inquadrandoli come dipendenti (con orari tali da dedicare tempo adeguato alla formazione); meno specializzandi ci sono, meno possibilità assunzionali ci saranno.
Il tema della libera professione
Altre «materie», invece, hanno saturato tutte le posizioni messe a bando: è il caso, ad esempio, di Allergologia, Chirurgia maxillo facciale, Chirurgia plastica, Chirurgia vascolare, Dermatologia, Endocrinologia, Cardiologia, Pneumologia, Neurologia. Il filo comune è evidente: «Queste – riconosce Marinoni – sono tutte discipline che consentono ampi spazi di libera professione, oltre al Servizio sanitario nazionale». Pochissime adesioni anche indirizzi come Patologia clinica (2 contratti assegnati su 42, 5%), Farmacologia (1 su 17, 6%), Statistica sanitaria (1 su 10, 10%), mentre è in crescita l’adesione a Chirurgia generale (78%), Anestesia (81%), Medicina interna (91%).
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