Montello, l’investitore è stato inseguito da un testimone

Montello. Il gip: ha proseguito per andare all’appuntamento per la battuta di caccia con gli amici. Lui: non m’ero reso conto.

Erano le 12,30 di domenica 30 ottobre, dopo la lite per una mancata precedenza a una rotonda sulla provinciale della Val Calepio a Montello, V. B., operaio di 49 anni, residente a Montello, si è fermato con la sua Fiat Panda al semaforo rosso, raggiunto e affiancato da Walter Angelo Monguzzi, 55 anni, di Osio Sotto, in sella a una moto Bmw Rs. Davanti al gip Riccardo Moreschi, che ne ha poi convalidato l’arresto per omicidio volontario del motociclista, il 49enne ha raccontato di aver abbassato il finestrino per chiedere scusa. Ma l’altro - è la versione dell’arrestato - avrebbe cominciato a insultarlo e a colpire l’auto con calci, proseguendo anche dopo il verde quando i due mezzi si erano rimessi in moto. V. B., difeso da Andrea Pezzotta e Nicola Stocco, al giudice ha assicurato di aver sempre mantenuto la sua traiettoria, negando di aver mai tentato di speronare il motociclista. Quest’ultimo - è sempre il racconto dell’operaio - dopo aver sferrato un forte calcio alla fiancata sinistra della Panda si sarebbe sbilanciato. V. B. aveva intuito che l’altro stava per cadere, ma - scrive il gip nell’ordinanza di convalida dell’arresto - «aveva proseguito la marcia pensando che non fosse successo nulla di grave, recandosi verso Calcinate dove doveva incontrarsi con il fratello e altri amici per andare a caccia».

Leggi anche

I cinque testimoni

Versione che per il gip stride con quelle dei 5 testimoni, definite «concordi». S. T. ha raccontato di aver visto la moto fermarsi - riassume la testimonianza il gip nel suo provvedimento - «con la ruota anteriore davanti allo spigolo anteriore sinistro della Panda». A questo punto V. B., «ancora a semaforo rosso, si era avvicinato a più riprese verso la moto, giungendo quasi a toccare la gamba del motociclista». Che, a quel punto, «aveva colpito con la mano il cofano per richiamare l’attenzione dell’autista e ne era scaturito un litigio verbale». Scattato il verde, i due mezzi ripartono, ma la contesa non termina. M. A. C., la donna che sulla sua auto seguiva la Panda del 49enne, dice di aver visto la vettura sterzare «almeno due volte» a sinistra per stringere la moto verso la corsia opposta. «Il motociclista - ha messo a verbale - ha provato a tenere distante l’auto allungando la gamba destra e battendola contro la portiera». La terza sterzata è quella fatale. «Notavo che la Panda urtava, con la parte anteriore sinistra, la motocicletta in corrispondenza della ruota anteriore - è il racconto di M. A. C. -. Dopo l’urto l’autista della Panda tornava nella propria corsia e notavo che accelerava. Notavo la moto impennarsi dopo l’urto e il motociclista sbalzare dalla stessa, per poi cadere rovinosamente a terra nella corsia opposta».

Leggi anche

V. B. ha proseguito la marcia, un terzo automobilista, G. M., lo ha inseguito e ha preso il numero di targa. Grazie al quale i carabinieri sono risaliti al 49enne presentandosi a casa sua alle 13,20. La moglie lo ha chiamato al telefono e lui è rientrato.

Sulla volontarietà delle sterzate riconosciuta dal gip, determinante sono i racconti dei testi M. A. C. e S. T. che precisano come «l’automobilista si sia pericolosamente avvicinato per ben due volte e ha poi sterzato bruscamente a sinistra travolgendo il motociclo». La versione difensiva è invece «intrinsecamente illogica, nella parte in cui non spiega i danni riscontrati alla parte anteriore sinistra della Panda né la successiva fuga».

Leggi anche

Il giudice ritiene fondati i futili motivi e parla di «spregiudicata condotta dell’indagato», «incapace di contenere i propri aggressivi istinti», valutazione determinante per rilevare il pericolo di reiterazione del reato per cui è stata applicata la misura cautelare del carcere. Il gip nota anche che «non soltanto non si è fermato a prestare assistenza alla vittima, benché inseguito da uno dei testimoni, ma si è diretto verso l’appuntamento con gli amici con l’intenzione di dedicarsi all’uscita a caccia in programma, dimostrando quindi una totale incuranza per le sorti del motociclista». E «non c’è resipiscenza» nel «tempestivo rientro a casa», una volta contattato dalla moglie, «siccome intervenuto quando già aveva notizia di essere identificato», né «nel contegno tenuto all’udienza di convalida, atteso che l’indagato, pur mostrandosi dispiaciuto per le sorti di Monguzzi, ha insistito per la involontarietà dell’investimento».

Leggi anche

Ieri è stata compiuta l’autopsia sulla salma di Monguzzi, sabato alle 9,30 i funerali nella parrocchiale di Osio Sotto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA