Un chilo e 430 grammi in due: «I nostri gemellini, che dono»

La Giornata internazionale dei prematuri. Nicole e Gabriele Colleoni, di Terno d’Isola, oggi hanno 4 anni. Cinque mesi in Terapia intensiva neonatale. I genitori: fondamentale fidarsi.

Leggeri come una piuma, tanto piccoli da stare in una mano. La loro vita appesa a un filo per lunghi mesi, mille domande e paure. La storia di Nicole e Gabriele è la storia di tanti bambini nati in fretta, troppo presto, d’urgenza. Prematuri. Oggi hanno quattro anni e riempiono le loro giornate di sorrisi, fiumi di parole e tanta musica, lui nel salotto di casa a Terno d’Isola suona la pianola e canta, lei canta e balla e si godono la loro complicità speciale, tipica dei gemelli. «Pensare che ci chiedevamo se avrebbero mai parlato, sentito, giocato» dicono commossi Giorgia Restaino, 40 anni professione amministratore di condomini e il marito Stefano Colleoni, elettricista 43enne. Raccontano la loro storia in occasione della Giornata internazionale della prematurità che si celebra il 17 novembre.

Era il 1° settembre 2018 quando si ritrovarono genitori per la prima volta in un vortice di emozioni e con un disperato bisogno di capire: «Era tutto un sondino, un tubicino, una puntura, avevamo mille domande e non abbiamo mai incontrato nessuno, nella Terapia intensiva neonatale, che ci abbia risposto di fretta o con scortesia. Ci siamo sentiti sempre completamente capiti: è per questo loro impegno e amore che ogni anno partecipiamo, orgogliosi di esserci, alle iniziative della Giornata mondiale della prematurità». Ci saranno anche il prossimo 17 novembre, insieme a tanti altri genitori e a medici e infermieri del Papa Giovanni XXIII che, turni permettendo, potranno essere presenti, al Circolino e al Seminarino in Città Alta dove sarà allestita una mostra fotografica e grazie anche a un concerto si potranno raccogliere fondi per acquistare nuove culle termiche per i reparti di Terapia intensiva neonatale del Papa Giovanni di Bergamo e dell’ospedale di Odessa, in Ucraina.

Il 1° settembre

La matassa dei ricordi, sempre nitidi e come potrebbe essere altrimenti, si riavvolge tra l’«ospedale dei bambini», a Bergamo, e il Niguarda di Milano. È il 1° settembre di quattro anni fa, dunque, quando i Colleoni diventano genitori. «Io mi trovavo ricoverata dal 19 agosto, in ostetricia avevano fatto tutto il possibile per bloccare il mio parto imminente – ricorda Giorgia –, ma probabilmente il mio corpo di 40 chili, con due gemelli dentro, non ce la faceva più». E alle 7,30 di quel primo giorno di settembre la portano in sala operatoria, i bimbi devono nascere, alla 25a settimana e quattro giorni. Quando Nicole vede la luce, alle 9,43, pesa 680 grammi «che con il calo fisiologico scendono a 520», racconta mamma Giorgia, mentre Gabriele due minuti più tardi inizia a farsi largo in questo mondo con i suoi 750 grammi di peso e i 29 centimetri di lunghezza, come la sorellina.

«Non mi sono subito reso conto della gravità della situazione – ricorda papà Stefano –, anche se, prima di portarli in sala operatoria per il parto, una dottoressa ci disse che al Papa Giovanni non c’era posto, la terapia intensiva era tutta piena e avrebbero dovuto trasferirli al Niguarda. Destinazione che in effetti Nicole raggiunge: parte per Milano alle 11 insieme al papà e alla dottoressa Cristiana Gilardi, mentre Gabriele è affidato alle cure della dottoressa Stefania Ferrari «che l’ha rianimato non so per quanto tempo – spiega Giorgia –. Quella sera abbiamo poi saputo che un bimbo purtroppo non ce l’aveva fatta e Gabriele ha potuto beneficiare della sua incubatrice. Non sapremo mai chi è, ma sappiamo che gli ha salvato la vita».

Inizia, per la famiglia Colleoni, il pellegrinaggio della speranza che li porta durante il giorno al Niguarda per stare con la piccola Nicole e la sera al Papa Giovanni con Gabriele, «anche se non sapevi mai fino all’ultimo se saresti potuto entrare: prima di tutto vengono i bambini e se per uno di loro arriva una crisi, un’emergenza, tutti i genitori vengono tenuti fuori, giustamente». Il 18 ottobre, un mese e mezzo abbondante dopo il parto, la sorellina può tornare a Bergamo e, dopo un solo giorno in terapia intensiva, viene portata in degenza «ma subito ritrasferita in Tin perché i parametri erano crollati» ricordano i suoi genitori. Viene intubata e ricomincia il vortice di domande e paura, «chiediamo un colloquio con la dottoressa Mangili (Giovanna, il primario della Patologia neonatale e Terapia intensiva neonatale, ndr), lei ci spiega tutto e, tanto per far capire la disponibilità dei medici, addirittura ci dà il suo numero di cellulare, per contattarla se avessimo avuto altri dubbi. Cinque mesi di terapia intensiva ti segnano: a volte non hai nemmeno la percezione di averli lì davanti a te, i tuoi figli – spiegano Giorgia e Stefano –, hai sempre il telefono a portata di mano perché una chiamata può arrivare da un momento all’altro. Tutto in terapia intensiva corre su un filo, sei in un reparto dove non puoi entrare con un anello o un braccialetto poiché ogni cosa che hai addosso potrebbe portare batteri, c’è un’estrema attenzione».

Percorso difficile

Tanto che si rischia di essere sopraffatti da un peso troppo grande. «Gabriele ha avuto tutto il percorso difficile che un bimbo prematuro può patire: perforazione intestinale, ha dovuto mettere un catetere venoso centrale che poi ha fatto infezione e ne ha dovuto metterne un altro, è stato quattro volte in sala operatoria, ha avuto un’emorragia cerebrale, la retinopatia, è diventato resistente agli antibiotici, la broncodisplasia e la plagiocefalia».

Dettagli che sembrano crudi da raccontare, «ma sono la storia di molti bambini prematuri – tengono a precisare i Colleoni –, costituiscono la battaglia quotidiana dei medici e degli operatori della Tin di cui bisogna assolutamente fidarsi e a cui occorre affidarsi: loro camminano con noi in questa esperienza». E, insieme alle infermiere, rubano un po’ di forza dai sorrisi infiniti del primo incontro di quelle mamme e quei papà coi loro piccoli, pelle a pelle per la marsupioterapia: «Era il 23 settembre quando abbiamo avuto il primo contatto pelle a pelle con Nicole e con Gabriele ci abbiamo provato il 17 ottobre ma era una desaturazione continua, non ce la faceva» ricordano i suoi genitori che non esitano a definirsi «fortunatissimi: abbiamo due bimbi che stanno bene e le varie problematiche che restano dalla prematurità, la grave miopia del bambino e l’iperreattività bronchiale della sorellina, le facciamo seguire da diversi specialisti, ma siamo sempre in contatto con il personale della Tin proprio perché persone davvero disponibili, umane e speciali. Ricordiamoci che sono nati di 25 settimane: il Signore ha ascoltato le nostre preghiere e medici ed infermieri hanno fatto tutto il possibile. Ma bisogna essere realisti e ricordare che non tutti i bambini ce la fanno: in questo percorso è fondamentale fidarsi della Tin e non perdere mai la speranza. Ci auguriamo che questo messaggio arrivi come una mano tesa a chi oggi vive questa situazione molto delicata».

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