Ciclisti, già 4 vittime: in pianura due progetti per dare protezione

ON THE ROAD. Per «Green mobility» necessari quasi 20 milioni. È al 60% l’«anello» pensato da «Pianura da scoprire».

Ciclisti esposti a troppi pericoli sulle strade bergamasche? L’incidente martedì a Isso, all’incrocio fra le provinciali 11 e 591 a un ciclista di 62 anni di Camisano (ma originario di Fara Olivana con Sola) che ha perso una gamba dopo essere stato travolto da un camion, riporta prepotentemente alla ribalta la questione della sicurezza delle persone che si spostano in sella a una bicicletta.

Soprattutto in zone, come la pianura orientale, dove lungo le strade provinciali si sta registrando un sempre più elevato passaggio di mezzi pesanti aumentato a fronte delle numerose logistiche che si sono insediate nell’area. Dall’inizio dell’anno risultano esserci stati quattro ciclisti morti. Oltre a Michele Negri, il ciclista morto a maggio a Berbenno durante la Granfondo, le altre vittime hanno perso la vita nella pianura orientale, fra Ghisalba, Martinengo e Cortenuova, in altrettanti incidenti. Nel cassetto di questi Comuni ci sono alcuni importanti progetti per il potenziamento nella pianura orientale di reti di piste ciclopedonali che però, al momento, sono molto lontani dal poter essere realizzati.

Un sistema di «Green mobility»

Il più rilevante è quello che prevede la realizzazione di un sistema di «Green mobility», consistente in una rete di piste ciclopedonali, della lunghezza complessiva di 25 chilometri, sul territorio dei Comuni bergamaschi di Palosco, Mornico, Cividate, Martinengo, Cortenuova e Calcio, più quelli bresciani di Pontoglio e Palazzolo.

Elevato è il costo preventivato dallo studio di fattibilità tecnico-economica che era stato redatto nel 2023: 17milioni e 950mila euro, per la cui copertura i Comuni contavano di ottenere finanziamenti regionali per quanto riguarda la progettazione (solitamente pari all’8-10% del valore totale dell’opera); ed europei attraverso il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per la sua realizzazione vera e propria. «Purtroppo – sostiene il sindaco di Palosco, Mauro Mazza – non siamo riusciti, almeno per ora, a ottenere né gli uni né gli altri. Ci rendiamo conto che il progetto è ambizioso e che il costo è molto elevato, ma non possiamo e non vogliamo arrenderci. Si tratta di una rete di piste ciclabili che va a soddisfare due tipi di esigenze: la messa in sicurezza dei ciclisti e la riduzione dell’inquinamento stradale legato all’uso delle auto».

Una rete di piste ciclopedonali

Un secondo importante progetto di reti di piste ciclopedonali nella pianura orientale è quello che prevede la realizzazione dell’itinerario cicloturistico denominato «Padana superiore» promosso dall’associazione intercomunale «Pianura da scoprire»: in questo caso è prevista la realizzazione di un anello ciclopedonale di 44 chilometri (di cui il 60% già realizzato e che quindi deve essere solo messo in connessione) fra i paesi di Antegnate, Barbata, Bariano, Calcio, Covo, Fara Olivana, Fontanella, Fornovo, Isso, Mozzanica e Romano.

L’architetto incaricato della redazione dello progettazione, Alessandro Suglia, ha recentemente inviato a tutti i Comuni interessati lo studio di fattibilità tecnico-economica. Questo invio ha messo in risalto una problematica: «L’anno scorso, in diversi dei Comuni coinvolti – parla l’architetto – ci sono state le elezioni e il cambio delle amministrazioni comunali. Alcuni dei nuovi eletti non hanno ben presente l’opera. “Pianura da scoprire” sta quindi pensando di fare una riunione di aggiornamento per tutti loro».

Aribi Bergamo: telecamere per i camion

Raccomanda grande prudenza ai ciclisti anche Claudia Ratti, presidente di Aribi Bergamo (l’Associazione per il rilancio della bicicletta): «Quello che consigliamo sempre – afferma – è di non affiancare mai pullman né camion, ma di fermarsi e di lasciarli passare. Chi va in bici lo perché può permettersi di perdere qualche minuto: che lo faccia, dunque, perché ciò vuol dire davvero correre meno rischi».

Allo stesso tempo, però, per Claudia Ratti servirebbe anche un intervento legislativo «per obbligare i camionisti, come avviene all’estero, a installare sui loro mezzi delle telecamere a circuito chiuso che li possa aiutare a vedere anche in quei punti ciechi in cui, coi soli specchietti retrovisori, non ce la possono fare. Anche ciò contribuirebbe a salvare delle vite di ciclisti».

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