Scalo merci, liberate le aree per i cantieri Fs. Stallo su Cortenuova

STAZIONE. I 20mila metri quadri servono per le opere ferroviarie: dal raddoppio al collegamento per Orio. Gandolfi: sul nuovo polo stiamo aspettando il ministero.

L’ultimo treno cargo è partito il 4 settembre scorso. In questo mese e mezzo i quasi 20mila metri quadri dello scalo merci sono stati liberati e riconsegnati a Rfi. Saranno le Ferrovie, proprietarie dell’area, a dover ora allestire qui il maxi cantiere per i lavori previsti dal Piano regolatore generale ferroviario per la stazione di Bergamo. Una serie di interventi sui binari, e non solo, che vanno dal raddoppio della Bergamo-Curno al collegamento con l’aeroporto fino alla nuova stazione europea a «ponte».

I cantieri

«I cantieri partiranno a inizio 2024», conferma l’assessore alla Riqualificazione urbana Francesco Valesini. I tempi da qui a gennaio-febbraio sono quindi necessari per allestire l’area. «Noi abbiamo già smantellato tutto – spiega Andrea Callioni, amministratore unico di Cisaf, una delle attività che operava sullo scalo merci di Bergamo da 50 anni –. Abbiamo portato via le attrezzature per il lavoro (container, muletti, semirimorchi) e smontato gli impianti, antincendio e di videosorveglianza. È stata fatta la riconsegna formale a Rfi, proprietaria dell’area». Dove al momento, però, non si muove foglia. Gli operatori fanno notare «la fretta di smantellare lo scalo merci che ricadeva su 18mila metri quadri di un’area estesa complessivamente 200mila metri quadri. Il cantiere si poteva benissimo montare su una porzione degli altri 180mila». L’assessore Valesini spiega però che un cantiere di quella portata richiede tempi tecnici adeguati, considerato che «la riorganizzazione di tutta la rete ferroviaria parte proprio dall’imbocco dello scalo. Era quindi necessario liberare quelle aree con anticipo». In attesa che Sistemi urbani e Rfi si mettano all’opera - ieri non è stato possibile contattarli per avere aggiornamenti - il 2026 resta comunque come «dead line», visto che 62 milioni arrivano dal Pnrr. E sullo sfondo resta pressante anche la questione di un territorio rimasto senza uno scalo merci.

Cortenuova all’orizzonte?

«La situazione è disastrosa – fa notare Callioni –. Su Brescia è impossibile lavorare, abbiamo spostato quello che resta su Milano, ma in questo mese e mezzo sono stati più i treni saltati di quelli partiti. Stiamo cercando di ricollocare i nostri dodici dipendenti, ma per il settore trasporto in generale non è un gran periodo. Resta il grande rammarico di non essere riusciti ad andare avanti a Bergamo e di non aver trovato un’alternativa in tempi ragionevoli». Saltata l’ipotesi di Rovato, ritenuta impraticabile, la più praticabile resta quella di Cortenuova: «Ma non ne sappiamo niente», dice Callioni. Il progetto - della società Cfs (partecipata al 60% da Medlog, operatore logistico specializzato nel trasporto multimodale del colosso Msc e al 40% dal Gruppo Vitali, sviluppatore immobiliare) - è sul tavolo del ministero delle Infrastrutture, che ne sta valutato la portata nazionale. Lo stesso viceministro Edoardo Rixi aveva assicurato l’impegno per accelerare l’iter. «Noi stiamo aspettando che ministero e Rfi ci facciano sapere se lo scalo merci di Cortenuova è ritenuto strategico o meno sul piano nazionale», commenta il presidente della Provincia Pasquale Gandolfi. Qualche settimana fa erano arrivate rassicurazioni che a breve sarebbero giunte novità. «Ci hanno chiamato per dirci che a stretto giro avrebbero consegnato a Provincia e Comune un documento specifico, ma al momento non abbiamo ancora ricevuto niente», fa notare Gandolfi, che richiama gli operatori: «Se vogliono aggiornamenti si rivolgano alle istituzioni, non ai media». L’infrastruttura da realizzare a Cortenuova (un vero e proprio polo intermodale) non è di poco conto: si tratta di un investimento privato di 300 milioni di euro, con una parte pubblica da 60 milioni, su un’area di 350mila metri quadrati, di fianco al supermercato Md e all’ex centro commerciale Acciaierie. Un’area agricola, anche se il vecchio Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale) prevedeva possibili insediamenti logistici e industriali.

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