Mercanti di lana, la storia nelle lettere

RICOSTRUZIONI. Si inaugura sabato 18 novembre, all’Archivio di Stato di Bergamo, la mostra dedicata ai Bonduri di Gandino. Riordinato un ricchissimo fondo di registri contabili e 55mila epistole che raccontano i commerci tra ’600 e ’700.

Un ricchissimo fondo archivistico, che comprende oltre 55mila lettere e una gran quantità di registri contabili, documenta l’impressionante rete di rapporti commerciali stabilita tra il XVII e il XVIII secolo dalla famiglia Bonduri di Gandino: transitando soprattutto per le fiere di Bolzano, le loro stoffe venivano esportate un po’ ovunque nell’Europa centrale e orientale, facendo concorrenza alle «new draperies» di produzione inglese, olandese e francese.

Sabato 18 novembre alle 15.30 presso l’Archivio di Stato di Bergamo – in via Fratelli Bronzetti, 26 – si inaugurerà con un incontro aperto al pubblico la mostra documentaria «I Bonduri, produttori e mercanti di panni di lana tra ’600 e ’700. Un archivio tra carte di famiglia e di impresa»: interverranno la direttrice dell’istituto Lucia Citerio, Fabrizio Costantini a nome del Centro studi e ricerche Archivio Bergamasco e dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo, lo storico dei tessuti e della moda Gian Luca Bovenzi nonché l’archivista e paleografo Giovanni Luca Dilda.

Proprio Dilda ha svolto il lungo lavoro di riordinamento e inventariazione dell’archivio «Marc’Antonio Bonduri di Gandino (1624-1743)», portandolo a termine nell’anno in cui Bergamo è con Brescia Capitale italiana della Cultura: «Questo fondo - racconta lo studioso – era divenuto di proprietà dei conti Secco Suardo nel Settecento a seguito di un matrimonio con l’ultima erede Bonduri, Maria Maddalena. Nel 1995 è stato però acquistato dal ministero per i Beni culturali e da allora è custodito presso l’Archivio di Stato di Bergamo. Nelle numerosissime lettere del carteggio si riflette una mentalità “protocapitalista”: alle annotazioni di carattere propriamente commerciale si alternano formule di saluto, richieste e raccomandazioni rivolte a parenti e amici, considerazioni di vario ordine. La corrispondenza con clienti, mercanti, soci è accompagnata in molti casi da campioni di bottoni e di tessuti oppure da note spese per l’acquisto di velluti, lini, pellicce, “stringhe d’oro per un busto”, “ossi di balena”, “boccole di capelli”, “polvere di Cipro”, bulbi di tulipani, biscottini, uva passa. Nelle carte troviamo anche i nomi usati all’epoca per i colori con cui venivano tinte le stoffe: incarnadino, color d’aria, beretino (una sfumatura di grigio che, applicata a tessuti lucenti, ne aumentava l’eleganza)».

Il fondo è intitolato a Marcantonio Bonduri: fu lui ad avviare l’impresa laniera di famiglia?

«No, era stato il padre Lucrezio, probabilmente nei primi anni del Seicento, ad avviare a Gandino questa società di produzione e commercio di panni di lana. Lucrezio morì nel 1630, anno in cui la peste colpì duramente anche le Valli bergamasche. I fratelli-soci intrapresero poi percorsi diversi, finché l’azienda non divenne individuale, nel 1638, con Marcantonio. Dopo la morte di quest’ultimo, nel 1690, la ragione sociale (nella terminologia del tempo, la “ragione cantante”) si mantenne immutata, fino alla metà del secolo successivo. Dall’archivio apprendiamo quanto fosse estesa la trama di rapporti e di alleanze politico-commerciali che i Bonduri erano andati creando, in Italia e in Europa. Poi, nei documenti, troviamo pure dei rimandi a episodi curiosi».

Ce ne potrebbe portare qualche esempio?

«Uno è la “querela Mora”, riguardante una truffa orchestrata da un certo Giacomo Mora, impiegato del Dazio generale di Bergamo. Costui, nel 1652, aveva prodotto e diffuso dei “bolli falsi” da apporre sui panni di lana, che allora erano soggetti a un’imposta. Uno di questi bolli era casualmente finito sopra una “pezza di bavetta” prodotta dai Bonduri: rinvenuta la stoffa con il bollo falso, Mora impose loro, con una sorta di ricatto, di pagare 3 zecchini veneziani. I Bonduri pagarono, ma in seguito, accortisi dell’imbroglio, denunciarono pubblicamente questa “furbaria”. La vicenda si trascinò a lungo, poiché Mora, nel tentativo di levarsi dai guai, nel 1655 a sua volta accusò i Bonduri di contrabbando, per aver spedito della merce da Gandino a Bolzano “senza haver pagato datio”. Un altro documento, invece, concerne un’aggressione a mano armata di cui fu vittima Marcantonio Bonduri. Una sera, mentre stava tornando a casa, venne bloccato da tre compaesani, i fratelli Girardelli: questi gli spararono un paio di archibugiate, ferendolo».

Sappiamo il motivo dell’agguato?

«Verosimilmente, Marcantonio era entrato in competizione con loro per rilevare l’edificio di una tintoria. Dopo la sua denuncia alle autorità, i tre Girardelli fuggirono: l’“ufficio del maleficio” di Bergamo li condannò in contumacia al bando dai territori della Repubblica di Venezia».

Possiamo immaginare che all’inventariazione dell’«Archivio Bonduri» seguiranno nuove ricerche e pubblicazioni di carattere storico su questa e altre famiglie gandinesi?

«Per la verità, già nel 2005 era stato pubblicato dall’editrice Franco Angeli un bel volume di Geoffrey John Pizzorni intitolato “La ‘Marcantonio Bonduri’ di Gandino. Un’impresa laniera in controtendenza tra Sei e Settecento”. Indubbiamente, con il riordinamento del fondo si aprono nuovi, possibili filoni di ricerca: i cattolicissimi Bonduri, per esempio, avevano diversi corrispondenti e soci in affari ebrei, nel Mantovano e altrove. Ma pure altri aspetti meriterebbero di essere ulteriormente approfonditi: in generale, è incredibile la portata degli scambi commerciali che per lungo tempo collegarono Gandino, tramite il territorio bresciano, all’Austria e all’intera area germanica».

Dopo l’inaugurazione di sabato, la mostra «I Bonduri, produttori e mercanti di panni di lana tra ’600 e ’700. Un archivio tra carte di famiglia e di impresa» potrà essere visitata fino a martedì 12 dicembre nei normali orari di apertura dell’Archivio di Stato (il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 8.30 alle 14, il martedì e il giovedì dalle 8.30 alle 17; ulteriori informazioni nel sito asbergamo.cultura.gov.it).

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