Compie 101 anni Giuseppe, reduce della guerra d’Africa

Castelli Calepio Tosini vive sopra il ristorante della nipote a Tagliuno. Per i clienti è lo «zio»: «Fino a tre anni fa avevo ancora la patente».

Ride, quando gli si chiede il segreto della longevità – «Sono arrivato a 101 anni senza accorgermene» –, lo sguardo si fa serio quando il nastro si riavvolge fino al periodo della prigionia in Nord Africa, durante la Seconda guerra mondiale: «Per tre anni ho patito la fame, prigioniero in Tunisia e poi in Algeria. Ho avuto bisogno delle cure ospedaliere per rimparare a mangiare quando sono tornato a casa».

Giuseppe Tosini è seduto accanto alla nipote Luisa, nella «sua» Tagliuno: lucidissimo e perfino arzillo, proprio non ne vuole sapere di organizzare una grande festa per il suo 101simo compleanno che cade sabato 30 luglio. «Basta festeggiare, sono troppo vecchio – nicchia lui –. Ma una cosa la devono sapere tutti: a dispetto dell’età, fino a tre anni fa avevo ancora la patente ed ero in sella alla mia fidata Lancia Fulvia acquistata negli Anni ’70. Quante volte mi sono fatto la Milano Bergamo da solo per tornare a Tagliuno!».

Classe 1921

Tosini è uno degli ultimi reduci della guerra d’Africa: nato a Castelli Calepio il 30 luglio 1921, ha vissuto nella Bergamasca fino all’età di 15 anni, quando si è trasferito a Milano in cerca di fortuna. Qualche mese come garzone, e poi via a guidare prima i tram, poi (dopo la guerra) i metrò. Già, la guerra: è quello il periodo più buio che questo anziano dallo sguardo vispo e la risata pronta ricorda, con estrema lucidità e precisione: dalle sue labbra fioriscono senza tentennamenti date e luoghi, evidentemente impressi nella memoria.

«Sono partito il 3 gennaio 1941, facevo parte della divisione Corazzata Ariete che durante la Seconda guerra mondiale ha combattuto in Nord Africa. Ho fatto tutta l’avanzata con le battaglie di El Alamein, in Egitto, ci siamo spinti fino a Tobruch, in Libia, e ho subito la sconfitta da parte degli Alleati ritirandoci a Tunisi, con la resa del 13 maggio del 1943. Sono seguiti tre anni di dura prigionia: siccome non collaboravo, gli inglesi mi hanno spedito in mano ai francesi, prigioniero in Tunisia per due anni e poi per l’ultimo anno in Algeria. Cosa ricordo di quel periodo? Soprattutto la fame: sono tornato nel maggio del 1946 che pesavo 42 chili, ne ho persi quasi 30. Mi hanno ricoverato per tre mesi all’ospedale Sant’Anna di Como proprio perché il mio stomaco non era più in grado di mangiare. Ma quello che mai scorderò è come sono stato accolto, nel rientrare in Italia: sbarcato a Napoli, ci hanno tirato i pomodori per l’umiliazione di aver perso la guerra».

Lo «zio» di tutti

Pagine di ottant’anni fa che Giuseppe Tosini ricorda con una lucidità sorprendente: non è raro sentire i suoi racconti, soprattutto per i clienti della trattoria «Da Luisa», di proprietà dell’omonima nipote. Giuseppe vive proprio nell’appartamento della nipote, sopra il ristorante di Tagliuno: lì i clienti lo chiamano affettuosamente «zio» e non perdono occasione per ascoltare i ricordi di uno degli ultimi reduci della guerra d’Africa. «Mio zio abita con me da qualche anno, quando da Milano è voluto tornare nella sua Tagliuno – racconta Luisa, che è una dei 13 nipoti di Tosini –. In paese lo conoscono tutti: a 101 anni è un uomo ancora molto indipendente, un appassionato lettore, fortemente interessato alla politica e allo sport. Da giorni insistiamo per organizzargli una festa per il suo 101simo compleanno, ma non ne vuole sapere. In fondo, è sempre stato un gran zuccone».

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