Moro ritenta l’impresa sul Manaslu: «In montagna serve pazienza»

L’alpinista partirà il 1° dicembre per conquistare gli 8.163 metri. È al quarto tentativo invernale. «Non perderò tempo, sfrutterò il meteo».

Per tre volte si è inchinato di fronte alla grandezza del Manaslu. All’insegna di quello che per lui è diventato un mantra: «La montagna vince sempre, non c’è vergogna nel rinunciare». Simone Moro, però, ha «pazienza e perseveranza» in quantità industriale, qualità fondamentali – come racconta – per riprovarci. Il 1° dicembre l’alpinista bergamasco partirà alla volta del Nepal per ritentare per la quarta volta la doppia salita dell’ottava montagna più alta del mondo (8.163 metri), e del Manaslu Pinnacle (7.992 m), la punta di 7.000 metri più alta del pianeta, nella catena dell’Himalaya. Un’avventura rimasta in sospeso e che ha promesso di portare a termine. «Bisogna chiudere i cerchi nella vita», conferma dall’Islanda, dove si trova per il raduno del team internazionale di atleti di North Face (uno dei suoi sponsor principali).

Nulla, nella preparazione, è lasciato al caso. «La pazienza e la perseveranza – è convinto Moro – permettono di conoscere meglio il “gigante” e se stessi, e quindi di capire anche se bisogna cambiare qualcosa di sé e della strategia. Questa volta ci proverò cambiando un po’ la strategia». Innanzitutto anticipando la partenza. «Partirò il 1° dicembre per non buttare via neanche un giorno invernale, per avere il tempo di prepararmi e acclimatarmi ed essere al campo base il 21 dicembre – scandisce i tempi –. Da lì partirò per raggiungere la vetta del Manaslu, sfruttando la finestra di meteo stabile che di solito si trova tra la metà di dicembre e la metà di gennaio». I tre tentativi del 2015-2016 (insieme all’alpinista altoaltesina Tamara Lunger), del 2018-2019 (con il nepalese Pemba Gelje Sherpa) e del 2020-2021 (con Alex Txicon, alpinista spagnolo già in vetta con Simone Moro nel 2016 sul Nanga Parbat e Iñaki Alvarez) fallirono proprio a causa della quantità di neve caduta in pochi giorni che rese la scalata impossibile. Anche per questa quarta spedizione al Manaslu, Simone Moro non sarà solo, i suoi compagni saranno Abiral Rai, guida Uaigm, fotografo e pilota di drone, di nuovo Alex Txicon, e Sajid Alì Sadpara, figlio dell’alpinista Alì Sadpara, che ha perso la vita quest’anno durante la spedizione invernale sul K2. «Arriveranno tre settimane dopo di me – spiega –. In particolare la presenza del figlio di Alì Sadpara, alpinista che ho conosciuto bene ed è salito in vetta al Nanga Parbat con me e Alex nel 2016, è segno della volontà di continuare una tradizione di famiglia». Simone Moro ha al suo attivo 19 spedizioni invernali. Solo lui fin qui ha raggiunto quattro cime di 8.000 metri in completa stagione invernale: Shisha Pangma (8.027 metri) nel 2005, Makalu (8.463) nel 2009, Gasherbrum 2 (8.035) nel 2011, Nanga Parbat (8.126) nel 2016. «Il Manaslu è meno maestoso del Nanga Parbat – ammette Moro – ma è la prova provata che in montagna non c’è niente di facile o scontato. Ci sono solo momenti favorevoli e momenti meno favorevoli». L’attimo che questa volta cercherà di cogliere, «perché il mio alpinismo è figlio di un sogno, non la copia di un alpinismo già fatto», assicura.

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