
Il piacere di leggere / Bergamo Città
Lunedì 22 Settembre 2025
L’ascesa di una famiglia in un secolo di luci e ombre
LA RECENSIONE. Una grande (anche quantitativamente, per numero di protagonisti e comparse) saga familiare, che attraversa gran parte del Novecento, dal 1922 all’alba del 21 febbraio 2017.
Quando Ettore Manfredini, «nonostante fosse appena morto», ha «la netta sensazione di svegliarsi», e ripensa la sua vita. La storia di un’ascesa, o arrampicata sociale, da una povertà tipicamente contadina, nella prima parte del secolo, benissimo rievocata, allo status di capitalisti, padroni di mattatoi, allevamenti, ristorazione a basso costo fondata su panini alla carne, sul modello americano.
Tanto che Ettore può definirsi «il re incontrastato della carne». «L’immensa distrazione» (Einaudi, pagine 280, euro 19,50), ultimo romanzo di Marcello Fois, è la storia dei Manfredini, con al centro lui, artefice primo (anche cronologicamente) della scalata. Una storia che comincia in uno stanzone senza piastrelle né bagno, nelle campagne presso Settecani, nel Modenese, dove alloggia tutta la famiglia: il padre Vittorio, contadino mezzadro; la moglie Elda, stiratrice; i tre figli Armando, Tonio e, appunto, Ettore. Una povertà tale che la morte prematura di Armando, a dieci anni, nel 1928, è una gioia per il fratello Tonio, che può occupare, da solo, il giaciglio vicino al caminetto. E quando Ettore si reca, con la madre, dalla ricca donna Luigia Ferrari, che deve valutare se finanziare i suoi studi, indossa per la prima volta degli scarponi chiodati presi in prestito, la cui scomodità resterà, per lui, un ricordo indelebile. Fascismo e leggi razziali sono lo sconvolgimento che dà il via alle «fortune» del protagonista, che, adolescente, lavora dai Teglio, ebrei proprietari di un mattatoio. Il capofamiglia, Amos Teglio, nel ’37, scosso dalle continue pressioni e minacce delle camicie nere, decide di allontanarsi e fa firmare ad Ettore la cessione a lui, dell’azienda, e l’impegno a restituirla quando le acque si fossero calmate. Ma i Teglio finiscono in un lager, e la loro unica figlia superstite, Marida, andata in sposa proprio ad Ettore, lo scoprirà solo nel 1963, consultando, su un’enciclopedia, il lemma «Olocausto». È l’inizio dell’accumulo di ricchezze sempre più grandi, della rivincita sociale di un tipo d’uomo abilissimo a «mantenersi in mezzo al guado», in qualunque circostanza storica. Fino a quell’assurdo dormiveglia, quella zona intermedia tra vita e morte che segna la fine, per lui, dell’«immensa distrazione».
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