«Le parole curano», e aiutano anche a uscire dalle montagne russe della vita

LA STORIA. Sabrina ha 19 anni, tra anoressia e depressione ha scoperto che «la fragilità può essere un punto di forza».

«Nel diventare più maturo - scrive Audrey Hepburn - scoprirai di avere due mani: una per aiutare te stesso, l’altra per aiutare gli altri». È stata questa per Sabrina Stefanello, 19 anni, di Treviolo, la conquista più importante, compiuta dopo aver attraversato tante tempeste a causa dell’anoressia e della depressione.

La scrittura come strumento di guarigione

Frequenta ancora il Centro di Salute Mentale Maresana della Cooperativa Sociale Aeper, accogliente per lei come una seconda famiglia

A dare una svolta alla sua vita è stata la scrittura. Le sono bastati un taccuino, una biro nera e un posto silenzioso. Così ha deciso - quasi senza accorgersene - di restare viva grazie alle parole. Sabrina ha camminato nei suoi labirinti in punta di piedi, come una ballerina, continuamente sospesa tra la bellezza e il baratro. Frequenta ancora il Centro di Salute Mentale Maresana della Cooperativa Sociale Aeper, accogliente per lei come una seconda famiglia. Ma la geografia che conta, nella sua storia, non è fatta solo di luoghi, è piuttosto una mappa interiore segnata da crepe, soste, slanci e nuove partenze.

Le parole che guariscono: il libro di Sabrina

Un cammino che ha percorso con il corpo, che per lei è stato a lungo come un campo di battaglia, finché non ha scoperto che «Le parole curano», come dice il titolo del suo libro, pubblicato con Monti edizioni. «Scrivere? - racconta con un sorriso - Non l’avevo mai fatto. Mi dicevano che poteva aiutare, ma non ci credevo». Un giorno, però, mentre si trovava in una comunità terapeutica, qualcosa si è mosso. È bastato un gesto minimo, quasi distratto, per lasciar uscire, finalmente, tutte le emozioni che si nascondevano nel suo cuore.

L’ingresso nella comunità terapeutica non è stato facile: «All’inizio non riuscivo per niente ad aprirmi. Avevo paura del giudizio degli altri»

Come la scrittura ha cambiato la sua vita

«Ho cominciato a scrivere ogni giorno come stavo. Era una specie di diario». Una pagina alla volta ha continuato il suo diario mettendo in fila le sue giornate. «Per me era importante tenere traccia di ciò che stavo vivendo». La sua scrittura è sincera, non trascura le ferite e le asprezze. Nel suo testo indaga anche nelle radici del dolore, cerca di spiegare anoressia e depressione, le chiama per nome, le seziona e analizza dall’interno. «Pochi capiscono che l’anoressia va oltre il rifiuto del cibo, perché nasce da un malessere più profondo». Aveva solo dodici anni quando si sono manifestati i primi segni dell’anoressia, tra la seconda e la terza media. Ricorda un episodio apparentemente innocuo, in vacanza, una frase ascoltata per caso da un’amica. Da lì è scattato qualcosa di misterioso.

L’ingresso nella comunità terapeutica: paura e speranza

L’ingresso nella comunità terapeutica non è stato facile: «All’inizio non riuscivo per niente ad aprirmi. Avevo paura del giudizio degli altri». I pensieri giravano attorno al cibo, come un orologio rotto che misura sempre la stessa ora. «Facevo colazione e pensavo al pranzo. Poi alla merenda e quindi alla cena». Ma qualcosa, lentamente, ha cominciato a cambiare. A gennaio 2024, è riapparsa la scrittura come appiglio, non come hobby, ma come strumento per tornare a scuola in presenza. Con il supporto di professori e psicoterapeuti, Sabrina ha cominciato a fare progressi. «Quando voglio fare una cosa, la faccio», racconta con determinazione. Sabrina si è diplomata e si è concessa una tregua: «Un anno di pausa, anche per chiarirmi le idee». Non è fuga, ma un percorso naturale verso una guarigione che non è mai lineare. Nel libro c’è anche uno sguardo non scontato sul bullismo e sul fatto che la salute mentale non è solo anoressia e depressione, ma dipendenza, solitudine e violenza nascosta. Sabrina invita a guardare oltre la superficie, per affrontare le vere radici del problema. La famiglia, come spesso accade, all’inizio ha fatto fatica a seguirla, ma con il tempo ha intrapreso un percorso di cambiamento. Sabrina ha intervistato i suoi genitori e la sorellina Sofia per rimettere insieme ciò che la malattia aveva sparpagliato.

Sabrina sogna di tenere laboratori nelle scuole, parlare con gli studenti e condividere la sua esperienza per essere di aiuto a chi sta attraversando momenti difficili. In futuro, spera di completare gli studi in Scienze dell’educazione e lavorare con i bambini

Il potere del racconto: aiutare gli altri con la propria storia

Le parole sono diventate strumento di gratitudine e di ricucitura. Sabrina spera che il suo libro possa stimolare altri a chiedere aiuto. La sua esperienza dimostra che anche nei momenti più bui, le parole possono essere un inizio per il cambiamento. Oggi, Sabrina ha fatto con il suo corpo «una pace imperfetta» e, anche se non si piace sempre, ha imparato a convivere con sé stessa. La sua storia è un invito a non imitare modelli esterni, ma a trovare la propria felicità interiore. Sabrina riconosce anche il ruolo dei social nella sua storia, dove immagini e modelli spesso incitano a comportamenti nocivi. La consapevolezza nell’uso dei social è diventata fondamentale nel suo percorso di recupero.

Sabrina sogna di tenere laboratori nelle scuole, parlare con gli studenti e condividere la sua esperienza per essere di aiuto a chi sta attraversando momenti difficili. In futuro, spera di completare gli studi in Scienze dell’educazione e lavorare con i bambini. Sabrina ha imparato che la guarigione non è mai un processo lineare, ma che ogni passo in avanti è un trionfo. La sua forza è una forza quieta, che invita chi è in difficoltà a chiedere aiuto, anche solo con un gesto

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