Psicologo a scuola, in aumento i casi di «disagio interiore»: il report dell’Ats

I DATI. In 28 istituti bergamaschi lo sportello di ascolto. I problemi d'ansia sono il doppio tra le ragazze, tra i maschi il 27% di richieste per «problemi scolastici». L’approfondimento di due pagine su L’Eco di Bergamo del 4 novembre.

Disturbi d’ansia, problemi familiari, aggressività o rabbia. A volte situazioni ancora più gravi, dall’autolesionismo ai disturbi alimentari o alle dipendenze. Tra i banchi di scuola si fa largo un disagio che richiede aiuto, ed è proprio lì, accanto a quei ragazzi, che s’imbastisce un lavoro di prevenzione per intercettare precocemente i bisogni. Sono numeri importanti, anche a Bergamo. Nello scorso anno scolastico, la rete delle «Scuole che promuovono salute» e che hanno attivato il «servizio di sportello di ascolto psicologico» – 28 Istituti superiori in tutta la provincia, dove hanno lavorato 16 psicologi – ha dato supporto a 1.059 studenti, pari a circa il 4% della popolazione studentesca di quegli istituti, per un totale di 3.086 colloqui (circa tre sedute in media per ciascun ragazzo che si è rivolto allo sportello).

Dall’ansia all’autolesionismo

La struttura Prevenzione delle dipendenze dell’Ats di Bergamo ha messo in fila i dati in un ampio report, tracciando un filo comune. Le ragazze hanno rappresentato il 66,86% degli studenti incontrati dagli psicologi; la fascia di maggior accesso è quella dei 15-16 anni; quasi uno su quattro (il 23,1%) è di origine straniera. Di questo migliaio abbondante di studenti che nell’ultimo anno è stato ascoltato dagli psicologi, il 20,59% lo ha fatto sulla spinta di un «disagio interiore» (trend in aumento: erano il 18,2% nel 2018-19, il 14,2% nel 2020-21 e il 20,4% nel 2021-22), un altro 17,85% per via di «problemi scolastici» (altra voce in crescita rispetto al 13,8% dell’anno precedente); altre casistiche ricorrenti sono quelle legate ai problemi in famiglia (14,92%), all’ansia (14,92%) e alle relazioni con i coetanei (9,63%). Più in generale, il 40,1% delle problematiche portate allo sportello è legato a «un disagio riferibile alla sfera emotiva». Ma, rileva il report dell’Ats, «appare significativo come il 4,16% delle richieste di aiuto sia relativo a problematiche di particolare maggiore gravità (disturbi alimentari, agiti autolesionistici, maltrattamento/abuso, abuso e dipendenza, comprese dipendenze comportamentali)», seppur in lieve diminuzione (era al 5,2% lo scorso anno).

Maschi e femmine

La fotografia degli esperti restituisce differenze profonde tra i maschi e le femmine che hanno bussato allo sportello: le ragazze segnalano maggiormente disturbi d’ansia, con un’incidenza quasi doppia rispetto ai ragazzi (il 17,66%, contro il 9,4% dei maschi), e una forbice evidente si coglie anche per i problemi familiari (16,95% tra le ragazze, 10,83% tra i ragazzi), mentre sono solo le ragazze ad aver segnalato disturbi del comportamento alimentare. Viceversa, tra i maschi intercettati dagli psicologi è molto più ricorrente una motivazione legata ai problemi scolastici (27,64%, contro il 12,99% delle femmine) o al controllo di rabbia e aggressività (4,27%, contro lo 0,42% delle ragazze). Rispetto al passato, diminuisce lievemente il peso dei disturbi d’ansia (ma comunque «molto più presenti rispetto al periodo pre-pandemia») e cresce quello dei problemi di rendimento scolastico.

I fattori: età e nazionalità

Altra prospettiva, quella dell’età: i temi legati al rendimento scolastico sono più ricorrenti tra chi è ai primi anni delle superiori (è la motivazione dell’accesso allo sportello per il 26,59% dei 14enni, con una crescita rispetto al 19% dello scorso anno), così come i problemi di relazione (per l’11,51% dei 14enni presi in carico). «Questi due dati – evidenzia l’analisi dell’Ats – se da un lato riflettono le difficoltà insite nel passaggio dal primo al secondo grado, dall’altro potrebbero segnalare la necessità di porre ancora maggiore attenzione all’accoglienza e all’integrazione degli studenti dei primi anni». Più sale l’età e più si fa largo un disagio interiore, la problematica che ha spinto al colloquio il 32,28% degli studenti maggiorenni.

Incide anche il contesto familiare: «Gli studenti con origine familiare differente da quella italiana – annota il report – portano in modo molto maggiore problemi familiari e problemi sociali», quali l’integrazione culturale, l’emarginazione, l’asocialità, la difficoltà nell’interazione sociale. Soprattutto, la forbice è meritevole d’attenzione per gli «agìti autolesivi»: mentre questo problema è evidenziato solo dallo 0,61% degli studenti italiani, l’incidenza sale al 4,08% tra quelli di origine straniera.

Le difficoltà degli adulti

Ma non ci sono solo gli adolescenti, tra gli utenti del servizio: nell’ultimo anno scolastico lo sportello ha intercettato anche 554 adulti, dagli insegnanti ai genitori, «coinvolti per accesso spontaneo o per ingaggio da parte dello psicologo»: motivazioni principali la difficoltà di relazione con i figli (26,96% dei casi) o la segnalazione di studenti con situazioni critiche (31,37% dei casi).

«Psicologo a scuola, no ai tabù»

Nelle conclusioni dello studio emerge la traiettoria su cui lavorare: la direzione è quella di «affrontare le sfide legate al benessere degli studenti richiedendo un approccio sistemico, che coinvolga tutti gli attori chiave nel sistema educativo e sanitario. La collaborazione e la consapevolezza delle sfide sono fondamentali per creare un ambiente scolastico in cui gli studenti possano prosperare dal punto di vista accademico ed emotivo», scrive l’Ats.

Per Giuseppe Matozzo, direttore sociosanitario dell’Ats di Bergamo, «è fondamentale l’attività sul territorio, che si esplica anche attraverso l’interlocuzione con il mondo dell’istruzione, ove attraverso un progetto di rete strutturato e condiviso è possibile intercettare alcune problematiche, anche in fase precoce. Proprio per questo lo psicologo a scuola non deve essere visto come un tabù: al contrario, è una figura di grande rilevanza professionale e sociale, un alleato dell’adolescente nei rapporti con i pari, la famiglia e i contesti scolastici ed extra scolastici, oltre ad essere il trait-d’union tra tutte queste situazioni». Dall’Ats giunge l’auspicio di «un’adesione al progetto di ascolto psicologico da parte del maggior numero di Istituti possibile».

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