Notte prima degli esami al Sarpi di Bergamo: «Insieme per riavere quello che il Covid ci ha tolto» - Video

IL RITROVO. Alla vigilia della prima prova il ritrovo degli studenti fuori dal liceo classico di Città Alta.

Bergamo

Quelle note al pianoforte, così famigliari. Ed inizia la magia. «Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra. E un pianoforte sulla spalla». A più di quarant’anni dall’uscita di una delle canzoni italiane più iconiche, ancora si canta a squarciagola «Notte prima degli esami» di Antonello Venditti.

Al Sarpi di Bergamo

E così hanno fatto una ventina di studenti maturandi del Liceo Classico Paolo Sarpi che si sono dati appuntamento martedì 17 giugno sotto le finestre che per cinque anni hanno segnato le loro giornate, il grande portone e le alte colonne che, superata la temuta maturità, non faranno più paura. È la loro notte prima degli esami. E loro non potevano che passarla insieme. «Abbiamo deciso di vivere questo momento tutti insieme per riavere quello che il Covid ci ha tolto. Chiudere questo percorso in maniera completamente antitetica rispetto a come l’abbiamo iniziato. Insieme, finalmente», dice Chiara, una delle studentesse presenti. Loro, la generazione del Covid, che, «come i pini di Roma la vita non li spezza». Perché la vita, e non solo ieri notte, appartiene solo a loro. La musica che parte dai telefoni, gli occhi lucidi, le risate nervose, le mani che tremano e poi quella voce che parte all’improvviso: «Notte prima degli esami, notte di polizia…». Nel giro di un minuto, la cantano tutti. Come se quella canzone parlasse proprio di loro. È un urlo liberatorio, una dichiarazione d’amore e di paura.

«Una serata di emozioni»

C’è un silenzio strano, a tratti. Un silenzio fatto di pensieri, di promesse non dette, di paure nascoste dietro a un sorriso. Ma poi torna la musica, tornano le battute, gli abbracci improvvisi. La scuola, lì davanti, chiusa e silenziosa, li osserva. Più morbida, meno severa. Quante volte l’hanno maledetta e adesso vorrebbero abbracciarla. E poi, ancora, risate e gesti di intesa sull’indimenticabile strofa «notte di lacrime e preghiere, la matematica non sarà mai il mio mestiere». Qualcuno piange, qualcuno ride. Tutti sentono che questa sarà una di quelle notti che si ricordano per tutta la vita. Una magia che difficilmente si ritroverà. Non è solo nostalgia, non è solo tensione. È un rito collettivo, una veglia dove ogni parola conta, ogni sguardo rassicura. «È una serata di paure che vengono confortate dagli amici che sono sempre stati lì per te e ci saranno sempre, nonostante tutti prenderemo strade diverse. Una serata di emozioni. Mio padre, metaforicamente parlando, mi diceva sempre, che non conta vincere la battaglia, ma conta vincere la guerra. Ecco, io mi sento come se stanotte mi stessi preparando per l’assalto finale», dice Sara, della 5^C.

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