Donna morì per un ossicino di pollo, assolte due dottoresse

Calcio, la sentenza del Tribunale di Brescia: per una «il fatto non sussiste», per l’altra «non costituisce reato». La Procura chiedeva un anno. Rosa Pesenti, 64 anni, morì nel 2015.

La Procura di Brescia aveva chiesto per entrambe un anno di reclusione per omicidio colposo. Ma ieri il giudice ha assolto due dottoresse del Pronto soccorso dell’ospedale di Chiari finite a processo a Brescia per la morte di Rosa Pesenti, 64 anni, bergamasca di Calcio, scomparsa nel marzo del 2015 dopo che un ossicino di pollo ingoiato cinque mesi prima le aveva perforato prima l’esofago e poi l’aorta. Per l’accusa le due dottoresse non avevano sottoposto la donna a una gastroscopia e a una Tac, esami che le avrebbero potuto salvare la vita. Invece il giudice ieri ha assolto entrambe, come chiesto dai legali della difesa – gli avvocati Francesco Chiodi, Marialuisa Mancini e Paolo Palumbo –, N. S. perché «il fatto non costituisce reato» e M. S. F. (ora in pensione) perché «il fatto non sussiste». La prima dottoressa aveva visitato Rosa Pesenti il 19 ottobre del 2014, mentre la collega cinque giorni più tardi. In entrambi i casi la donna era stata dimessa con una diagnosi di gastrite.

Soltanto un successivo ricovero all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo il 24 ottobre aveva fatto emergere la tragica realtà: la presenza dell’ossicino che le aveva lacerato esofago e aorta. Un iniziale intervento sembrava aver risolto la situazione ed era stata dimessa, ma il successivo 1° gennaio 2015 la sessantaquattrenne di Calcio aveva accusato un’emorragia. Era seguito un ulteriore ricovero e intervento, ma a marzo la donna era morta senza più lasciare l’ospedale.

I familiari hanno sostenuto da sempre di aver riferito ai medici dell’ospedale di Chiari dell’ossicino ingoiato: la donna era stata sottoposta solo a una lastra e agli esami di routine e poi dimessa con la prescrizioni di farmaci contro la gastrite. Secondo i consulenti del pm sentiti nelle varie udienze sarebbe bastata una gastroscopia per rilevare il problema e salvare la paziente. Gli esperti delle difese avevano invece spiegato che le due dottoresse avrebbero operato con tutte le cautele del caso e che il decesso sarebbe «un caso rarissimo e sfortunato, frutto di complicanze non riconducibili alle prestazioni fornite dalle dottoresse di prima emergenza, che furono corrette», tanto che la donna, a detta dei consulenti, «non aveva manifestato sintomi che potessero far indurre la presenza di un corpo estraneo nell’esofago». Tanto più che dopo la somministrazione di farmaci i dolori erano regrediti. Ora non restano da attendere le motivazioni della sentenza per conoscere nei dettagli le motivazioni dell’assoluzione delle due dottoresse.

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