Sanità, nuovo tariffario per visite ed esami. Impatto in chiaroscuro

DAL 1° APRILE. Specialistica ambulatoriale, cambiano i rimborsi alle strutture. Taglio dell’8%. «Incentiva l’aumento delle prestazioni, ma manca personale».

A un primo sguardo, pare una complessa materia da addetti ai lavori della sanità. Ma le ricadute, al netto dei tecnicismi, potrebbero non essere proprio di poco conto. In breve: a lungo termine potrebbero esserci più difficoltà (e meno disponibilità) nell’erogare visite ed esami, dunque più disagi per i cittadini oltre che per i gestori. Potrebbero essere queste le conseguenze dell’introduzione del nuovo «nomenclatore tariffario per le prestazioni ambulatoriali specialistiche», in sostanza il nuovo «prezziario» che lo Stato – attraverso le Regioni – corrisponderà alle Aziende sanitarie (anche private accreditate) che erogano quelle prestazioni ai cittadini in regime di Servizio sanitario nazionale.

Cosa cambia

Si partirà – salvo novità dell’ultimissimo minuto, apparentemente improbabili – dal 1° aprile, sulla scorta di un lavoro preparatorio che dura da mesi e va ad aggiornare «tariffe» (cioè i rimborsi alle aziende sanitarie) ferme da anni. È l’effetto dei nuovi «Lea» («Livelli essenziali di assistenza»). In Lombardia mediamente queste tariffe si ridurranno di circa l’8%, perché la Regione ha messo a punto un tabellario meno penalizzante rispetto alle indicazioni nazionali, che arrivano invece al -30%. Intervistato da «L’Eco», l’assessore al Welfare Guido Bertolaso aveva spiegato che «la Regione si è spesa per ridurre l’impatto», e «in teoria gli ospedali con queste nuove tariffe dovrebbero puntare a garantire maggiori offerte di prestazione, quindi il cittadino dovrebbe averne vantaggi». Qualche esempio concreto: con il vecchio tariffario in Lombardia per una visita cardiologica di controllo ed elettrocardiogramma venivano riconosciuti alla struttura erogatrice (all’ospedale) in totale 29,50 euro, ora si scende a 17,90 euro; la gran parte delle visite specialistiche si attesterà ora sui 22 euro. Altra casistica: per un intervento alla cataratta, la vecchia tariffa (riconosciuta all’ospedale per l’intervento, mentre il cittadino paga il ticket da 36 euro) era di 938 euro e ora scende a 800 euro (-14,7%). Un risparmio per lo Stato e le Regioni, e dunque per i cittadini? All’apparenza sì, ma con il rischio di un cortocircuito. Il tema delle tariffe riguarda prevalentemente le aziende, perché il cittadino continuerà a pagare lo stesso ticket, salvo che per un gruppo residuale di prestazioni che potrebbero vedere ribassato il ticket di alcuni euro.

Con il vecchio tariffario in Lombardia per una visita cardiologica di controllo ed elettrocardiogramma venivano riconosciuti alla struttura erogatrice (all’ospedale) in totale 29,50 euro, ora si scende a 17,90 euro. Per un intervento alla cataratta, la vecchia tariffa era di 938 euro e ora scende a 800 euro.

Il rischio «cortocircuito»

Le strutture più penalizzate saranno quelle private accreditate, in particolare le no profit. «Secondo le nostre stime, il nuovo tariffario avrà un impatto del 9% sulle nostre attività – spiegano dalla direzione strategica della Casa di Cura Palazzolo –. Gli impatti maggiori riguardano gli esami di laboratorio, la Radiologia, ma anche, a seconda dei volumi di attività, la Chirurgia generale, l’Oculistica e l’Ortopedia». Se diminuiscono le tariffe, cioè quanto viene riconosciuto per ogni prestazione, le strutture saranno chiamate a eseguire maggiori volumi di prestazioni (più esami, più visite) per raggiungere gli stessi «budget» di prima. In linea teorica questo potrebbe portare a una positiva riduzione delle liste d’attesa, ma il meccanismo rischia di incepparsi su un nodo storico. «Il problema – proseguono dalla direzione della Casa di Cura Palazzolo – è che non è così facile trovare personale medico per poter aumentare il numero delle prestazioni, sia a causa della carenza generale di professionisti sia perché con meno entrate le aziende faticheranno a essere attrattive. Tra l’altro le realtà no profit vedranno ridursi quei margini che utilizzavano per sostenere attività, più di natura sociale, che economicamente non rendono. Questo scenario renderà difficile mantenere la competitività, perché con meno marginalità è complesso investire».

Dialogo e richieste

Venerdì una delegazione dell’Aris – Associazione che riunisce a livello nazionale istituti sanitari gestiti da enti religiosi – ha incontrato il ministro della Salute Orazio Schillaci per un confronto sul tema. Difficile un correttivo-lampo, gli impatti maggiori si vedranno comunque dal 2025: per tutti gli esami e interventi prescritti entro il 31 marzo e prenotati sino a fine 2024 rimane infatti valido il vecchio tariffario, perché quello nuovo riguarderà solo quanto prescritto dal 1° aprile.

Se diminuiscono le tariffe, cioè quanto viene riconosciuto per ogni prestazione, le strutture saranno chiamate a eseguire maggiori volumi di prestazioni (più esami, più visite) per raggiungere gli stessi «budget» di prima.

Per Barbara Cittadini, presidente nazionale dell’Aiop, l’Associazione italiana dell’ospedalità privata, «le nuove tariffe non sono remunerative dei costi sostenuti dalle strutture e rischiano di compromettere la tenuta dell’intero Servizio sanitario nazionale. È una situazione che avrà degli effetti sia sugli ospedali di diritto privato che su quelli di diritto pubblico, aggravandone i Bilanci già precari. Il rimborso di 22 euro per le visite specialistiche, ad esempio, è assolutamente inadeguato perché metterà le strutture nella condizione di dover lavorare in perdita, con evidenti conseguenze in termini di sostenibilità. Il nuovo tariffario non tiene in considerazione la struttura dei costi e la spinta inflattiva. In questo contesto, era auspicabile un aumento delle tariffe. L’auspicio è che il governo proceda a un’analisi puntuale dell’applicazione di queste tariffe e delle relative conseguenze per il sistema». «L’introduzione del nuovo tariffario nazionale – è il commento di Michele Nicchio, neopresidente regionale dell’Aiop Lombardia – ha complicato le cose, ma la Lombardia, grazie all’autonomia gestionale, è riuscita a limitare e calmierare gli effetti negativi».

Ricadute sul pubblico?

Se il privato andrà in difficoltà, ecco che le ricadute peserebbero sul pubblico: «Con i tagli ai rimborsi – ragiona Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo – alcune prestazioni potrebbero non essere più remunerative, quindi il privato potrebbe “allontanarsi” e l’onere rimarrebbe così a carico delle aziende pubbliche, qualcosa che purtroppo già avviene e che potrebbe aggravarsi: se i privati rinunciano ad alcune prestazioni e il pubblico non è in grado di soddisfare la richiesta, il sistema va ancora più in difficoltà. «Il coinvolgimento del privato– conclude – deve rientrare dentro una programmazione, stabilire tariffe così basse non aiuta. Un altro rischio in questo passaggio delicato è che si creino problemi informatici legati ai nuovi codici che definiscono le prestazioni ambulatoriali».

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