La Buona Domenica / Bergamo Città
Domenica 21 Dicembre 2025
«Siamo nati per rompere i silenzi». Con RadioAut in onda l’inclusione
L’EMITTENTE. Una comunità in movimento che dà spazio alle diversità, trasmettendo dai luoghi pubblici.
È sera nella grande piazza di Chorus Life scintillante di luci. Entriamo in un locale e cerchiamo RadioAut: un’emittente fuori dal comune, un’esperienza che unisce creatività, inclusione e incontro, che non trasmette da uno studio, ma da un tavolo un po’ defilato di un ristorante. Siamo in tanti: qualcuno aggiusta le cuffie, un altro ride, un terzo chiede cosa prevede la scaletta della serata. Picco, l’artista del gruppo, tratteggia in pochi segni ritratti espressivi dei partecipanti. Sul tavolo ci sono bicchieri, bottiglie d’acqua, fogli stropicciati e patatine. C’è un’aria informale e familiare, ma concentrata e vibrante d’attesa. È un martedì sera come tanti, eppure ogni volta qui accade qualcosa di unico.
Abbiamo partecipato a una puntata di RadioAut, che trasmette sul web, ma poi vive nei legami che crea. Dietro ai microfoni c’è un gruppo di persone che si conosce, si ascolta, cresce insieme: ragazzi autistici, genitori, artisti, professionisti, volontari, amici. Una comunità in movimento, nata grazie a un’intuizione di Tino Manzoni, presidente di Spazio Autismo Bergamo Aps, all’interno del progetto Senzacca del Comune. In seguito, ha iniziato a occuparsene con passione Vito Reina, presidente dell’associazione Chitina Artistica, creando una rete con tante altre realtà del territorio, un intreccio di associazioni e persone che hanno creduto in questo progetto.
Un progetto vivo
«RadioAut è una radio che nasce dall’incontro - spiega Vito -. Non è un progetto pensato a tavolino: è un organismo vivo, che si trasforma a seconda di chi lo abita. Ognuno dà il proprio contributo, e tutto cambia ogni volta». Il primo segnale di RadioAut è partito due anni fa, da un piccolo spazio in Città Alta. Un gruppo di amici aveva l’idea di creare una radio inclusiva, un po’ artistica, un po’ sociale. Poi l’intuizione si è allargata, diventando un’esperienza aperta a tutti. «Il nome RadioAut ha molti significati - spiega Vito -. Certo, richiama l’autismo, ma anche l’autenticità, l’autonomia, l’audacia. E poi fa pensare a Radio Aut di Peppino Impastato, con il suo impegno per la giustizia e la libertà. Anche la nostra, a modo suo, è una radio che rompe i silenzi». Il gruppo si ritrova due volte alla settimana. Il martedì sera al ristorante Rosssopomodoro di Chorus Life, il sabato pomeriggio nel negozio Semeraro a Stezzano, tra tavoli e mobili in esposizione, trasformati in studio. Una scelta voluta, molto significativa: la radio entra nei luoghi della quotidianità, li attraversa, li anima. Chi si trova a passare per caso si ferma, ascolta e partecipa. Una volta, ci raccontano, è bastato un incontro così — un passante incuriosito, un dialogo improvvisato —, perché si unisse al gruppo un nuovo membro stabile. Le voci che si alternano ai microfoni raccontano la varietà di questo mondo. C’è Marco, che ama l’informatica e la tecnologia, ma anche la Muay Thai, arte marziale tailandese che per lui è una lezione di autocontrollo, lo aiuta a incanalare le energie. C’è Matteo, musicista eclettico, diplomato in pianoforte, che a volte porta il suo sax per suonare tra una diretta e l’altra.
C’è Marina, ballerina e danzaterapista, che si muove con la delicatezza di chi sa unire corpo e mente, e guida alcune speciali esperienze laboratoriali. E poi Simon, «il filosofo del gruppo», come lo chiamano, che ha inventato un corso di boxe inclusiva. Ci sono Alessandro, studioso di lingue, Roberta, mamma di un giovane batterista, e Vanessa, arrivata da poco ma subito contagiata da questo clima creativo. In tutto, una sessantina di persone ruotano intorno al progetto, una ventina partecipano regolarmente, le altre quando possono, anche a distanza — chi da Bergamo, chi da fuori, persino qualcuno che vive a Londra e rientra tre volte l’anno. La radio tiene insieme questo piccolo arcipelago umano.
«Qui nessuno giudica»
«Ogni volta ci inventiamo qualcosa di diverso - racconta Alessandro - Qualcuno legge una poesia, un altro propone un tema di attualità, oppure commentiamo un fatto di cronaca. Ma il vero cuore di tutto è il tempo che trascorriamo insieme. Qui nessuno giudica, nessuno corregge. È uno spazio libero, paritario, dove le differenze diventano ricchezza».
«Lavoriamo con il corpo, ma anche con le emozioni»
Durante la diretta le voci si incrociano, si sovrappongono, ridono. A tratti si interrompono per salutare un nuovo arrivato. È un’atmosfera semplice, domestica, ma non banale.«Ci definiamo come un simposio - scherza Simon - perché si parla, si mangia e si pensa insieme, proprio come nei banchetti antichi». Ogni trasmissione è costruita con naturalezza. C’è un tema, scelto nel gruppo Whatsapp, ma spesso le idee nascono sul momento. Dal microfono qualcuno introduce, qualcun altro commenta. Non c’è copione. Eppure tutto fila, come se una musica invisibile tenesse il ritmo. «È l’energia del gruppo - spiega Marina -, che emerge ancora di più nei laboratori di danza e movimento che proponiamo in situazioni pubbliche, per esempio nelle fiere. Lavoriamo con il corpo, ma anche con le emozioni. Partiamo da una parola o da una carta del gioco “Dixit”, poi ci muoviamo nello spazio, osserviamo, ascoltiamo. Alla fine, rielaboriamo tutto insieme. È un modo per conoscersi, condividere, creare connessioni senza parlare troppo».
Danza, boxe e altro
Nel suo racconto affiora una filosofia semplice e profonda: attraverso il movimento, chi partecipa impara a riconoscere la presenza degli altri, a comunicare al di là delle parole. «Puoi non capire la lingua dell’altro - dice - ma puoi sentirne il ritmo. E quello basta per entrare in relazione». Accanto alla danza, anche la boxe è diventata un’altra attività del gruppo. È nata quasi per gioco, su iniziativa di Simon, e oggi riunisce una quindicina di persone ogni sabato mattina in palestra. «Abbiamo iniziato nel mio garage, - racconta, sorridendo - poi siamo riusciti a trasferirci in una palestra vera, con il 360 Boxing Team Bergamo, in via Ghislandi. È un corso aperto a tutti, senza distinzione di età o abilità. Le differenze vengono valorizzate». Per Marco, giovane e determinato, la boxe è una scuola di vita: «Mi serve per scaricare la rabbia, ma anche per allenare il controllo. All’inizio mi facevo trascinare dalle emozioni, poi ho imparato a respirare, a fermarmi, a capire che posso gestire la forza. È un modo per conoscersi meglio».
«Inclusione qui vuol dire soprattutto condividere, a partire dalle cose più semplici: il tavolo, la pizza, il microfono. Vuol dire permettere alla realtà di sorprendere»
Si moltiplicano le iniziative
In queste parole si sente l’intelligenza di un percorso collettivo, che non è assistenza ma collaborazione. Non “per” persone con autismo ma “con” persone, che costruiscono insieme. La differenza è profonda e si percepisce. Le attività di RadioAut non si fermano alla radio e allo sport. Attorno al gruppo si sono moltiplicate le iniziative: laboratori creativi, performance, collaborazioni con fiere e festival come BergamoScienza. «Portiamo la radio dappertutto - dice Vito con un pizzico di orgoglio -. Alle fiere, nei teatri, nei negozi, nei convegni. È un pretesto per conoscersi, per contaminare gli ambienti, per far succedere cose. L’arte ha questa forza: permette di conoscersi senza forzature. Qui nessuno deve dimostrare nulla, eppure ognuno scopre di avere qualcosa da dare. È la forma più concreta di inclusione».Nella storia di RadioAut c’è una convinzione che guida ogni passo: la vita nasce dai legami. «Non è importante fare la radio perfetta - spiega Vito - ma stare insieme, esserci. Da lì poi nascono amicizie, progetti, idee».
«Aprire la mente»
Tra i sogni per il futuro c’è una nuova sede a Cascina Ponchia, a Monterosso, antica struttura concessa dal Comune a Spazio Autismo e Cooperativa Serena per avviare un progetto di convivenza e laboratorio. «La radio sarà anche lì - continua Vito - Porteremo incontri, musica, presentazioni, laboratori aperti al quartiere. Vogliamo che quella casa diventi un punto di riferimento per chi cerca un modo diverso di vivere la città». Intorno al tavolo si accendono battute, discorsi, complicità. Vanessa, che frequenta la radio da poche settimane, racconta la sua impressione: «I nostri incontri sono sempre stimolanti e coinvolgenti. Torno a casa con la testa piena di idee. È un ambiente che apre la mente, fa pensare». Gli ascoltatori, nel frattempo, scrivono in chat, inviano messaggi, commentano in diretta. Nei momenti di pausa Vito li legge, risponde, ringrazia. «È una comunità che cresce anche fuori, ascoltandoci - racconta -. Ma la cosa più importante è quello che succede qui, intorno a questo tavolo».
In un tempo in cui tante parole rischiano di svuotarsi, Radio Aut restituisce un nuovo significato a una delle più abusate: inclusione. «Qui vuol dire soprattutto condividere, a partire dalle cose più semplici: il tavolo, la pizza, il microfono. Vuol dire permettere alla realtà di sorprendere». Non mancano i momenti difficili: la stanchezza, qualche incomprensione, la gestione delle diversità. Ma anche questo fa parte della verità del progetto. «Come in ogni relazione - spiega Vito - c’è lo stress buono, quello che fa crescere. Vogliamo realizzare luoghi vivi, le imperfezioni fanno parte del gioco».
«Anche per oggi è tutto...»
Così, tra un imprevisto e una risata, RadioAut continua a trasmettere ogni settimana — e, soprattutto, a far accadere cose: nuove amicizie, collaborazioni artistiche, viaggi, incontri che lasciano il segno. Persino amori, perché dove si snoda la vita, nulla resta immobile. La serata volge al termine. Il microfono resta acceso ancora per pochi minuti. Vito conclude la diretta come sempre: «Amici di RadioAut, anche per oggi è tutto. Ma ricordate: le onde più belle sono quelle che non finiscono con la sigla». Poi le voci si intrecciano nel brusio di fine puntata, lasciando nel cuore l’eco di quel piccolo rito di comunità, che in modo originale supera barriere e distanze.
Un progetto cresciuto con semplicità, che dimostra come dal contatto, dall’ascolto, dalle relazioni vere possano nascere nuove possibilità e visioni del futuro. E che l’inclusione, quando è autentica, non è un gesto da raccontare, ma un ritmo da vivere insieme.
© RIPRODUZIONE RISERVATA