Case, nella Bergamasca una su quattro non è occupata - Il report

LA RICERCA. Su 640mila abitazioni, quelle non adibite a residenza sono 173mila, il 27%. Oltre la media lombarda. Tra i paesi maggiori, Albino, Treviolo e Nembro in testa. Anche il 10% degli edifici pubblici risulta «vuoto».

Messe insieme, queste oltre 173mila abitazioni bergamasche «vuote» raccontano di un patrimonio immobiliare amplissimo e decisamente variegato. Non solo le classiche seconde case: a volte si tratta di abitazioni troppo vecchie e malmesse, e dunque inabitabili, in altri casi l’«abbandono» è il riflesso forzato di crisi demografica e spopolamento; spesso invece si tratta di abitazioni messe sul mercato (sempre più ghiotto) degli affitti brevi, tra Airbnb (+42% lo scorso anno in città) e soluzioni simili, e infine c’è anche un pezzettino di «nero».

I dati

La fotografia dell’Istat ha appunto numeri ampi: a fine 2021, gli ultimi dati disponibili, in Bergamasca si contavano 640.305 abitazioni, e 173.127 di queste erano «non occupate». Appunto «vuote», o comunque non dedicate alla residenzialità: è in questa situazione il 27% di tutte le abitazioni, più di una su quattro in Bergamasca.

A tracciare il punto sul tema è una ricerca che lo Spi-Cgil Bergamo e il Sunia (il sindacato degli inquilini della Cgil) hanno commissionato all’istituto di analisi Across Concept di Briga. La formula degli affitti brevi, in particolare, «è stata particolarmente dirompente nei comuni ad alta tensione abitativa come Bergamo, Dalmine, Seriate e Torre Boldone, nei quali già si registravano notevoli difficoltà nel trovare un alloggio a prezzi accessibili – è il commento della Cgil –. Nonostante i contributi nazionali e regionali concessi per favorire la crescita degli affitti calmierati e concordati, la situazione abitativa è finita con l’essere particolarmente critica. Peraltro, negli ultimi anni, l’andamento del mercato immobiliare è stato improntato soprattutto alla vendita e alla ristrutturazione».

La questione abitativa resta centrale, con elementi di criticità diffusi anche nella Bergamasca, come ricorda la Cgil. Le richieste di esecuzione degli sfratti, ad esempio, sono state 2.286 nel 2022 contro le 939 del 2021.

Carenze manutentive

«Gli alloggi pubblici sfitti per carenze manutentive sono numerosi – prosegue il documento –: ad esempio, nell’Ambito di Bergamo, secondo il Piano triennale per le abitazioni 2023-2025, 450 su 4.300 alloggi Sap (Servizi abitativi pubblici) risultano sfitti per carenze manutentive; in quello di Dalmine sono 80 su un totale di 900 alloggi pubblici».

La mappa

La ricerca ha passato in rassegna il dettaglio dei comuni più grandi della Bergamasca. Se appunto il dato complessivo della provincia vede un 27% di abitazioni non occupate (contro il 21,2% di media lombarda), la situazione è variegata: il capoluogo è al 15,4%, non dissimile al 15,8% di Treviglio, mentre tra le incidenze più elevate si segnalano Albino al 25,3% e Treviolo al 24,7%, Nembro al 20,4%, Alzano al 19,4%, Caravaggio al 18,8%, Martinengo al 17,5%. Il fenomeno mostra viceversa valori più contenuti a Bonate Sopra (11%), Osio Sotto (11,7%), Stezzano (11,8%), Dalmine (12%), Romano di Lombardia (12,2%), Seriate (13,2%).

La «fascia grigia»

«Nelle intenzioni dei decisori politici, i programmi di trasformazione urbana e i programmi integrati di rigenerazione urbana, finanziati da Regione e Pnrr, costituiscono un’occasione importante per promuovere l’housing sociale – premette Augusta Passera, segretaria generale dello Spi-Cgil Bergamo –. Tuttavia, i primi risultati segnalano che l’occasione di aumentare le opportunità abitative per le famiglie che si collocano nella cosiddetta “fascia grigia”, quelle cioè che hanno condizioni “alte” per accedere agli alloggi pubblici ma “basse” per accedere con tranquillità al mercato privato, non è stata ancora colta. È necessario ripensare gli strumenti di breve e di lungo periodo a disposizione degli enti locali e il ruolo di altri soggetti che possono contribuire ad ampliare l’offerta di alloggi a prezzi accessibili».

Per Luisella Gagni, responsabile del Sunia Bergamo, il boom degli affitti brevi «ha prodotto un numero elevato di disdette di fine locazione da parte dei proprietari di casa facendo impennare i numeri degli sfratti. Ora, il numero di alloggi sfitti rappresenta oltre il 10% del patrimonio pubblico: la carenza di manutenzione e ristrutturazione è una delle cause di mancanza di alloggi che tanto servirebbero a quanti hanno subito uno sfratto».

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