Sclerosi multipla, la malattia invisibile e il coraggio di reagire e di sperare

La storia di Daniela Mazzoleni. I segnali difficili da cogliere, poi la diagnosi. «Ogni piccola conquista può dare forza»

Una malattia invisibile è come una nuvola: sfugge a qualsiasi tentativo di definirne in modo preciso l’aspetto, la forma e la consistenza. Daniela Mazzoleni ha provato a lungo la sensazione di essere avvolta da una spessa nebbia, in una condizione di precarietà e di disagio che gli altri non comprendevano. Si è sentita quasi una «malata immaginaria», finché, dopo tanti tentativi, visite, esami, è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla. È iniziato così un percorso difficile per accettare la sua situazione e seguire una strada personale per reagire.

Daniela ha trovato un grande sostegno nell’associazione Aism (Associazione italiana sclerosi multipla, www.aism.it , [email protected]) ed è riuscita col tempo a far emergere una forza che non pensava di avere. La sua tenacia e la sua voglia di vivere si esprimono anche attraverso piccoli gesti: «Mi basta - racconta - prendermi cura di me stessa, poter indossare di nuovo le scarpe col tacco. Ho scoperto che ogni piccola conquista può dare coraggio».

Daniela aveva sintomi sfumati, che non riusciva a spiegare: «All’inizio si trattava di vaghi malesseri, giramenti di testa, vertigini. Soffro da tempo di ipertensione, credevo dipendessero da questo. A volte non riuscivo neppure a stare in piedi, ma davo la colpa all’ansia e allo stress. Mi è accaduto in un periodo difficile della mia vita, stavo attraversando una crisi e un passaggio dal punto di vista sentimentale e familiare».

Aveva affrontato una separazione e da Bergamo si era trasferita a Sotto il Monte, trovandosi in un ambiente completamente nuovo. «Avvertivo spesso dolori a una gamba, ma pensavo si trattasse di un’infiammazione. Ho aspettato, sperando che passasse. Mi ha insospettito la lunga durata di questo disturbo, ma cercavo di dissimularlo, di non parlarne, temendo di essere fraintesa e magari di dare troppo peso a sintomi non gravi». In quel periodo stava cercando lavoro: «Nel 2017 sono stata assunta in un supermercato. Restavo a lungo in piedi e un giorno ho percepito un vero e proprio blocco dei movimenti di una gamba: sapevo che poteva accadere nel caso, per esempio, di un’ernia inguinale, ho cercato conferme andando dal medico, ma senza trovare nulla. Poi mi è passato ma non mi sentivo mai del tutto in forma». Dopo qualche mese la situazione è peggiorata: «Avevo strane sensazioni di disorientamento, perdevo l’equilibrio, camminando non riuscivo a procedere in linea retta». Daniela si è rivolta al suo medico di base: «Sapeva che ero molto impegnata e affaticata, mi ha dato un farmaco per le vertigini e mi ha consigliato di riposare di più».

Nel cuore di Daniela si era già fatto strada il sospetto che potesse trattarsi di una patologia più seria, che coinvolgeva il sistema nervoso, anche se conoscendo la sua predisposizione all’ansia lei per prima non si fidava delle sue percezioni. I sintomi però peggioravano, finché un giorno ha deciso di rivolgersi al Pronto soccorso. «La prima volta - spiega - mi hanno somministrato un calmante, pensando che fossi in preda a una crisi di panico. Il medico di base a quel punto, considerata anche l’ipertensione, mi ha consigliato una visita cardiologica. Lo specialista, però, quando mi ha visto, si è stupito per la mia andatura incerta, si è accorto che parlavo lentamente, come se avessi la lingua impastata, e mi ha raccomandato una visita neurologica urgente».

Gli ultimi esami e la risposta

Così Daniela è arrivata all’ospedale Papa Giovanni XXIII, dove un neurologo ha notato i suoi disturbi di movimento e di linguaggio e le ha consigliato una risonanza magnetica: «Sono rimasta molto stupita, - ricorda - perché l’esito dell’esame è stato caricato sul fascicolo elettronico poco dopo averlo eseguito, nel giro di mezz’ora. C’era scritto malattia demielinizzante, e io non avevo idea di che cosa fosse. Ho temuto che potesse trattarsi di un tumore al cervello. Ero disperata, ho mandato subito una mail al neurologo e al medico di base. Entrambi hanno cercato di rassicurarmi, spiegandomi che prima di essere certi della diagnosi avrei dovuto eseguire un altro esame, la “rachicentesi” per analizzare la composizione del liquido cerebrospinale».

In quell’occasione Daniela è entrata finalmente in contatto con il Centro Sclerosi Multipla dell’ospedale, dove è arrivata la diagnosi. «Non sono andata da sola a ritirare l’esito delle analisi, mi accompagnava Roberto, il maggiore dei miei figli, che oggi ha 32 anni. Gli altri due, Manuel che oggi ne ha 28 ed Eleonora, 14, mi sono comunque stati sempre molto vicini. All’inizio non sapevo cosa fosse questa patologia, e mi sono sentita smarrita. Avevo molta paura e non sapevo come affrontare la situazione. Ho cercato di documentarmi e ho scoperto che normalmente la sclerosi multipla si manifesta in età giovanile. Io l’ho scoperta sulla soglia dei 50 anni, ma secondo gli specialisti del Centro ce l’avevo già da molto tempo. È una patologia subdola, i medici mi hanno spiegato che si manifesta in modo diverso per ogni paziente, e l’evoluzione non si può prevedere con certezza. Rileggendo la mia storia personale con attenzione poi mi sono accorta che probabilmente in passato avevo trascurato i primi segnali».

La malattia le sembrava come un vestito troppo stretto per lei, che le toglieva il respiro. «Ho sperimentato tre diverse terapie, ma ho dovuto sospenderle, perché mi causavano troppi effetti collaterali. Nel frattempo continuavo a soffrire di dolori intensi alla gamba, faticavo a camminare, e dopo un nuovo percorso diagnostico ho scoperto di dover affrontare un intervento all’anca. È stato quasi un sollievo, perché temevo che anche questa situazione, che ormai durava da diversi anni, fosse dovuta alla sclerosi multipla, e non riuscivo a darmi pace. I medici considerando la mia situazione generale, abbastanza stabile dal punto di vista delle lesioni provocate dalla patologia, hanno deciso di sospendere i farmaci, perché potessi mettere la protesi e risolvere così almeno parte dei miei problemi».

L’ultimo anno è stato particolarmente impegnativo per Daniela, che ha dovuto attingere a tutte le sue riserve di energia per affrontare le tempeste a cui la vita l’ha messa di fronte, come una barca a vela solitaria in lotta con un vento contrario: «I miei genitori sono morti a pochi mesi di distanza, il primo è stato mio padre, per arresto cardiocircolatorio. Mia madre da anni faceva i conti con la malattia di Parkinson, che si è presentata in modo particolarmente aggressivo. Dopo questi lutti ho sofferto di una profonda depressione, vedevo tutto nero, non trovavo la strada per riemergere». Dopo mesi difficili ha trovato il coraggio di chiedere aiuto: «Mi ha offerto un sostegno prezioso la psicologa dell’Aism, Roberta Signorelli».

Daniela si è iscritta all’associazione quasi subito, dopo aver notato un cartello all’ospedale che parlava delle sue diverse attività: «Ho compreso subito l’importanza di mettermi in contatto con altre persone come me, in modo da avere qualcuno con cui potermi confrontare. Mi sono resa conto che solo loro potevano capirmi davvero, perché i sintomi della sclerosi multipla sono spesso indefiniti, sottostimati, incompresi. A me sembra di impazzire a volte: un giorno ci vedo bene, il giorno dopo è tutto fuori fuoco. A volte dimentico i nomi e le strade, mi confondo facilmente. Mi capita di stancarmi moltissimo svolgendo semplici faccende casalinghe: dopo aver passato l’aspirapolvere devo sedermi per riprendere fiato».

Accettare la fragilità

L’uomo, scrive Michel Foucault, «è la più infelice e la più fragile di tutte le creature, e nello stesso tempo la più orgogliosa». Anche per Daniela è stato difficile accettare una condizione di vulnerabilità: «Ho cresciuto tre figli affrontando tante difficoltà, sono sempre stata una donna indipendente, eppure adesso a volte mi ritrovo senza forze, mi sento indifesa. Col tempo ho imparato a reagire e a trovare piccole contromisure, come indossare qualcosa che mi piace, mettere un filo di trucco, prendermi cura di me stessa come posso. Per me anche questi sono piccoli segni di speranza». Spiragli di luce che entrano nelle crepe che la malattia e il dolore hanno aperto nella sua vita.

Ora sogna di poter tornare alle sue passioni come le passeggiate all’aria aperta: «Ho sempre amato stare a contatto con la natura, e la montagna mi ha sempre offerto un invincibile senso di libertà. Nel periodo della pandemia riuscivo a reagire all’inquietudine restando fuori casa, prendendomi cura del giardino o ascoltando musica».

La sclerosi multipla è un fantasma ingombrante, non sempre si manifesta apertamente, eppure c’è: «Non ne parlo volentieri, non mi piace vedere sguardi di compatimento nelle persone. La gente ha paura di ciò che non conosce e non può facilmente catalogare. Mi farebbe piacere che ci fossero più sensibilità e una maggiore capacità d’ascolto nei confronti delle persone che soffrono di patologie “invisibili” come la sclerosi multipla. Anche per questo ritengo sia fondamentale l’attività di associazioni come l’Aism. In fondo basterebbe poco, un po’ più di rispetto e gentilezza nei confronti di tutti, evitare di giudicare gli altri senza sapere in quale situazione si trovino. Mi rendo conto, ovviamente, di quanto sia difficile».

«Non consultarti con le tue paure - scrive San Giovanni XXIII, molto caro a Daniela - ma con le tue speranze e i tuoi sogni. Non preoccupatevi per ciò che avete provato e fallito, ma di ciò che vi è ancora possibile fare». Allo stesso modo Daniela sta imparando ad apprezzare il presente, le persone che ha accanto: «Ho scoperto che si può vivere bene anche senza fare programmi. Ci saranno sicuramente periodi migliori e più felici. Vivo proprio pensando a questo: la speranza è la compagnia migliore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA