Sanità, 20 miliardi alla Lombardia: «Fondi insufficienti»

La ripartizione. Sindacati critici anche sulle risorse 2023 Magnone (Anaao): il sistema non regge. Amboni (Cgil): non si copre l’inflazione. Corna (Cisl): la spesa calerà ancora.

Anche per la sanità è il momento di fare i conti, sia per l’anno che si chiude sia per l’anno che verrà. Proprio ieri, infatti, la Conferenza Stato-Regioni ha trovato – dopo un lunghissimo e complicato dibattito – la convergenza sul riparto del Fondo sanitario nazionale 2022, cioè le risorse che alimentano il Servizio sanitario nazionale (sulla base della finanziaria dell’anno precedente. integrata con altri provvedimenti): una partita complessa, dove si sommano più voci, e che destina alla Lombardia più di 20 miliardi di euro.

In sintesi, per capitoli: dei 119,7 miliardi di «finanziamento indistinto», alla Lombardia vanno circa 20,3 miliardi; dei 503,92 milioni del «finanziamento premiale», alla Lombardia ne spettano 10; altre risorse – di più difficile quantificazione, al momento – giungeranno dalla quota spettante per il «finanziamento vincolato» (circa un miliardo a livello nazionale, dunque per la Lombardia si dovrebbe essere nell’ordine di diverse decine di milioni di euro). In più, sempre ieri, in Conferenza Stato-Regioni si sono sbloccate risorse per 1,6 miliardi di euro già messi a bilancio dal governo Draghi per dare «copertura dei maggiori costi sostenuti per il Covid e il caro energia»: alla Lombardia spettano circa 268 milioni di euro. La Conferenza ha poi definito anche i criteri per ripartire il Fondo del 2023, con un nuovo sistema di calcolo: il 98,5% delle risorse verrà distribuito in base alla popolazione, poi ci sarà uno 0,75% in base al tasso di mortalità degli under 75 e un altro 0,75% in base a indicatori socioeconomici.

Tetto per il personale

Poi, appunto, c’è l’altro fronte: quello del futuro, inciso nella legge di bilancio che vive in questi giorni il rush finale parlamentare. Su quest’ultimo tema, da parte del mondo dei sindacati il giudizio sul capitolo sanitario è stato freddo (eufemismo): per il 2023 i fondi sono stati aumentati di circa 2 miliardi a livello nazionale, ma in maniera «insufficiente rispetto al necessario». La gran parte delle sigle del mondo medico e sanitario, ad esempio, ha indetto una giornata di mobilitazione per lo scorso 15 dicembre. «Gli aumenti delle risorse sono insufficienti rispetto all’inflazione – è stato il commento di Stefano Magnone, segretario di Anaao-Assomed Lombardia, sindacato dei medici e dirigenti medici ospedalieri –. Di fatto poi la spesa scende anche in termini assoluti, se si guarda in proiezione al 2025: così, è difficile tenere in piedi il sistema. Il rischio è quello dell’implosione, perché oltre al problema delle risorse rimane anche quello degli specialisti che mancano, con la permanenza del tetto alle spese per il personale, introdotto nel 2010 e che oggi appare anacronistico». La strategia economica del governo punta tra l’altro sulla flat tax: argomento apparentemente lontano dalla sanità, potrebbe invece indurre una potenziale contrazione del personale nelle aree già più carenti: «Potrebbe incentivare la scelta di lavorare come liberi professionisti anziché come dipendenti, specie per chi lavora nei Pronto soccorso – ragiona Magnone –, dunque favorendo la scelta di diventare “gettonisti”. Alla base c’è però un problema di condizioni di lavoro, sempre più pesanti».

Aree critiche da agevolare

Orazio Amboni, responsabile Welfare della Cgil Bergamo, allarga il tema: «Se guardiamo alla situazione in cui si trovano in questi giorni i Pronto soccorso o la medicina di base, il contenuto della legge di bilancio pare davvero deludente. C’è certamente un aumento dei fondi stanziati, ma non copre l’inflazione prevista: una soluzione poco idonea ad arrestare la fuga di medici e infermieri. Preoccupano anche le dichiarazioni sull’autonomia differenziata, cioè sull’ampliamento delle distanze tra regione e regione nella qualità e quantità dei servizi sanitari offerti. Infine, un tema che apparentemente non ha nulla a che vedere con la salute, cioè condoni e riduzione della pressione fiscale per i ceti già benestanti: la conseguenza sarà una riduzione delle entrate e minori finanziamenti per i servizi di Welfare».

«A livello nazionale per la sanità sono previsti degli incrementi di 2,3 miliardi per il 2024 e 2,6 per il 2025 – aggiunge Francesco Corna, segretario generale della Cisl di Bergamo –, che però non coprono gli aumenti dovuti all’inflazione. In termini complessivi, se rapportiamo la spesa al Pil, non vediamo miglioramenti: la spesa sanitaria era al 6,4% del Pil nel 2019 e andrebbe invece al 6,1% nel 2025: vanno invece incrementati i fondi e agevolate le aree più critiche, a partire dai Pronto soccorso. Servirebbe un intervento più deciso per recuperare anni di tagli, anche se c’è da fare i conti con una situazione di finanza pubblica non semplice».

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