Diploma, scuola di teatro, oratorio, Cre... solitudine addio, la mia vita a tempo pieno

LA STORIA. Sharon, affetta da tetraparesi spastica, segue le sue passioni insieme a chi le vuole bene. Appello per la fisioterapia.

«Ciascuno di noi è custode di chi ha accanto - scrive Alessandro D’Avenia - per parentela, per amicizia, per lavoro, per vicinato. Ciascuno di noi è affidato ad altri e altri sono affidati a noi». Sentirsi amati, accolti, accettati è un’esperienza che dà pienezza alla vita e non è mai scontata, in particolare per chi, come Sharon Racamato, 25 anni, di Palazzago, deve convivere con una disabilità. Nata prematura, affetta da tetraparesi spastica, muove con difficoltà solo il braccio sinistro e per spostarsi le occorre una sedia a rotelle. Ma questo non le impedisce di posare sul mondo uno sguardo curioso e affamato di vita, come i suoi coetanei. Anche se spesso le è accaduto di bussare e sentirsi respinta ed emarginata.

«Dopo i 18 anni - spiega la mamma Romina Mauri - per i ragazzi come Sharon si diradano le occasioni per instaurare relazioni sociali, impegnarsi e sentirsi utili anche in luoghi diversi dalla propria casa. Capita spesso che si sentano abbandonati, e con loro le famiglie, come è capitato a noi».

L’inclusione - un mondo per tutti, senza barriere fisiche o culturali - è un cammino, ma perché si concretizzi nel quotidiano occorrono tempo e fatica, piantare semi e aspettare che germoglino, come è accaduto all’oratorio di Palazzago, dove Sharon e Romina hanno trovato una seconda famiglia. Sharon ogni lunedì partecipa agli incontri del gruppo adolescenti, d’estate collabora con le segretarie del Cre, mettendo a frutto l’attenzione, la cura e la precisione che sono tratti distintivi del suo carattere. Da quando frequenta l’oratorio partecipa a tutte le manifestazioni del paese, compresi gli spettacoli teatrali e le feste di carnevale: «Quest’anno mi sono vestita da pecorella. I costumi li ha confezionati una mamma», osserva Sharon con un sorriso.

«Per lei è stata un’occasione di rinascita - aggiunge Romina, con un pizzico di commozione - negli ultimi anni, anche a causa della pandemia, si era chiusa in se stessa, non parlava quasi più, mi sembrava che peggiorasse ogni giorno, dal punto di vista motorio e cognitivo».

Quando è nata Sharon, la sua primogenita, lei era giovanissima, aveva poco più di quindici anni: «A un certo punto, alla ventottesima settimana di gravidanza, ho iniziato a sentirmi male, ma non capivo cosa stesse accadendo, pensavo si trattasse di un malessere passeggero. Quando ho visto che i sintomi peggioravano, sono andata al pronto soccorso, ma a quel punto ormai il parto era imminente». Così Sharon è venuta al mondo il 24 dicembre, alla vigilia di Natale. «Pesava un chilo, era davvero piccola, ma anche forte e combattiva».

Subito dopo la nascita è iniziato un percorso in salita in terapia intensiva neonatale, sostenuta da un lato dalle cure mediche, dall’altro dall’amore di Romina, che trascorreva con lei tutta la giornata senza mai perderla di vista. «Ero giovane e un po’ diffidente, temevo che non mi dicessero tutto sulle sue condizioni, per questo mi allontanavo malvolentieri». Sharon ha affrontato diverse complicazioni e interventi, e una lesione cerebrale ha purtroppo compromesso le sue funzioni motorie. «Poi, però - sottolinea la mamma - il suo sviluppo è proseguito, finché ho potuto riportarla a casa. Ero molto giovane, mi sentivo fragile di fronte a ciò che stava accadendo, anche se i medici con grande disponibilità mi spiegavano ogni passaggio, invitandomi a tenere duro: mi hanno detto che non sapevano che cosa sarebbe accaduto a Sharon e che dovevamo essere pronti a tutto».

I primi anni sono stati difficili: «Mi sembrava - ricorda Romina - che arrivassero solo brutte notizie. A tre anni è arrivata la diagnosi di tetraparesi spastica, con la consapevolezza che mia figlia non avrebbe mai camminato. Quella carrozzina che inizialmente ho fatto molta fatica ad accettare. In quel periodo sono entrata nel mio tunnel buio, ho dovuto affrontare una pesante depressione».

Quando Sharon aveva tre anni Romina ha avuto un altro figlio, Paolo: «Ho dovuto trascorrere tutta la gravidanza a riposo, ma questa volta mio figlio è nato a termine, senza altre complicazioni».

Ha accompagnato Sharon in un percorso intenso di fisioterapia e riabilitazione al Centro Eugenio Medea di Bosisio Parini: «Ogni piccolo passo, ogni miglioramento è stato una conquista. Ho cercato di aiutare Sharon a valorizzare al meglio le sue capacità, di sollecitare la sua curiosità e il suo desiderio di imparare». Anche per questo a un certo punto ha deciso di iscriverla a una scuola pubblica a Terno d’Isola invece di proseguire il percorso all’interno dell’istituto di Bosisio Parini, dove aveva iniziato la prima elementare: «È stata dura all’inizio - commenta Sharon -. Non avevo lo stesso programma dei miei compagni e ho dovuto recuperare. Ma sono stata molto contenta di trovarmi in un ambiente diverso, di imparare e scoprire cose nuove, affrontare le difficoltà e capire che riuscivo a superarle».

Dopo la scuola secondaria di primo grado Sharon ha frequentato l’Istituto Mamoli a Bergamo: «Ho iniziato con il liceo delle scienze umane, ma poi mi sono accorta che era troppo complesso per me, così mi sono trasferita al corso professionale dei servizi per la sanità e l’assistenza sociale». Nel frattempo, crescendo, ha avuto dei problemi alla schiena che hanno richiesto un intervento: «Dopo l’assenza prolungata - sottolinea Sharon - ho fatto fatica a riprendere, non mi trovavo più bene, non mi sentivo a mio agio con i compagni di classe, perciò per un po’ ho smesso di studiare». Poi la mamma Romina è riuscita a convincerla a ricominciare, iscrivendosi al corso serale: «Ho incontrato altre persone con cui mi sono trovata bene - osserva Sharon - ho stretto nuove amicizie, e grazie al loro sostegno sono riuscita ad arrivare al diploma. È stata una grande soddisfazione».

Quei legami continuano nel tempo: «Sui banchi di scuola ho conosciuto Marco, il mio migliore amico - spiega Sharon - mi ha sempre aiutato e anche adesso ci sentiamo spesso, quando può viene a trovarmi e mi porta fuori. C’è anche un gruppo di amiche con cui ogni tanto è bello organizzare qualche occasione per rivedersi».

Sono momenti preziosi per Sharon, che temperano la solitudine di tante giornate lunghe: «Finché c’è la scuola - aggiunge Romina - è tutto più facile, ci sono gli insegnanti di sostegno, l’assistenza ai ragazzi con disabilità è garantita. Nel frattempo però sono diminuite le possibilità di ottenere sedute di riabilitazione che siano coperte dal sistema sanitario nazionale. Dopo i 18 anni ci siamo sentiti un po’ abbandonati. Ho chiesto se è possibile trovare qualcosa da farle fare, ma non è stato ancora possibile iniziare».

Di fronte a una situazione di stasi e di grave difficoltà, Romina si è decisa a chiedere aiuto: «Già tre anni fa avevo promosso per Sharon una raccolta fondi, che ci ha permesso di acquistare un mezzo adatto a caricare la sua carrozzina per trasportarla, e sono stata sorpresa dalla generosità e dall’attenzione che ha suscitato. Ho deciso, anche se con fatica, di ripetere questa esperienza, perché mi sono accorta che da sola non riuscivo a sostenere le necessità di mia figlia e a farla uscire da una situazione di crisi e di progressivo peggioramento cognitivo e motorio». La richiesta, questa volta, è stata di coprire i costi delle sedute di fisioterapia per un anno (la pagina per le donazioni è questa https://www.gofundme.com/f/fisioterapia-per-sharon).

Poi Romina e Sharon hanno bussato alla porta del parroco, don Angelo Riva, che ha spalancato le porte: «Prima nessuno la conosceva - sottolinea Romina - adesso le persone la salutano, sanno che è qui, non la lasciano sola». Sharon è felice di partecipare alle attività del gruppo adolescenti: «È stupendo poter stare con altri - sorride - e sentirmi accolta da loro. A carnevale abbiamo dipinto fondali e messo in scena alcuni sketch divertenti. Anche i preti si sono mascherati».

Fondamentale anche il coinvolgimento nel Centro ricreativo estivo: «La signora Katia - dice Sharon - mi preparava tutto il materiale. Ho capito cosa dovevo fare e mi è piaciuto moltissimo. Al mattino facevo colazione con gli altri, poi dovevo sistemare le cartellette, controllare il materiale per i giochi, fare i conti dei soldi per la gita, ed era stupendo sentirmi utile, non vedo l’ora di poterlo fare anche quest’anno». L’oratorio è a pochi passi da casa così Romina e Sharon sono riuscite a organizzarsi anche per gli spostamenti. Anche i ragazzi dell’oratorio durante la quaresima hanno raccolto fondi per contribuire alle terapie riabilitative per Sharon.

Fra i gesti di generosità che sono stati dedicati a Sharon da quando si è aperta la raccolta fondi c’è stato anche quello di donarle un’opportunità che sognava da tempo, partecipare a un corso del Teatro Prova al Teatro San Giorgio. Quando lo racconta le si illuminano gli occhi: «Anche questa è una mia grande passione. Ho seguito solo i primi incontri per adesso, ma mi piace davvero tanto. Alla prima lezione ci siamo presentati e gli altri mi hanno aiutato. Ognuno di noi ha scelto un gesto nella lingua dei segni e il mio è il cuore, perché la mia caratteristica migliore è la dolcezza. Grazie a queste attività sto cambiando, prima non avevo stimoli mi sentivo a disagio con le persone, perché mi sentivo inutile. Adesso ho anch’io qualcosa da raccontare».

Sharon si augura sempre di trovare un posto nel mondo, e persone che abbiano voglia di guardarla negli occhi e scoprire ciò che c’è di bello in lei: «Non c’è solo sofferenza nella nostra vita - conclude -. A volte qualcuno ti prende in braccio e ti aiuta a camminare. Vivo alla giornata, convivere con la mia patologia non è facile, ma stare con gli altri mi dà tanta speranza».

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