Valverde, Locatelli condannato a 19 anni in appello per la morte di Viviana

Il processo. Un anno in più rispetto alla sentenza di primo grado. Il pm Paolo Mandurino aveva presentato appello: l’imputato, in carcere a Como, era in aula e si è scusato per il suo comportamento aggressivo tenuto a processo.

In primo grado era stato condannato a 18 anni (più tre di libertà vigilata): per i giudici della Corte d’assise Viviana Caglioni, 34 anni, di Valverde, morì cadendo sul pavimento di casa la notte del 30 marzo 2020 in conseguenza delle botte del fidanzato Christian Locatelli. Nella giornata di venerdì 23 settembre l’uomo, 43 anni, in carcere a Como, è stato condannato in appello a 19 anni per morte come conseguenza dei maltrattamenti. Presente in aula con i difensori Benedetta Donghi e Federica Bonacina del foro di Lecco, ha chiesto scusa per il suo comportamento nel processo di primo grado (aveva insultato anche il pm).

I giudici hanno deciso per un anno in più rispetto ai 21 anni e 4 mesi chiesti dal sostituto procuratore generale.La difesa aveva chiesto l’assoluzione o, in subordine, la riqualificazione del reato in omicidio preterintenzionale: «Leggeremo le motivazioni e Locatelli deciderà se impugnare la sentenza».

Il pm Paolo Mandurino aveva presentato appello confutando la tesi della Corte d’assise di Bergamo: quello commesso da Cristian Locatelli ai danni della convivente Viviana Caglioni, per il sostituto procuratore, fu un omicidio volontario pluriaggravato (con dolo eventuale) e non una morte in conseguenza dei maltrattamenti, come invece stabilito dai giudici di primo grado.

L’aggressione avvenne all’interno dell’abitazione la notte fra il 30 e il 31 marzo 2020, in pieno lockdown: la giovane morì in ospedale il 6 aprile. Movente: la gelosia di Locatelli. Viviana e il convivente litigarono: lei era ubriaca (1.97 g/l il suo tasso alcolemico) e, colpita dall’imputato, cadde riportando lesioni al capo rivelatesi fatali.

Approfondisci l'argomento sulla copia digitale

© RIPRODUZIONE RISERVATA