
La salute / Bergamo Città
Venerdì 10 Ottobre 2025
«Grazie al rene di mia sorella sono rinata»
LA STORIA. Nel 2018 il trapianto al «Papa Giovanni» con il «dono» che Silvia, 56 anni, ha ricevuto da Elena, 64 anni. Seguita dall’Istituto Mario Negri ora non ha più bisogno di farmaci antirigetto: è uno dei pochissimi casi al mondo.
Elena lo dice sorridendo con tono solare, accanto a lei siede la sorella Silvia: «Per me, è stata la cosa più naturale del mondo». È una storia di straordinaria normalità e di un legame profondissimo: sette anni fa, proprio nell’ottobre del 2018, Elena ha donato un rene a Silvia. «Glielo dissi ai primi problemi di salute – ricorda Elena –: se avrai bisogno di un trapianto, io per te ci sarò. E non ho esitato un attimo quando si è trattato di mantenere fede a quella promessa».
Un traguardo rivoluzionario
Affetto e generosità s’impastano alla medicina e alla ricerca, con radici saldamente bergamasche. Silvia Ortobelli Lozza, 56enne casalinga, vive a Brusaporto; Elena Ortobelli Lozza, di 64, insegnante in pensione, abita a Scanzo. L’intervento è avvenuto al «Papa Giovanni», oggi entrambe sono seguite dall’Istituto Mario Negri, ed è qui che si apre l’orizzonte della scienza: dallo scorso 5 gennaio, Silvia non ha più bisogno di farmaci antirigetto. Un traguardo rivoluzionario, possibile in pochissimi pazienti al mondo, raggiunto grazie a una sperimentazione del Mario Negri. «Il trapianto è un miracolo che porta a nuova vita – osserva il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto –. Al tempo stesso, però, la terapia immunosoppressiva può arrivare a danneggiare l’organo stesso o altri apparati. Nel nostro progetto, attraverso l’infusione di cellule mesenchimiali (un tipo di staminali prodotte in collaborazione con il Centro Lanzani del “Papa Giovanni”, ndr) siamo riusciti a far sì che il ricevente riuscisse a tollerare l’organo trapiantato come se fosse proprio. Un grazie di cuore va a Federica Casiraghi e Norberto Perico del nostro Laboratorio di Immunologia del trapianto per la loro dedizione incondizionata e a Piero Ruggenenti, che adesso regge mirabilmente le sorti della Nefrologia del nostro ospedale».
Generare nuova vita
Attorno ai vent’anni, Silvia comincia ad accusare disfunzioni ai reni. «Purtroppo ho trascurato i sintomi – sospira la donna –, a quell’età ci si sente immortali, si hanno progetti di futuro e di famiglia. Dopo altri dieci anni una semplice cistite ha generato una crisi, ed è emerso che i reni avevano perso metà della loro capacità». La situazione scivola verso una gravità crescente, fino a quando nel 2016 – presa in carico dal «Bolognini» di Seriate – entra in dialisi. Nasce allora la promessa di Elena: «Di primo acchito – racconta proprio Elena – lei non ha voluto sentire ragioni, anche perché io ho tre figli. Mi disse: e se poi ne avessero bisogno loro?». Nel frattempo, dall’ospedale di Seriate – tramite il nefrologo Mauro Pezzotta – Silvia viene messa in contatto con il «Papa Giovanni» per valutare l’eventualità del trapianto; è la dottoressa Eliana Gotti, storica figura della Nefrologia, a seguirla. Si avvicina il grande passo, per entrambe. «Nonostante le mie titubanze – rammenta Silvia, la “ricevente” –, la molla è scattata pensando all’esperienza di nostra madre, alla quale era stato tolto un rene per una calcolosi e aveva poi vissuto altri quarant’anni. Mi sono detta: sì, lo farei anche io per mia sorella, e ho accolto questo dono».
Una normativa comprensibilmente ferrea regola il trapianto tra viventi. «Ci siamo sottoposte a esami del sangue specifici, scintigrafie renali, cardiogrammi e anche visite psicologiche e psichiatriche – ricapitola Elena –, affinché il tribunale accertasse la genuinità della donazione. Ho donato nuova vita a Silvia, ma l’ho ridata anche a me: è stato come partorire un altro figlio». «Al momento – prosegue la sorella –, non sono riuscita a prendere coscienza di quanto accaduto: poi ho compreso appieno l’energia, la forza di questo gesto». Oggi, la quotidianità di entrambe è normalissima: Elena fa volontariato alla Cascina Nuova dell’Agro, esperienza legata alle intuizioni di don Roberto Pennati e Sergio Scotti; Silvia è impegnata in parrocchia e volontaria ospedaliera a Seriate.
La ricerca
Prima dell’operazione, a Silvia era stato proposto di prendere parte alla sperimentazione del Mario Negri per l’azzeramento della terapia antirigetto. Così il giorno precedente all’intervento ha ricevuto le cellule mesenchimali, due anni dopo ha iniziato lo scalo degli immunosoppressori sino a eliminarli completamente da questo gennaio.
«Quasi ogni giorno riceviamo lettere di genitori che cercano cure per i propri figli. Gli investimenti nella ricerca sono fondamentali»
«I primi risultati sono stati importanti, e questo è anche merito di un cammino lungo – riflette Giuseppe Remuzzi –: il nostro legame con l’ospedale di Bergamo e con il Centro Lanzani continua secondo l’insegnamento del dottor Franco Provera (storico direttore dei Riuniti negli anni Novanta, ndr). Certo non è ancora possibile giungere a una sperimentazione su larga scala. Il nostro studio originario in questo campo ora è concluso, ma ci sono nuove possibilità di fronte a noi: una, denominata Phoenix, ci vede insieme a centri di ricerca di Canada, Spagna e Francia; l’altra è legata all’interesse di un gruppo bergamasco a creare una “fattoria di cellule” per questi trapianti al Kilometro Rosso, ma c’è anche una realtà irlandese che sta cercando finanziamenti dall’Unione europea». E sarebbe una svolta, rileva il direttore del Mario Negri, perché «quasi ogni giorno riceviamo lettere di genitori che cercano cure per i propri figli. Gli investimenti nella ricerca sono fondamentali». Intanto, proprio al Kilometro Rosso, nel 2026 il Mario Negri inaugurerà a pieno regime il nuovo Laboratorio di Immunologia del trapianto (è in corso anche una specifica raccolta fondi online tramite ideaginger.it), sviluppo dell’esperienza maturata negli ultimi 15 anni nella sede di Ranica, in raccordo col «Papa Giovanni»: «Una collaborazione in cui crediamo molto – conferma Francesco Locati, dg dell’Asst Papa Giovanni –. Le due realtà condividono competenze e risorse portando avanti progetti collaborativi di ricerca clinica e traslazionale su trapianti, malattie renali, diabete, patologie rare e neurologiche. Il trapianto è un atto di fiducia nella scienza e nella vita: con il Mario Negri condividiamo la visione di un futuro in cui il trapianto significhi rinascita completa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA