La bellezza? L’unica vera ricchezza è essere diversi

C’è chi pensa che la bellezza stia nella perfezione dei tratti e delle forme del corpo. Benedetta De Luca sgombra il campo da luoghi comuni e stereotipi nel suo «Una vita da Sirenetta» (Sperling & Kupfer).

Costretta a spostarsi su una sedia a rotelle o sulle stampelle a causa di una rara malattia che lei chiama con leggerezza «un piccolo difetto di fabbrica», Benedetta è laureata in giurisprudenza, ha l’abilitazione di avvocato, si dedica alla difesa dei diritti dei disabili e alla «moda inclusiva».

Nel libro racconta la sua storia spiegando «come ha imparato a sentirsi bella con una coda di troppo». Fin da piccola si identificava con Ariel, la Sirenetta di Andersen, costretta a restare sott’ acqua e a osservare da lontano la vita che desiderava, finché, come lei, è riuscita a uscire dal guscio e a capire che «la bellezza sta nella nostra unicità». È come una seconda voce l’anoressia, un demone che impedisce di formulare pensieri chiari e allontana la realtà. Lo racconta Rosalinda Cannavò ne «Il riflesso di me» (Piemme).

Attrice nota con lo pseudonimo di Adua Del Vesco, costretta a dimagrire per realizzare il sogno di recitare, perché nel mondo dello spettacolo spesso bellezza coincide con magrezza, Rosalinda rievoca la sua discesa all’inferno e il suo difficile percorso di guarigione, finché riesce a «riappropriarsi di se stessa». Ha un brutto soprannome, infine, «Claudia Skiffer», la protagonista di «Bruttina a chi?» (Rizzoli), albo illustrato a tema di Antoine Dole e Magali Le Huche. I suoi compagni di scuola la prendono in giro. Lei, però, ha due armi formidabili: la fantasia e l’ironia, che la spingono a scoprire che non importa essere perfetti, «l’unica vera ricchezza, a questo mondo, è essere diversi».

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