Quei 475 grammi di vita ce l’hanno fatta: «Ogni giorno è una sfida, senza paura»

La storia. Bianca Sardi, di Vaprio, è nata alla 24ª settimana, adesso ha 6 anni. E la famiglia ora aiuta l’ospedale Papa Giovanni.

Ancora prima di vedere Bianca l’abbiamo sentita cantare, con una voce squillante e dolce. Era in camera sua, a Vaprio d’Adda, ascoltava un cartone animato e ne reinterpretava le canzoni. Ha compiuto sei anni il 3 marzo, e quando è nata, in grande anticipo, pesava solo 475 grammi. «È il nostro miracolo» dice la mamma Elena Pezzi con un sorriso. A salvarle la vita - dopo la nascita prematura - sono state le cure della Terapia intensiva neonatale (Tin) dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove è rimasta per 198 giorni. Oggi però a fare la differenza per lei sono soprattutto alcuni ingredienti segreti: l’amore e la fiducia della sua famiglia e lo slancio positivo che questa bambina, come per incanto, riesce a suscitare in chiunque la incontri.

Nel tempo intorno a lei grazie alla paziente tessitura dei suoi genitori si è formata una rete composta da diverse strutture e professionisti di ambito sanitario (prima Bergamo, poi Milano e Pavia) che formano una salda alleanza per gestire una situazione ancora complessa. Giocano un ruolo importante, però, anche alcune discipline di supporto «non convenzionali», come la musicoterapia, la pet-therapy, l’osteopatia, gli esercizi di arrampicata e le relazioni informali con amici e vicini.

«Noi crediamo - sottolinea il papà Ivan Paolo Sardi - nella creazione di reti sul territorio e di un ambiente nel quale si inneschino processi generativi». Questa convinzione si è tradotta anche nell’impegno concreto per aiutare altri bambini prematuri come Bianca, sostenendo la Tin dell’Ospedale di Bergamo collaborando ad azioni di sensibilizzazione e raccolta fondi. L’ultima «Seicento battiti per la Tin» ha visto in prima linea Perform – Sport Medical Center, Pedalare per la VITA, Associazione per l’Aiuto al Neonato – ODV e tre grandi Club di Rugby (Rugby Parabiago 1948, Centurioni Rugby e Rugby Bergamo 1950). Si è svolta nel giugno 2022 al Centro Bepo Vavassori di Bergamo, una grande festa con una maratona di indoor cycling e un torneo di minirugby. «Seicento - spiega Ivan - è il numero di neonati che trascorrono un periodo nella Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo».

Elena non dimenticherà mai i giorni che hanno preceduto il parto: «Mi hanno ricoverato alla 24ª settimana il 24 febbraio per una gestosi fulminante. I medici hanno aspettato il più possibile, ma dopo pochi giorni hanno dovuto sottopormi a un cesareo d’urgenza. Ho sentito piangere mia figlia per un attimo soltanto, poi l’hanno portata di corsa in patologia neonatale». Nei primi giorni non ha potuto neppure prenderla in braccio: «In quel periodo - prosegue Elena - la voce era per noi il più importante canale di comunicazione e di contatto. Raccontavamo storie, cantavamo ninne-nanne, quando è stato possibile le abbiamo portato dei carillon». Così, grazie alla musica, Bianca ha iniziato a sillabare le prime parole ancora prima di compiere un anno. Ora segue incontri di musicoterapia con Elisa Pezzi, che le fa sperimentare strumenti diversi e l’aiuta a potenziare le sue abilità: «È anche per merito di questo lavoro - chiarisce Elena - che ha imparato a parlare così bene». La musica l’aiuta fra l’altro ad allentare la tensione nei momenti difficili: «Le facciamo sempre ascoltare i suoi brani preferiti quando dobbiamo portarla al pronto soccorso per qualche emergenza». Una sensibilità ancora più importante, dato che purtroppo la bimba non ci vede: un’altra conseguenza della prematurità.

«Abbiamo notato - spiega Ivan - che nostra figlia usa la voce per orientarsi in casa: può rendersi conto delle distanze grazie al modo in cui il suono “rimbalza” sui muri. Così riesce a percepire gli ostacoli». Il percorso di Bianca è stato segnato da emorragie, infezioni, gravi complicazioni: «All’inizio eravamo smarriti e impauriti - continua il papà - ogni giornata portava nuove difficoltà. Abbiamo sempre cercato di rimanere lucidi e mantenere i piedi per terra, anche se le emozioni erano grandi. A un certo punto ci siamo convinti che avremmo trovato un modo per superare ogni ostacolo».

A Ivan ed Elena sono bastati pochi giorni in Terapia intensiva neonatale per sentirsi parte di una famiglia allargata: «Ogni bambino era collocato in una postazione con un monitor per controllare i parametri vitali. Quando qualcosa non andava, suonava un allarme. Il primo giorno sobbalzavamo ogni volta che avvertivamo un suono e sospiravamo di sollievo scoprendo che non riguardava nostra figlia. Già dal giorno successivo, però, ci sentivamo vicini e preoccupati ad ogni segnale. Tutti i bimbi del reparto sono diventati parte del nostro percorso. Abbiamo condiviso con gli altri genitori momenti molto forti e abbiamo cercato di aiutarci a vicenda. Sono nati affetti speciali, si sono rafforzate le amicizie, abbiamo conosciuto persone nuove, è un percorso che ci ha fatto crescere, ci ha cambiato lo sguardo e ha ridefinito la nostra scala di priorità».

Sono stati sempre animati da un insopprimibile desiderio di «normalità»: «L’ospedale Papa Giovanni - osserva Elena - è come una piccola città dove si può trovare di tutto: piccoli negozi, perfino un ristorante. Abbiamo cercato di dare un ritmo “normale” alle giornate, e spesso amici e parenti venivano a trovarci e potevano fermarsi con noi proprio grazie alla presenza di questo ambiente accogliente. Dal punto di vista psicologico è stato molto importante».

Lo stesso criterio li guida anche oggi nelle scelte quotidiane: «Abbiamo fatto il possibile per offrire a Bianca le stesse esperienze che fanno i suoi coetanei. Quando aveva poco più di un anno l’abbiamo portata al mare anche se per respirare aveva ancora bisogno del supporto dell’ossigeno».

Superando timori e diffidenze, non appena possibile l’hanno mandata prima al nido e poi alla scuola dell’infanzia: «Sono insegnante di religione alla scuola primaria - racconta Elena - e so bene quanto sia importante per un bambino andare a scuola. Ci siamo quindi impegnati in questa sfida con le dovute accortezze, con l’affiancamento di psicologa, logopedista e psicomotricista. Abbiamo scelto istituti di piccole dimensioni, in cui potesse essere seguita, e con un progetto educativo adatto a Bianca, che offrisse quindi uno spazio adeguato all’esperienza sensoriale. Non ha mai avuto problemi. Si stanca un po’, ma è comprensibile. Ha una grande fiducia nel prossimo». Nell’inserimento è stata accompagnata dal libretto «Una Bianca Margherita», ispirato proprio alla sua storia, progetto della Provincia di Bergamo e dell’Associazione per l’aiuto al neonato, con una semplice filastrocca di Giovanna Fidone e vignette di Angelo Piazzalunga studiate per sensibilizzare i bambini di età prescolare sul tema della prematurità. «Questo prezioso testo - commenta Elena - ha permesso di avviare laboratori a tema anche in altre scuole bergamasche».

Bianca è curiosa e ha tanta voglia di imparare: «Dolce ed espansiva, si tuffa con entusiasmo nelle nuove esperienze. Ha molta memoria e apprende soprattutto attraverso udito e tatto». Il nonno fin da quando era piccola costruisce per lei libri tattili e percorsi sensoriali. Ci sono tante altre attività che le offrono stimoli e l’aiutano a crescere: «Ha creato una relazione speciale - continua il papà - con i tre labrador con cui fa pet-therapy. Gli esercizi di arrampicata all’Orobica climbing l’aiutano molto nel controllo dei movimenti e nella percezione del corpo. Nostra figlia è consapevole dei suoi limiti, ma non si fa scoraggiare e non ha mai paura di cimentarsi in nuove sfide».

L’impegno nel volontariato è nato spontaneamente: «Ogni tanto - aggiunge Elena - ci capitava di essere interpellati per offrire la nostra esperienza a genitori alle prime armi, e l’abbiamo sempre fatto volentieri, perché siamo convinti che il confronto reciproco offra un grande supporto, sollevi dalle difficoltà e alleggerisca il senso di solitudine. Strada facendo ci siamo resi conto che c’è ancora molta strada da fare per far conoscere la condizione e le esigenze dei bambini prematuri, soprattutto sul territorio, fuori dai reparti specializzati, e che ci sono tante famiglie in difficoltà, bisognose di un sostegno. Anche per questo abbiamo deciso di darci da fare, insieme ad altri genitori di bambini prematuri».

Nell’album dei ricordi Elena e Ivan conservano come grandi tesori tutte le «prime volte» della loro bambina: sono scatti carichi di emozioni, come la prima volta che l’hanno tenuta in braccio, la prima volta in passeggino, il primo viaggio al mare con il sondino dell’ossigeno, i primi passi.

Guardando indietro possono essere fieri del cammino compiuto: «Se dovessimo tracciare un bilancio diremmo che è la sintesi di tante collaborazioni, tante competenze sanitarie e riabilitative. Gli specialisti che abbiamo incontrato hanno ascoltato le nostre necessità, si sono messi in gioco con professionalità ma anche con amore. Abbiamo avuto tanti angeli custodi, qualcuno con il camice bianco e qualcun altro senza».

Mentre parlavamo di lei, Bianca ha continuato ad ascoltare musica e a cantare. Si è spostata pian piano attraverso la casa fino all’angolo pieno di colori, giochi e libri tattili che i suoi genitori hanno allestito nel soggiorno. È serena e vivace, e la sua voce imprime una traccia profonda nel cuore: «Bianca è una bambina speciale - conclude Elena - ha il dono di farsi amare, creare connessioni, smuovere le persone. Quando la guardo penso che la vita è più forte di tutto, ed è vero, come scrive Dante Alighieri, che i bambini sono una delle poche cose che ci sono rimaste del paradiso, insieme ai fiori e alle stelle».

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