Omicidio di Grumello, «Si è sentito tradito ma ha sbagliato. Ora deve pagare»

La testimonianza Parla il fratello del giovane che ha confessato l’omicidio di Anselmo Campa «Ha perso la testa, la giustizia deve fare il suo corso».

«Non c’è giustificazione per quello che ha fatto: deve pagare e basta. Vorrei però che fossimo lasciati in pace, perché in questa storia ci sono due famiglie che stanno soffrendo». A parlare così, con gli occhi lucidi e il cuore a pezzi, è il fratello di Hamedi El Makkaoui, il 22enne reo confesso dell’omicidio dell’imprenditore Anselmo Campa.

Se infatti a Grumello, dove si era trasferito con la figlia di Campa, Federica, era poco noto, il giovane era conosciuto da molti a Castelli Calepio, precisamente a Tagliuno. Qui Hamedi è cresciuto e qui ha ancora la famiglia. Tanti sono increduli, perché Luca, come gli piaceva farsi chiamare, era considerato un bravo ragazzo e un gran lavoratore (era stato operaio anche nella ditta di Campa): tutto tranne che una testa calda.

«Non c’è giustificazione per quello che ha fatto: deve pagare e basta. Vorrei però che fossimo lasciati in pace, perché in questa storia ci sono due famiglie che stanno soffrendo»

Alla porta dell’appartamento al secondo piano dove il ragazzo abitava prima della convivenza a Grumello, ci accoglie il fratello, l’unico che ha la forza di commentare la tempesta che si è abbattuta sulla famiglia. Per anni è stato una colonna portante per i suoi familiari, e lo è stato anche quando ha spronato il fratello minore a confessare.

«Sono stato io a convincerlo a cedere: ho parlato con lui e ha confessato – spiega -. Ha perso la testa e ora è giusto che la giustizia faccia il suo corso». Nel frattempo, all’orario di pranzo sono diverse le persone che rincasano nel palazzo. Ci sono stranieri e italiani. Appena riconoscono il fratello di Hamedi c’è chi gli prende la mano come per testimoniare la propria vicinanza. Si percepisce la sensazione di un dramma nel dramma, di una sincera compartecipazione della sofferenza.

«Sono stato io a convincerlo a cedere: ho parlato con lui e ha confessato»

«È stata una doccia gelata per tutti noi, perché nessuno se lo sarebbe mai aspettato – prosegue -. E non solo noi che siamo i suoi familiari, ma anche amici e conoscenti. Conosciamo i Campa e ho anche fatto ai suoi famigliari le mie sincere condoglianze. Tutti qui a Tagliuno ci conoscono: sanno che persone siamo e che non abbiamo mai causato problemi a nessuno. Mio fratello era una persona buona e benvoluta, ma si è sentito tradito da chi in precedenza gli aveva dato fiducia e allora ha reagito nella maniera peggiore e più malvagia. Tutti noi prendiamo le distanze dal suo gesto, che non ha alcuna valida ragione».

Motivo della lite che ha portato all’omicidio sarebbe stata, anche se ormai i dubbi sono pochi, la Renault Clio che era acquistata dal Campa e concessa in uso nel 2017 a Hamedi. «A causa di quell’auto mio fratello aveva già parlato più volte con Campa – prosegue il familiare -. Era stata acquistata come auto aziendale, ma c’era un accordo tra Hamedi e il padre di Federica. Gli aveva detto che quando avrebbe finito di pagarla gliela avrebbe intestata. Così, mio fratello ogni mese pagava a Campa una sorta di rata in contanti per compare la macchina, convinto che poi sarebbe diventata sua. Però legalmente non risultava nulla. C’era solo un taccuino su cui il signore riportava le rate pagate. Poi, dopo aver litigato ed essersi separato dalla ragazza, circa due mesi fa, Campa gli aveva comunicato che non gli avrebbe più dato l’auto. Così, mio fratello gli aveva prima chiesto di tornare sui suoi passi e poi, una volta scoperto che l’auto era stata venduta, gli aveva chiesto almeno che gli restituisse i soldi versati».

Stando a quanto riferito dai familiari, il giovane si sarebbe recato in via Nembrini a Grumello più volte, anche il 19 aprile. Prima alle 15 e poi alle 19. All’ennesimo rifiuto da parte di Campa, il giovane avrebbe confessato di aver trovato un martello vicino alla tenda di una finestra e lo avrebbe usato per colpire Campa.

«È una disgrazia che pagano le famiglie, perché anche noi siamo vittime»

«Anche noi siamo devastati – ha concluso il fratello maggiore –. Siamo una famiglia di gente che ha sempre lavorato ed è integrata nella comunità. Coloro che ci conoscono stanno continuando a rispettarci, comprendono il dolore che proviamo. È una disgrazia che pagano le famiglie, perché anche noi siamo vittime. Ho parlato con la figlia di Campa e le ho detto che non difendo mio fratello in alcun modo. È passato dall’avere ragione (nella vicenda dell’auto, ndr) ad aver torto, e nella maniera più terribile. Ora però preferiamo non parlare oltre. Ormai è già stato raccontato tutto e chiediamo solo il silenzio».

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