Traffico illegale di cuccioli di cane: arrestata una famiglia, sigilli a un’azienda agricola

L’indagine. La polizia stradale ha indagato marito, moglie, figlia e genero: i cani arrivavano dall’Est Europa ma venivano venduti come nati in Italia. Oltre 60 le querele raccolte di famiglie che vedevano morire il cucciolo dopo pochi giorni. Salvati e affidati ad Ats 57 esemplari.

«Il cane deve essere messo in braccio al bambino così si affeziona e lo compra di sicuro». Basta questa frase intercettata dalla Polizia Stradale per far capire il livello di cinismo della banda che importava piccolissimi cuccioli dall’Est Europa alla Bergamasca per poi rivenderli ad un prezzo molto più alto di quello che avevano sborsato.

Nell’ambito del fenomeno della repressione delle frodi in commercio e traffico di animali, la Polizia di Stato ha portato alla luce un traffico illecito scoperto nel 2020 e monitorato dall’organo inquirente per diversi mesi, anche durante la pandemia, traffico che durava da diversi anni e si articolava su due binari: da un lato, alcuni cuccioli acquisiti da conoscenti, altri invece nati da fattrici di proprietà dell’azienda agricola che venivano venduti come cani di razza e forniti di libretti sanitari «autocompilati» e a loro dire in regola con la microchippatura e le vaccinazioni.

I cuccioli venivano importati piccolissimi dall’Est Europa, spesso anche malati. In Bergamasca venivano spacciati per italiani e rivenduti a prezzi altissimi

Dall’altro lato, cuccioli di cani di razza che, secondo quanto accertato dalla Squadra di Polizia Giudiziaria orobica, partivano dall’Ungheria, dove ci sono intere zone dedite all’allevamento intensivo di cani, per poi essere rivenduti come cani nati nell’azienda bergamasca. Il trafficante strappava i cuccioli dalle loro madri prima ancora che la loro età consentisse la commercializzazione, anticipandone lo svezzamento e senza vaccinazioni che per legge europea avvengono dopo i tre mesi.

Ogni cane veniva pagato una cifra irrisoria, per poi essere rivenduto fra i 1.500 e i 4.500 euro a seconda della razza. I cuccioli venivano venduti giovanissimi proprio per l’aspetto tenero che li caratterizza nel primo mese di vita e, benché importati dall’estero, spacciati come cani nati e cresciuti in casa ovvero in Italia. Il tutto avveniva in un comune della provincia di Bergamo, presso un’azienda agricola di Trescore, al confine con Zandobbio, di proprietà di una coppia che operava unitamente alla loro figlia e al compagno di quest’ultima. Qui i cuccioli venivano accolti nella struttura, gestiti giusto un paio di giorni e subito rivenduti.

Molti cuccioli provenivano dall’est Europa ed erano spesso affetti da malattie (quali la parvovillosi o la giardia) o con vermi nelle feci, tanto che in numerose occasioni gli animali nell’arco di pochi giorni morivano o dovevano essere sottoposti a cure veterinarie costose con oneri a carico dell’acquirente

Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Bergamo e coordinate dal pm Silvia Marchina hanno fatto emergere l’associazione a delinquere creata al fine di commettere i delitti di truffa e frode nel commercio per ciò che riguarda la compravendita di cuccioli. Il tutto avveniva dapprima tramite le inserzioni online sui classici siti di inserzioni di vendita tra privati, quindi durante le trattative telefoniche ed infine di persona: l’inganno riguardava l’originalità della razza, lo stato di salute del cucciolo (in particolare in ordine alle vaccinazioni e alle sverminazioni garantite come effettuate) e l’inoculazione del microchip di fatto mai effettuata.

Molti cuccioli provenivano dall’est Europa ed erano spesso affetti da malattie (quali la parvovillosi o la giardia) o con vermi nelle feci, tanto che in numerose occasioni gli animali nell’arco di pochi giorni morivano o dovevano essere sottoposti a cure veterinarie costose con oneri a carico dell’acquirente. In moltissimi casi, adducendo scuse disparate, non venivano consegnati i libretti vaccinali o venivano consegnati libretti con tagliandi privi della firma del veterinario.

Il pagamento dei cuccioli avveniva mediante denaro contante e senza fattura. La Polizia Giudiziaria della Polizia Stradale di Bergamo, nel corso dell’indagine, ha raccolto più di 60 querele di famiglie a cui è stato consegnato un cane malato o addirittura che moriva dopo pochi giorni.

Grazie anche alla sinergia con il Dipartimento Veterinario dell’Ats di Bergamo, l’indagine si è conclusa con gli arresti dell’intero nucleo familiare ed in particolare la custodia cautelare in carcere per l’uomo titolare dell’azienda agricola e gli arresti domiciliari per i rimanenti componenti.
Inoltre è stata sottoposta a sequestro l’intera azienda agricola e 57 cuccioli sono stati affidati alle cure dei veterinari dell’Ats.

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