Cade dal pedalò, bimbo salvato in ospedale

Canonica d’Adda Leo, 8 anni, era in vacanza con i genitori e il fratellino a Tropea, il papà: «Non c’erano ambulanze, al pronto soccorso niente ecografo e Tac, siamo corsi a Vibo. Gli hanno tolto la milza e un rene».

A 8 anni ha rischiato di morire per una caduta dal pedalò, mentre era in vacanza a Tropea. Lo hanno salvato all’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, con un intervento chirurgico in cui gli hanno asportato la milza e un rene. Leo di nome e di fatto, ha lottato come un leone: «Non si è mai lamentato, anzi era lui a dire ai medici di fargli le iniezioni senza problemi – racconta il papà Michele Farella, ispettore al commissariato di Treviglio –. Non ha mai avuto paura, anche quando ha saputo che io e mia moglie non potevamo stargli vicino perché eravamo positivi. Adesso è la mascotte dell’ospedale, lo sommergono di regali e attenzioni».

La caduta dal pedalò

Una storia che avrebbe potuto concludersi nel peggiore dei modi. «Perché quando ho chiamato il 118 mi hanno detto che non c’erano ambulanze, e quando sono arrivato all’ospedale di Tropea non avevano né un ecografo né una Tac. Cose da non credere, solo adesso riesco a parlarne perché ho metabolizzato. Mia moglie ancora piange». La famiglia è partita da Canonica d’Adda per una vacanza in Calabria: Farella, la moglie Bocu Raluca, operatrice sanitaria a Melzo, e i due figli di 8 e 4 anni. «Abbiamo tenuto la base a Tropea e ogni giorno visitavamo spiagge diverse – racconta Farella –. Il 21 luglio eravamo a Capo Vaticano. Avevamo noleggiato un pedalò con lo scivolo. Alle 17, mentre ci stavamo avvicinando alla spiaggia, la barca dei bagnini ci è passata accanto creando un’onda che ha fatto perdere l’equilibrio a Leo, aggrappato all’ultimo gradino per arrivare allo scivolo. È caduto e ha sbattuto la zona dell’addome e dell’inguine contro il bordo del pedalò. Mi sono precipitato su di lui anche se si teneva a galla da solo. Siamo andati al bar della spiaggia, lamentava dei dolori ma non aveva lividi o graffi».

La corsa all’ospedale di Vibo

«Ho chiamato il 118 ma mi hanno detto che non avevano ambulanze – racconta ancora il padre –. In ospedale a Tropea non avevano nessuna strumentazione per fargli un’ecografia o una Tac, così siamo rientrati in albergo. Ma lì ci siamo accorti che urinava sangue e abbiamo capito che la situazione era grave. Ho richiamato il 118 e mi hanno consigliato di portarlo in macchina all’ospedale di Catanzaro. Ho chiesto aiuto alla questura di Vibo, perché non conosco le strade e dovevamo raggiungere il più in fretta possibile l’ospedale. Ho scelto comunque quello di Vibo perché era il più vicino. Siamo partiti in macchina e poco dopo siamo stati raggiunti da una gazzella dei carabinieri che ci ha fatto da staffetta fino all’ospedale, dove ci aspettavano: gli hanno fatto l’ecografia e hanno subito visto che le condizioni erano disperate, nel frattempo Leo ha perso i sensi».

«Spero che i medici che lavorano qui a Vibo siano aiutati e che possano lavorare con la tranquillità che meritano, senza l’assillo che qualcosa possa mancare. Investite nelle persone brave che salvano vite»

«Lo hanno subito operato, nel frattempo è arrivato l’esito del tampone mio e di mia moglie e siamo risultati positivi – ricorda Farella –. Non potevamo entrare per stargli vicino, si immagini il nostro stato d’animo. L’intervento è durato un’ora ed è andato bene, gli hanno asportato la milza e un rene. Abbiamo chiamato mia mamma che è arrivata da Bari e mia cognata da Bergamo, per stare con Leo, ma devo dire che tutto il personale dell’ospedale ci è stato vicino e si è sostituito a noi in quei giorni, li ringrazio di cuore». La mamma di Leo ha postato il suo grazie su Facebook: «Mio figlio è stato salvato qui nel vostro umile ospedale. Mio figlio vive grazie al primario della chirurgia e alla sua équipe. In questo reparto abbiamo trovato casa, amici, una famiglia. Qui nostro figlio è stato salvato, curato e coccolato. Vi saremo infinitamente grati. Spero che i medici che lavorano qui a Vibo siano aiutati e che possano lavorare con la tranquillità che meritano, senza l’assillo che qualcosa possa mancare. Investite nelle persone brave che salvano vite». Già, perché quando sono arrivati allo Jazzolino non si sono sentiti rincuorati, anzi: «La struttura è fatiscente, abbiamo avuto paura – spiega Farella –. Guardando le recensioni abbiamo letto delle cose da mettersi le mani nei capelli, non c’è neanche la chirurgia pediatrica, ma per fortuna il personale si è rivelato molto competente».

Il ringraziamento via social

Sotto il post dell’articolo pubblicato sul profilo Facebook del sito ilVibonese.it, che ha dato ampio risalto alla notizia, si leggono molti messaggi di auguri per Leo ma tante lamentele sulle condizioni della sanità calabrese. «Avremmo potuto trasferirlo a Bergamo, ma Leo si sta riprendendo, è fuori pericolo, le previsioni sono buone e abbiamo preferito restare qui». In sottofondo, al telefono, si sente Leo che gioca alla consolle. Ha mangiato, è sereno. «Si è comportato in modo molto maturo, siamo rimasti stupiti anche noi: i medici gli hanno raccontato la verità, spiegandogli tutto, e anche quando ha tolto i punti non ha avuto paura. Oggi (ieri, ndr) gli hanno tolto una parte del drenaggio e se tutto va bene lunedì lo dimetteranno. Qui a Vibo siamo stati trattati davvero bene, ma non credo che tornerò mai più in Calabria. E tu, Leo, vuoi tornare?» chiede il papà. «Non torniamo più» risponde il piccolo dal suo letto d’ospedale.

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