Maria Cristina Rodeschini: «Capitale della Cultura, così l’Italia imparerà a conoscerci»

Interviste allo specchio. Questa intervista è parte del progetto «Interviste allo specchio», condiviso con Il Giornale di Brescia e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bergamasco e uno bresciano, realizzate da giornalisti delle due testate. Di seguito trovate l’intervista al personaggio bergamasco. Per scoprire il contenuto dell’intervista all’omologo bresciano, invece, vi rinviamo a Il Giornale di Brescia: il link in fondo all’intervista.

È reduce da una trasferta negli States Maria Cristina Rodeschin i. La direttrice dell’Accademia Carrara non rinuncia a tessere rapporti internazionali nemmeno nell’anno in cui avrebbe buoni motivi per presidiare la pinacoteca. «Sono stata a Washington, alla National Gallery of Art, cui abbiamo prestato un’opera per la mostra di Carpaccio, e all’Art Institute di Chicago, dove c’è una splendida “Resurrezione” di Cecco del Caravaggio. Abbiamo attivato alcune collaborazioni, sul loro sito web comparirà un link per segnalare la nostra mostra di Cecco, sembra una piccola cosa ma non lo è».

Che percezione hanno della Carrara all’estero, nei musei che contano? Sanno della Capitale della Cultura ?

«La Carrara è nota. Tutti i musei importanti la tengono in grande considerazione per la qualità del suo patrimonio, che è molto ambito dalle grandi istituzioni. Penso a New York e a Boston,

solo per restare negli Stati Uniti. All’estero ci apprezzano, ci stimano; i prestiti e le collaborazioni sono testimonianza di una notevole apertura nei nostri confronti. Ho invece la sensazione che della Capitale non sappiano nulla».

A Bergamo la partenza è stata col botto. Grandi numeri. Se l’aspettava?

«Ha pagato il lavoro intenso fatto sin dallo scorso anno, almeno per quanto ci riguarda, combinato con la partecipazione all’evento inaugurale del Presidente della Repubblica e del ministro della Cultura e con le manifestazioni di forte impatto popolare che hanno lanciato la Capitale. Il pubblico ha finalmente preso coscienza dell’iniziativa, della quale non molti sapevano fino a poco tempo fa. In Carrara nei fine settimana viaggiamo intorno ai duemila visitatori e contiamo già mille gruppi prenotati. Tutto questo ci fa ben sperare».

Quali sono i punti di forza della rinnovata Accademia Carrara?

«La chiarezza del nuovo allestimento. Tutte le opere principali sono esposte, un percorso coerente e meno affollato del precedente, che migliorerà ulteriormente quando saranno finiti i lavori del collegamento esterno tra il primo e il secondo piano. Gli aggettivi più ricorrenti tra il pubblico per descrivere l’allestimento sono chiaro ed elegante. Anche l’attesa ha giocato a nostro favore, dopo i mesi di chiusura c’era la voglia di riscoprire il museo. Anche la mostra inaugurale ha giocato la sua parte, è molto attrattiva , e penso lo saranno anche i progetti espositivi futuri, dedicati alle opere conservate nei depositi».

C’è grande attesa anche per l’apertura dei giardini, in estate.

«Saranno un valore aggiunto importante per la Carrara. Giardini e caffetteria sono occasioni di pausa per i visitatori. La visione delle opere è meravigliosa ma necessita di momenti di sosta per essere goduta al meglio. Chi frequenta i musei sa che gli spazi all’aperto sono fondamentali, in Italia in particolare».

Cosa pensa resterà di Capitale della Cultura 2023?

«Ho sempre pensato che se di questa esperienza non resterà qualcosa in città e sul territorio, allora avremo mancato l’obiettivo. Certo saremo più conosciuti e avremo un ritorno in termini di visibilità che prima non avevamo, nonostante le tante bellezze del capoluogo e del suo territorio. La mostra sulla pittura dell’Ottocento che esplora la montagna bergamasca e la campagna fotografica di Naoki Ishikawa sulle Orobie hanno proprio questo significato: legare le bellezze naturali del territorio alla città. Se quest’anno lavoriamo bene, e l’inizio è molto positivo, l’Italia ci conoscerà di più, e vedremo i frutti anche il prossimo anno, come è avvenuto a Milano con l’Expo».

Parliamo del rapporto con Brescia. Per la Carrara ha origini lontane ma come è cambiato in vista del 2023?

«La relazione è sempre esistita, ma questo desiderio di collaborazione si è rafforzato. Ci aggiorniamo su tutte le iniziative e cerchiamo di condividere ogni cosa a livello di comunicazione . I progetti congiunti sono moltiplicatori dell’informazione. Questo è uno degli aspetti che resterà».

Eppure le due mostre d’apertura, Cecco per Bergamo e Ceruti per Brescia, denotano scelte diverse.

«Diverse ma anche molto collegate . Cecco ha come motivo di ispirazione un pittore bresciano, Savoldo, e l’approdo è Baschenis. In questa forbice abbiamo trovato un motivo di fortissima identità ma anche di legame con Brescia, a cui abbiamo prestato il nostro magnifico Ceruti. E i curatori della mostra bresciana hanno spaziato nel mondo intorno a Ceruti, con una bella sezione dedicata al bergamasco Fra’ Galgario. La collaborazione più stringente sarà il progetto estivo , nel quale indagheremo entrambi la montagna. E i punti in comune non mancheranno».

Leggi qui l’intervista a Stefano Karadjov, direttore di Brescia Musei, pubblicata anche sul nostro giornale «L’Eco di Bergamo» in edizione cartacea.

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