Terremoto in Marocco, il racconto dei bergamaschi: «Quanta paura, impressionante il boato»

LE TESTIMONIANZE. «La scossa è stata improvvisa, eravamo terrorizzati ma abbiamo cercato di mantenere la lucidità».

Un boato. La terra che inizia a tremare e creparsi. Le grida delle persone. La gente che fugge. Alcuni vengono calpestati. E poi c’è la polvere, che si alza dalle strutture che si sgretolano. Così «è iniziato il delirio». Il suono costante delle ambulanze. Il racconto dei bergamaschi che, nella serata tra venerdì e ieri, si trovavano in Marocco quasi si sovrappone: 12 ore dopo la violenta scossa, la sensazione che hanno provato in quei momenti che «sembravano interminabili» è nitida.

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Parlano di un’esperienza «terribile», di «tanta paura», del desiderio di «tornare a casa». Ma in quei momenti, i bergamaschi sono anche riusciti a mantenere la lucidità di non riversarsi in mezzo alla folla, di tenere i familiari in punti sicuri, di incoraggiare gli altri. La notte è passata nelle aree esterne degli alberghi dove erano ospiti.

La scossa improvvisa

Non c’è stata nessuna avvisaglia prima della scossa. Katrin Bertocchi, a Marrakech per un evento aziendale della Vorwerk, si trovava in piazza con alcune colleghe. Era davanti a una bancarella, e parlava al telefono con la figlia di 13 anni. «Ho sentito un boato, impressionante. E la terra che iniziava a tremarmi sotto i piedi. Difficilmente riuscirò a dimenticarlo». Ricorda di aver «perso la cognizione del tempo», e dopo la scossa «abbiamo cercato di capire cosa fosse successo». Intorno, c’era il «delirio». Con le colleghe è riuscita a tornare in albergo, che aveva «crepe evidenti», mentre gli ospiti erano già stati fatti evacuare.

La notte è passata «accampati nella zona della piscina», dove sono state portate coperte e cuscini dalle stanze al piano terra. «Un’esperienza terribile, con tanta paura», aggiunge. Allo stesso evento aziendale, Elisabetta Birolini. Anche lei era in piazza. Quando ha sentito il forte rumore ha inizialmente pensato «a una bomba», poi la sensazione che la terra si aprisse: «Non si capiva cosa stesse succedendo». Poco dopo, le grida, la folla che scappava, e «la gente che cadeva e veniva calpestata». La paura è stata tanta, e subito il pensiero: «Voglio tornare a casa mia». Quando è riuscita ad arrivare in un luogo sicuro si è tranquillizzata e subito «ho cercato di incoraggiare gli altri». Con Birolini c’era anche la milanese Claudia Bordogna. Parla del terrore provato, e di come le colleghe bergamasche «mi hanno aiutata, perché ero nel panico».

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Mentre il bar, dove poco prima dell’evento volevano andare per fare una foto ricordo dalla terrazza panoramica, è «imploso». Il gruppo, che conta 1.700 persone da tutto il mondo di cui 600 italiani, è arrivato proprio venerdì in Marocco per un viaggio premio. L’azienda, hanno confermato tutte, «è in contatto con la Farnesina», e loro sono costantemente aggiornate. Oggi è previsto il volo di rientro. Comunque, hanno assicurato, si trovano tutti «al sicuro».

La zona sicura

A circa 200 chilometri, esattamente ad Agadir, si trova Emilio Rota con moglie e figlia. Il loro volo è previsto per lunedì. Al momento della scossa, erano a un festival di musica. «Abbiamo sentito la terra muoversi, subito hanno fermato il festival». Per evitare qualsiasi rischio, ha portato moglie e figlia nella zona «dietro la cinepresa, le ho detto di stare calme, che si trattava di un terremoto, e noi eravamo all’aperto dove bisogna stare in questi casi». La scossa «è stata intensa. Tornati in albergo, inizialmente ci si è accampati all’esterno, ma già verso le cinque del mattino è arrivata la comunicazione: si può rientrare in stanza».

In Marocco, anche tanti familiari dei membri dell’associazione Musulmani di Bergamo. Nel Paese d’origine, ha spiegato il referente Jamal Ouchikh, ci sono ancora circa 20 famiglie residenti in Bergamasca. Tra loro, Hasna Baali, che si trova a Tazarine. «Abbiamo sentito la scossa e siamo usciti all’aperto», dice rilevando che nella sua città nessuno è rimasto ferito. Il suo rientro sarà giovedì 14, e non ha intenzione di anticiparlo. Come gli altri connazionali dell’associazione. Fortunatamente «stanno tutti bene», nonostante sia stata «una scossa importante», ha assicurato Ouchikh. L’associazione vuole ora «fare qualcosa per loro, come una raccolta fondi». Ora, si attende il rientro dei bergamaschi, di origine e d’adozione. Tutti, difficilmente, dimenticheranno questa drammatica esperienza.

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