Assolti per la morte di Bara: «Non venne costretto a gettarsi»

Ubiale Clanezzo Le motivazioni della sentenza per la morte del giovane caduto nel dirupo. «Imprevedibile la decisione di scavalcare il guardrail».

Gli 11 anni per omicidio preterintenzionale che aveva invocato il pm Chiara Monzio Compagnoni per C. B., carpentiere 59enne in pensione, di Ubiale Clanezzo, sono una pena «francamente non proporzionata». Lo si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’assise presieduta da Giovanni Petillo a maggio ha assolto l’uomo dall’accusa originale, riqualificandola in tentata violenza privata e applicando una pena di 8 mesi con sospensione condizionale. I giudici non lo citano esplicitamente, ma per rafforzare il ragionamento sulla sproporzione usano il confronto con la sentenza con cui due carabinieri erano stati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale in relazione al «brutale pestaggio» che portò alla morte di Stefano Cucchi.

Questa è una vicenda ben diversa, fa capire al Corte. Si tratta della morte di Mamadou Lamine Thiam, detto Bara, origini senegalesi, studente ventenne di Almè, precipitato in un burrone a Ubiale mentre fuggiva inseguito dopo una lite alla festa del paese la notte tra il 22 e il 23 luglio 2017. C. B. era uno degli inseguitori, ma - scrive la Corte - voleva bloccare Bara per consegnarlo agli addetti alla sicurezza e non per fargli del male, dopo che il ventenne aveva rifilato una testata a un ragazzo del paese, figlio di un amico del 59enne. Per configurare il reato di omicidio preterintenzionale l’evento morte del essere prevedibile in concreto, ma - osservano i giudici - non è questo il caso. Perché, si legge nelle motivazioni, «è chiaro che la decisione presa da Bara di scavalcare il guardrail, per giunta nell’unico punto in cui si affacciava sul dirupo, appare del tutto imprevedibile». C. B. era stato infatti seminato dal giovane e aveva desistito dall’inseguirlo. Dunque Bara «non aveva nessuna necessità di scavalcare il guardrail, dal momento che avrebbe potuto tranquillamente continuare a percorrere la strada provinciale». Per la Corte alla decisione «imprevedibile» contribuì la scarsa lucidità di Bara: tasso alcolemico di 1,66 g/l e tracce di cannabinoidi e cocaina nel sangue.

Inoltre, fanno notare i giudici, il reato di omicidio preterintenzionale fa riferimento «ad atti diretti a commettere delitti preveduti dagli articoli 581 (percosse) e 582 (lesioni), quindi non a generiche forme di aggressione fisica». Per di più tra l’imputato e Bara «non vi fu mai alcun tipo di contatto fisico».

«In aula si ragiona di mondi ideali»

E poi, chiosano i giudici, «ci si chiede quale comportamento un cittadino debba tenere allorché si trova ad assistere alla perpetrazione di un reato; mantenere il distacco e la freddezza prospettata nella requisitoria, col rischio che il malfattore possa dileguarsi, oppure intervenire per cercare di assicurare costui alla Giustizia?». La Corte ricorda come stampa e opinione pubblica siano solite stigmatizzare «l’atteggiamenti di indifferenza» mostrato da chi assiste a un «misfatto» senza intervenire. E sottolinea come «a volte pare che nei ragionamenti che vengono svolti nelle aule giudiziarie vengano prefigurati “mondi ideali”, in cui vive una sorta di “cittadino modello” capace di orientare i comportamenti seguendo schemi e regole uniformi e definite per non incorrere in responsabilità penali». Invece «ogni individuo agisce su impulsi che discendono dal suo carattere e dalla sua indole e che sono condizionati dall’emergenza in cui si è trovato ad agire». I giudizi, si legge nelle motivazioni, «vengono formulati in base a quanto si è verificato»: insomma, a bocce ferme, mentre chi agisce lo fa nella concitazione del momento, in cui ogni istante può essere decisivo.

L’altro imputato R. M., 29 anni, di Sorisole, ora domiciliato a Loano (Sv), era accusato di morte in conseguenza di un altro reato, ma è stato assolto. Per la Corte non aveva inseguito Bara, ma si stava allontanando in tutta fretta dal luogo della rissa perché teneva in tasca del «fumo» e temeva l’arrivo dei carabineri.

I due, insieme a I. B., 30 anni, di Sedrina e ora convivente di R.M., sono anche stati assolti dall’omissione di soccorso. I giudici spiegano che Bara è morto in una decina di minuti e che i tre non hanno probabilmente visto il punto da cui si era gettato. E comunque, nessuno quella notte, nemmeno i tre ragazzi che si erano fermati dopo aver notato il ventenne lanciarsi, «si erano rappresentati la situazione di pericolo come tale».

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